Nel testo del Salva Casa (Decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69 rubricato "Disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica", convertito con legge 24 luglio 2024, n. 105) non c'è alcuna disposizione transitoria intesa a consentire l’applicazione in via retroattiva della nuova disciplina sull'accertamento di conformità alle istanze presentate prima della sua entrata in vigore.
Lo ha affermato il Consiglio di Stato (Sezione Seconda) nella sentenza n. 1394/2025 pubblicata il 19 febbraio, nella quale Palazzo Spada ha escluso nel caso in esame l’applicabilità dello ius superveniens costituito dall’art. 36 bis d.P.R. 380/2001, introdotto dal Salva Casa. La disposizione è entrata in vigore il 30 maggio 2024, ossia in data largamente successiva a quella di presentazione della S.C.I.A. in sanatoria oggetto dell’impugnato silenzio (22 gennaio 2024).
Inapplicabilità in via retroattiva
In senso contrario alla retroattività depone, quale logico corollario del principio tempus regit actum, il disposto dell’art. 3, comma 4, d.l. n. 69/2024 il quale esclude che la sanatoria presentata ai sensi dell’art. 36 bis d.P.R. 380/2001 fondi un diritto del privato alla ripetizione delle somme già versate a titolo di oblazione o di pagamento di sanzioni irrogate sulla base della normativa vigente alla data di entrata in vigore del decreto.
Sull’inapplicabilità in via retroattiva del Salva Casa la sentenza cita i pronunciamenti del Consiglio di Stato sez. II, n. 10076 del 2024 e della Corte costituzionale n. 124 del 2024 la quale ha chiarito che la novella “non ha inteso superare il requisito della cosiddetta “doppia conformità”, ma ne ha circoscritto l’ambito di applicazione agli abusi edilizi di maggiore gravità”.
Obbligo dell’amministrazione di pronunciarsi sull’istanza di S.C.I.A. in sanatoria
La sentenza di Palazzo Spada pubblicata il 19 febbraio scorso ricorda, inoltre, che in linea generale “sussiste un obbligo dell’amministrazione di pronunciarsi sull’istanza di S.C.I.A. in sanatoria ex art. 37 del d.P.R. n. 380 del 2001 con la correlativa legittimazione del privato ad agire in giudizio a fronte del silenzio serbato dall’amministrazione ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a. non potendosi predicare l’avvenuta formazione del silenzio-assenso sull’istanza presentata, poiché l’art. 37 d.P.R. n. 380/2001 (nel testo applicabile ratione temporis), a differenza dell’art. 36 che lo precede (relativo al silenzio-rigetto sull’istanza di permesso di costruire in sanatoria), non assegna al silenzio serbato dall’amministrazione alcun valore provvedimentale”.