L’Ufficio studi della Cgia ha analizzato i siti web delle Pubbliche amministrazioni – Comuni capoluogo di regione, Regioni, Ministeri, grandi Asl e enti pubblici - che per la prima volta entro lo scorso 30 aprile avevano l’obbligo di pubblicare la tempestività dei propri pagamenti riferiti al primo trimestre di quest’anno.
Il quadro che è emerso è una situazione “a macchia di leopardo”: mentre i Comuni, le Asl e alcuni Ministeri presentano dei ritardi inaccettabili, le Regioni e alcuni enti pubblici hanno “sforato” in misura abbastanza contenuta o hanno addirittura saldato i propri fornitori in anticipo rispetto ai termini contrattuali.
Sebbene la legge imponga alla Pa di pagare i propri fornitori con tempi compresi tra i 30 e i 60 giorni, una parte rilevante dei principali Comuni capoluogo di provincia, delle Regioni, dei Ministeri, delle grandi Asl e di alcuni enti pubblici continua a non rispettare questa scadenza.
In questa elaborazione abbiamo consultato solo un piccolo campione di soggetti pubblici – precisa il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi – e pur riconoscendo che le difficoltà e i tagli hanno ridotto le possibilità di spesa delle amministrazioni pubbliche, non è giustificabile che una buona parte dei soggetti monitorati, a distanza di quasi 2 mesi e mezzo dalla scadenza prevista per legge, non abbia ancora pubblicato sul proprio sito internet alcun dato. Ancora una volta, quando la Pa è obbligata a rendere conto ai cittadini-contribuenti del proprio operato, la trasparenza, spesso invocata a parole dai politici o dai dirigenti pubblici, stenta ad affermarsi nei fatti.
ASL. Tra le 21 aziende sanitarie locali prese in esame (una per ogni regione), la peggiore pagatrice è quella del Molise, con oltre 126 giorni di ritardo rispetto ai termini contrattuali. Seguono l’Asl di Bari (66 giorni), quella di Palermo (quasi 43 giorni) e quella di Cagliari (31 giorni). La più virtuosa, invece, risulta essere l’Usl Umbria 1 di Perugia, che paga i propri fornitori quasi 23 giorni prima della scadenza. Nell’ambito sanitario non sono disponibili i dati di 5 Asl (Torino 1, Azienda sanitaria dell’Alto Adige, Roma A, Napoli 1 centro, Catanzaro).
COMUNI CAPOLUOGO DI REGIONE. Con oltre 144 giorni di ritardo, Catanzaro è maglia nera in Italia tra i Comuni capoluogo di regione. Seguono Perugia, con quasi 90 giorni di ritardo, Roma capitale, con quasi 83 giorni, e Venezia, con quasi 65 giorni. Trento, invece, salda i pagamenti ai propri fornitori con quasi 23 giorni di anticipo rispetto alla scadenza. I Comuni che non hanno ancora aggiornato il sito sono 5: Aosta, Campobasso, Potenza, Palermo e Cagliari.
ENTI PUBBLICI E AUTORITÀ. In questo comparto, il Cnr presenta un ritardo record di 33 giorni. Seguono l’Ice (Istituto per il commercio estero), con 29,5 giorni, l’Inps, con 24,5 giorni e l’Autorità garante della Concorrenza, con quasi 24,5 giorni.
MINISTERI. E’ molto singolare che a far registrare il ritardo maggiore nei tempi di pagamento sia quello dell’Economia e delle Finanze: il dicastero guidato dal prof. Pier Carlo Padoan, infatti, salda i fornitori con ben 82 giorni di ritardo. Segue lo Sviluppo Economico, con uno “sforamento” di quasi 38 giorni e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con quasi 29,5 giorni di ritardo. Di rilievo, invece, la performance del Ministero delle Infrastrutture: rispetto alla scadenza contrattuale, i pagamenti vengono effettuati quasi 23,5 giorni prima della scadenza. Sono ben 6 i ministeri che, purtroppo, non hanno ancora messo on line i propri dati (Interno, Giustizia, Ambiente, Lavoro, Istruzione e Beni Culturali).
REGIONI. Il Piemonte è l’ente territoriale che presenta i ritardi di pagamento più rilevanti: rispetto ai termini contrattuali, salda le fatture ricevute dai fornitori dopo 38 giorni. La Regione Lazio, invece, ritarda di oltre 19 giorni, mentre il Veneto di quasi 18,5 giorni. Di rilievo lo “score” del Friuli Venezia Giulia: chi lavora per questa Regione è pagato in anticipo sulla scadenza di 11 giorni. Non male anche le performance di Emilia Romagna e Lombardia: in queste due realtà le fatture vengono saldate con 5 giorni di anticipo sulla scadenza. Purtroppo sono ben 9 le Regioni che non hanno rispettato la scadenza o hanno inserito nel proprio sito dei dati parziali: Valle d’Aosta, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e la Provincia autonoma di Trento.
Da un punto di vista metodologico, l’Ufficio studi della Cgia sottolinea che i dati sono stati estrapolati dai siti web delle singole Amministrazioni Pubbliche tra il 10 e l’11 giugno del 2015. Si è fatto riferimento alla sezione “Amministrazione Trasparente” nella quale devono essere obbligatoriamente indicate le informazioni relative all’indice di tempestività dei pagamenti.
La prima scadenza relativa alla pubblicazione dell’indicatore trimestrale era il 30 aprile 2015. L’indicatore di tempestività dei pagamenti è stato calcolato dalle Amministrazioni pubbliche sulla base delle disposizioni previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 settembre 2014. In particolare, questo va definito attraverso una formula che contiene, al numeratore, la sommatoria dell’importo di ciascuna fattura pagata nel periodo considerato moltiplicata per i giorni effettivi che intercorrono tra la data di scadenza della fattura e quella di pagamento mentre, al denominatore, si imputa la somma degli importi pagati nello stesso periodo.
L’unità di misura del risultato è in giorni e l’indicatore misura quindi, se positivo, il ritardo medio ponderato nei pagamenti di ciascuna amministrazione verso i fornitori. Devono essere prese in considerazione tutte le fatture pagate nel periodo, comprese quelle saldate prima della scadenza. L’indicatore può quindi assumere anche un valore negativo; questo accade quando, in media ponderata, l’Amministrazione salda i fornitori in anticipo rispetto alla scadenza pattuita.
LA PA DEVE ANCORA ALLE IMPRESE 60 MILIARDI DI EURO. Secondo le stime presentate dalla Banca d’Italia nella “Relazione Annuale 2014”, al 31 dicembre scorso il debito commerciale della nostra Pubblica amministrazione nei confronti dei fornitori privati ammonterebbe a 70 miliardi di euro. Depurando da questo importo i 10 miliardi circa che i creditori hanno ceduto pro soluto alle banche, si evince che la nostra Pa deve ancora saldare 60 miliardi di euro ai propri fornitori.
Lo stock di debito – conclude Bortolussi – rimane ancora molto elevato, poiché la nostra Pa continua a pagare con forte ritardo rispetto a quanto previsto dalla Direttiva europea introdotta nel 2013. Infatti – conclude Bortolussi – sebbene i tempi di pagamento nell’ultimo anno siano scesi mediamente di 21 giorni, secondo Intrum Justitia nel 2015 la nostra Pa si conferma la peggiore pagatrice d’Europa, visto che salda mediamente i propri fornitori dopo 144 giorni, contro i 34 giorni medi che si registrano in Ue.
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