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Decreto Salva-Casa, Legambiente: “Si rischia un condono mascherato”

Per Legambiente sono quattro i punti più critici: modifica delle soglie di tolleranza, silenzio assenso, ricalcolo delle sanzioni pecuniarie per il rilascio del permesso in sanatoria, cancellazione della “doppia conformità” per gli interventi realizzati in assenza o in difformità della SCIA

mercoledì 19 giugno 2024 - Redazione Build News

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“Il decreto Salva-Casa licenziato dal Consiglio dei ministri, dopo mesi di annunci e indiscrezioni, è un provvedimento sbagliato che richiede modifiche profonde perché rischia di essere un condono mascherato”.

Lo ha dichiarato Legambiente il 24 maggio scorso, giorno in cui il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69 recante “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.124 del 29 maggio, entrato in vigore il 30 maggio e ora al vaglio del Parlamento per la conversione in legge.

I punti critici secondo Legambiente

Il 24 maggio Legambiente, dopo aver esaminato il testo, ha denunciato alcuni punti: “viene cancellata la clausola della doppia conformità con nuove possibilità di sanatoria, è un colpo di spugna sulle sanzioni per le violazioni superiori al 2%, vengono ricalcolate al ribasso le sanzioni pecuniarie e, soprattutto, vale il principio del silenzio-assenso che sostituisce il silenzio-rigetto per gli abusi edilizi formali. Nessun Comune sarà mai in grado di esaminare una pratica di sanatoria entro i 45 giorni stabiliti e si potranno quindi presentare sanatorie illegittime senza che nessuno le possa rigettare. Una norma perfetta per spalancare la strada a nuovi abusi. Presenteremo a tutte le forze politiche i nostri emendamenti per evitare altri guai ad un paese cronicamente maltrattato dal cemento illegale”.

“Nel solco della tradizione, dunque, ancora una volta la politica amica degli abusivi fa campagna elettorale con il condono edilizio, anche se mascherato da norma di semplificazione. Un’iniziativa di pura propaganda elettorale, che genera aspettative e nuovi abusi”, afferma Legambiente.

Il cuore della riforma del DPR 380/2001 targata Salvini è la modifica degli artt. 34, 36 e 37, il primo relativo alle “tolleranze costruttive”, i due seguenti che già consentivano di sanare alcuni interventi abusivi per mancanza di titolo, che se richiesto sarebbe stato rilasciato.

Quattro, dunque, secondo Legambiente, i punti più critici.

1. Modifica delle soglie di tolleranza

L’art.34 prevede che “Il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo”. La riforma introduce l’innalzamento della soglia del 2% fino al massimo del 5% (per le unità abitative inferiori a 100 metri quadrati), rendendo sanabili difformità che oggi non lo sono.

2. Silenzio assenso

Il comma 6 del nuovo art.36 bis è il “cuore” della riforma del DPR 380/2001 targata Salvini.  Prevede infatti che le istanze di accertamento di conformità siano sottoposte al regime del silenzio-assenso da parte degli uffici tecnici, mentre oggi vale esattamente il contrario, ossia il silenzio-diniego. Se il Comune non risponde entro il termine di 45 giorni alla richiesta di sanatoria dell’abuso, questa si intende accolta e “decorsi i termini…eventuali successive determinazioni del competente ufficio comunale sono inefficaci”. Cosa significa?  Che la gran parte delle istanze saranno automaticamente accolte, vista la materiale impossibilità degli uffici di verificare pratiche relative a permessi di costruire in tempi così ristretti. Ma c’è di più. La nuova norma stabilisce che l’accoglimento sia definitivo e non revocabile, anche in presenza, per esempio, di dichiarazioni mendaci o errori, per cui la pubblica amministrazione potrà fare valere le proprie ragioni solo in sede giudiziaria.

3. Ricalcolo delle sanzioni pecuniarie per il rilascio del permesso in sanatoria

Finora l’importo dell’oblazione per il permesso di costruire (art.36) si basava sul doppio del costo di costruzione, valore oggettivamente stimabile da parte della p.a., mentre per la SCIA (art.37) si basava sul doppio dell’aumento del valore venala dell’immobile. Quest’ultimo talmente aleatorio e difficile da valutare che, quasi sempre, la sanzione corrispondeva al minimo previsto, ossia 516 euro. La modifica prevista dal comma 5 dell’art.36bis prevede che l’oblazione, in entrambi i casi, faccia riferimento all’aumento del valore venale, tra 1.032 e 30.984 euro. È facile prevedere che la sanzione effettivamente erogata sarà, anche in questo caso, quella minima, con una riduzione significativa degli introiti per le casse comunali.

4. Cancellazione della “doppia conformità” per gli interventi realizzati in assenza o in difformità della SCIA

Mentre la previsione della doppia conformità viene mantenuta per gli interventi in assenza o difformità del permesso di costruire, viene abolita (lettera h, comma 1 art.36bis) per gli interventi realizzati in assenza o difformità della SCIA (prevista invece dal vigente art.37). Quindi, non sarà più necessario per ottenere la SCIA in sanatoria che l’intervento edilizio fosse conforme alla normativa vigente al momento della sua realizzazione e alla normativa vigente al momento della richiesta. Ciò consentirà di sanare abusi che fino a oggi non potevano esserlo.

“Il problema di fondo – conclude Stefano Ciafani presidente nazionale di Legambiente – è che in Italia, come denunciamo da anni con il report Abbatti l’Abuso, le demolizioni delle costruzioni illegali procedono a rilento, mentre ciclicamente vengono proposte nuove forme di sanatoria. Per fermare il mattone illegale servono interventi decisi e puntali non più rimandabili. Quattro le azioni principali su cui invitiamo tutte le forze politiche a lavorare: serve dare pieno potere ai Prefetti per demolire gli immobili che non vengono abbattuti dai Comuni, sanzioni più severe per chi, violando la legge, consente l’allaccio delle utenze agli abusivi; più risorse per le demolizioni decise dalle amministrazioni locali e dalla magistratura; incentivi ai Comuni per rispondere ai milioni di domande di condono ancora senza risposta”.

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