La Rete delle Professioni Tecniche, congiuntamente ai Presidenti delle Casse di Previdenza di riferimento dei professionisti tecnici, ha inviato una lettera ai componenti delle Commissioni VI e X della Camera con cui esprime profonda preoccupazione per le disposizioni in materia di svolgimento di attività professionale in forma associata relative ai servizi di ingegneria e architettura.
La Rete delle Professioni Tecniche, organismo che rappresenta oltre 600mila professionisti iscritti agli albi degli Ordini e Collegi tecnici e scientifici, ha inviato oggi una lettera, firmata anche dai Presidenti delle Casse di Previdenza di riferimento dei professionisti tecnici, ai componenti delle Commissioni VI (Finanze) e X (Attività produttive) della Camera avente per oggetto la disposizione del Ddl Concorrenza in materia di svolgimento di attività professionale in forma associata. La Rete giudica la norma attuale, non modificata al Senato, estremamente dannosa per il mercato e per chi vi opera, così come rilevato più volte e in diverse sedi.
La natura della norma è ben nota alle Commissioni VI e X, che già in prima lettura avevano provveduto a correggerne gli evidenti profili di anticoncorrenzialità, caratteristiche poi reintrodotte a danno di centinaia di migliaia di liberi professionisti ed a favore di poche realtà societarie, potenzialmente anche emanazioni dirette di istituti di credito, che assumeranno immediata posizione dominante, e che vedranno nell’immediato condonati i contratti illegittimi sottoscritti negli ultimi 20 anni. Il mercato dei lavori pubblici è radicalmente diverso da quello dei lavori privati, e non si può pensare di lasciare milioni di committenti senza un’adeguata tutela, in balia di una concorrenza sfrenata tra società che non dovranno rispettare alcun obbligo deontologico, così come invece previsto per i liberi professionisti. Questi si rifiutano di vedere trasformata la propria opera intellettuale, riconosciuta ed apprezzata, in una semplice mansione da dipendenti, magari costretti ad accettare un contratto da 600 euro al mese, che, come raccontato dalle ultime, vergognose vicende, le società di ingegneria non esitano a proporre, soprattutto ai più giovani.
L’indisponibilità del Governo a rivedere la norma è un deliberato attacco ai professionisti tecnici ed alla committenza privata, eterogenea e diffusa, che si affida con fiducia ai professionisti, persone quindi, e non soggetti indefiniti. A questo proposito, la Rete valuta questo atteggiamento come un inaccettabile affronto al concetto stesso di libera professione, persino nei suoi aspetti sociali e culturali. La Rete è dunque ferma sulla più netta contrarietà a questa disposizione, ed ha inteso rivolgersi direttamente ai parlamentari, sui quali ricadrà la responsabilità politica, vera e definitiva dell’approvazione di una simile norma, per invitarli a valutarne la soppressione in funzione dell’individuazione di una nuova soluzione, collegiale e condivisa cui, finora, si sono sottratti le società di ingegneria, ma anche gli interlocutori politici ed istituzionali.
È chiaro a tutti che questo disegno di legge è ormai diventato un terreno di scontro politico fra esponenti del Governo sostanzialmente estranei alla maggioranza parlamentare e una parte della stessa maggioranza; in questo braccio di ferro tra chi vuole un’approvazione immediata e chi invece vuole perfezionare il testo, rischiano di rimanere stritolati milioni di consumatori, che potrebbero subire l’entrata in vigore di norme approssimative e incomplete.
Ancora una volta la Rete e i Presidenti delle Casse di Previdenza di riferimento dei professionisti tecnici vogliono confidare nella ragionevolezza di quanti hanno interesse a migliorare il disegno di legge che, come già fatto durante la prima lettura, potranno valutare positivamente le nostre considerazioni e promuovere un intervento chiaro e deciso sulla materia.
LA REPLICA DELL'OICE. “Si approvi rapidamente la legge e si respingano gli ennesimi tentativi di strumentalizzazione sulla pelle di tante società di ingegneria e di tanti professionisti che vi lavorano", replica l'OICE. Per il presidente OICE Gabriele Scicolone "a quasi tre anni di distanza dall'adozione del testo e dopo due approfondite discussioni durate un tempo così lungo, non residua più alcuna ragione d'essere per immotivati e assurdi tentativi di ritardare il varo dei un disegno di legge che per il chiuderebbe anche ogni ipotetico (e a nostro avviso illogico e strumentale) contenzioso sull'operatività delle nostre società in ambito privato".
Per l'OICE "le due disposizioni che ci auguriamo fermamente - dice Scicolone - vedano la luce al più presto, rappresentano un equilibrato punto di compromesso – raggiunto grazie anche alla sensibilità e attenzione mostrata dal Parlamento e dal Governo - fra tutela delle esigenze di garanzia dei principi di personalità della prestazione, di assicurazione del professionista che materialmente svolge la prestazione e di controllo da parte dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (così come avviene nel settore pubblico, alla luce del recente d.m. 263/2016 che ha confermato il Casellario delle società di ingegneria presso l'Autorità). Parlare di deontologia per società che occupano decine di migliaia di professionisti tenuti al rispetto del codice deontologico, significa semplicemente fare finta di non capire. Che ci si rassegni a prendere atto che le società di ingegneria possono tranquillamente operare in ambito privato, così come hanno riconosciuto a chiare lettere la Cassazione, con la recente sentenza del marzo 2017 e il Commissario governativo alla ricostruzione post terremoto, oltre alle migliaia di committenti privati che hanno affidato alle nostre società interventi in ogni ambito del settore delle costruzioni e dell'impiantistica".
E' il vice presidente Giorgio Lupoi a concludere ricordando che "le due disposizioni tengono conto della realtà in cui operano tali società - che possono anche soltanto incidentalmente svolgere attività professionali protette - e che sono sul mercato privato e pubblico con modalità e dimensioni che non possono in alcun modo essere equiparate alle società tra professionisti sia dal punto di vista organizzativo (si arriva anche a migliaia di dipendenti, sia per le società di ingegneria pura che per quelle di general contracting), sia dal punto di vista della compagine sociale (molte società sono possedute da altre società e alcune sono anche quotate in Borsa). Che, infine, siano le Casse di previdenza ad affiancarsi alla RTP pare oltremodo assurdo visto che la metà del 4% di contributo integrativo versata alle Casse proviene da commesse private. Evidentemente se così fosse, cioè che le società di ingegneria non possono lavorare nel settore privato, le casse si sarebbero macchiate di un vero e proprio reato".