Aumentano anche nel 2017 le cosiddette “unità collabenti”, vale a dire gli immobili ridotti in ruderi a causa del loro accentuato livello di degrado. Lo segnala Confedilizia, che ha elaborato i dati forniti dall’Agenzia delle entrate sullo stato del patrimonio immobiliare italiano.
Nel 2017, il numero di questi immobili – inquadrati nella categoria catastale F2 – è cresciuto del 9,8% rispetto al 2016. Ma il dato più significativo è quello che mette a confronto il periodo pre e post IMU: rispetto al 2011, gli immobili ridotti alla condizione di ruderi sono quasi raddoppiati, essendo aumentati dell’87,2%: da 278.121 a 520.591 (+242.470).
La settimana che si sta per chiudere – dichiara il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa – regala un’altra perla al settore immobiliare. Dopo i numeri di Istat ed Eurostat, che hanno certificato come il nostro mercato della casa sia l’unico in crisi in tutta Europa, con valori in caduta ormai da anni, è l’Agenzia delle entrate a comunicarci un altro dato drammatico: il raddoppio in poco tempo degli immobili ridotti in ruderi. La causa è presto detta. Si tratta di immobili – appartenenti per lo più a persone fisiche – per i quali i proprietari non sono in grado di far fronte alle spese di mantenimento e alla abnorme tassazione patrimoniale IMU-TASI, e che raggiungono condizioni di fatiscenza per il semplice trascorrere del tempo o, addirittura, a causa di atti concreti dei proprietari, che mirano così a liberarsi almeno degli oneri che comportano. È necessario fare qualcosa per salvare il patrimonio immobiliare italiano, restituendogli una minima capacità reddituale. Le strade possibili sono molteplici, l’unica da non percorrere è quella dell’inerzia.