Il decreto Salva-casa, approvato ieri in commissione Ambiente alla Camera, approda oggi in Parlamento per la discussione in aula, ma non include il "Salva-Milano". Salvi invece gli emendamenti sulle mini-abitazioni.
La norma Salva-Milano
Il provvedimento “Salva-Milano”, secondo gli annunci della Lega, doveva rientrare inizialmente nel decreto Casa approvato a maggio ma la norma era stata poi trasformata in emendamento. Questo emendamento avrebbe dovuto risolvere le inchieste per abuso edilizio avviate dalla procura, sanando i circa 150 progetti pregressi realizzati a Milano negli ultimi 3-5 anni, e creare una commissione per stabilire nuove regole urbanistiche future.
I grattacieli milanesi nel mirino
La norma avrebbe interessato alcuni grattacieli di Milano costruiti senza rispettare correttamente la normativa vigente e per questo finiti del mirino della Procura. Quest’ultima ritiene sia stato impropriamente utilizzato lo strumento della SCIA, un’autocertificazione da parte dei costruttori, per realizzare costruzioni più alte di 25 metri e con un volume superiore ai 3 metri cubi per metro quadrato, dove sarebbe stato necessario un più complesso Piano attuativo o un permesso a costruire in convenzione pubblico-privato.
Secondo il Ministro delle Infrastrutture Salvini, l’emendamento avrebbe risolto problemi edilizi e urbanistici legati a interventi già approvati da alcuni enti locali, basandosi su un’interpretazione della legislazione statale e regionale, soggetta a successive modifiche e stratificazioni. In realtà, l’emendamento rappresentava per il capoluogo meneghino una soluzione parziale in quanto avrebbe permesso di sanare una situazione pregressa senza risolvere definitivamente la questione, con la possibilità di nuove situazioni di incertezza in futuro.
Le ragioni del ritiro
La relatrice Erica Mazzetti ha spiegato che la riformulazione degli emendamenti è arrivata di fatto fuori tempo massimo: “Avremmo avuto bisogno di tempo per leggerlo e valutarlo”, ha commentato.
La Lega punta a riprovarci con il dl Infrastrutture che verrà votato tra un paio di settimane, ma per quest’ultimo decreto il voto degli emendamenti si è già concluso e l’introduzione di un’ulteriore modifica sarebbe una forzatura. C’è poi lo scoglio Mattarella, il Presidente della Repubblica è stato chiaro: non firmerebbe un decreto Salva-Casa che prevedesse norme pensate per dribblare le inchieste della Procura.
L’assessore alla Rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi afferma “La notizia dell’esito inconcludente e irresponsabile della tentata norma sul caso Milano ci lascia basiti. Per mesi esponenti del Governo hanno promesso agli operatori, ai dipendenti del Comune, alle famiglie che hanno investito i propri risparmi, ad architetti e ingegneri che sarebbe stata approvata una norma chiarificatrice. Invece nulla. Ribadisco che non è più rinviabile una riforma sulla rigenerazione urbana, sulla casa, sulle città metropolitane ”.
Il Comune di Milano sostiene che le norme più recenti permettano la ristrutturazione tramite SCIA, a condizione che il volume dell’edificio rimanga invariato a prescindere dalla “sagoma” dell’edificio. L’emendamento rappresentava una soluzione parziale e utile solo nell’immediato, in quanto la parte pregressa sarebbe stata sanata, lanciando una sorta di accusa implicita di abusi da condonare, ma lasciando un velo di incertezza sul futuro.
Le inchieste a Milano
La procura continua, quindi, con le inchieste. Alcune, come quelle relative a Park Tower, Piazza Aspromonte e via Stresa, sono state chiuse, ma si aspetta un giudizio chiarificatore da un giudice sulle norme.
Infatti, il problema si riduce a una differenza di visione delle norme. I magistrati fanno riferimento alla legge Ponte, una serie di norme di pianificazione urbanistica transitoria per il controllo dello sviluppo edilizio; mentre il comune di Milano si riferisce al Codice dell’edilizia e agli aggiornamenti fino al 2011, che rimandano alle leggi regionali e quindi ai Piani di governo dei territori locali gran parte delle scelte.
Approvate invece le “mini-abitazioni”
Approvate le norme sulle cosiddette “mini-abitazioni” che modificano le specifiche restrizioni che rendono abitabile un immobile. Il limite minimo della superficie si abbassa da 28 metri quadri a 20 per una persona e da 38 a 28 per due. Cambia anche l’altezza minima che dai precedenti 2,7 metri passa a 2,4, a condizione che gli edifici siano sottoposti a ristrutturazioni per garantire idonee condizioni igienico-sanitarie.
Approvata anche l’abitabilità dei sottotetti “quando l’intervento di recupero non consenta il rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini”.
Vengono estese le tolleranze costruttive fino al 6% per appartamenti fino a 60 mq entro il 24 maggio 2024 e si semplificano le procedure per immobili con vincoli storici, artistici e ambientali in caso di difformità lievi.
Il rilascio dei certificati di abitabilità per gli immobili ricostruiti dopo il disastro del Vajont è semplificato e viene permesso ai comuni di usare fondi derivati dalla regolarizzazione urbanistica per opere pubbliche. La legge consente anche la riqualificazione di singoli appartamenti in condomini con abusi e permette sempre il mutamento della destinazione d'uso all'interno della stessa categoria funzionale. I porticati e le tende bioclimatiche sono inclusi negli interventi di edilizia libera.