Giovedì 21 novembre l'Aula della Camera ha approvato, con 172 voti favorevoli e 41 contrari, la proposta di legge “Salva Milano” “Disposizioni di interpretazione autentica in materia urbanistica ed edilizia” (C. 1987-A), che va all'esame del Senato.
La proposta di legge reca disposizioni – riformulate quali norme di interpretazione autentica – finalizzate a risolvere il contrasto, generatosi nella giurisprudenza amministrativa, circa la corretta interpretazione dell'articolo 41-quinquies, primo comma, della legge urbanistica (L. 1150/1942) e del numero 2 dell'art. 8 del D.M. n. 1444/1968, che individuano i limiti di volumi e altezza delle costruzioni nell'ambito del territorio comunale urbanizzato.
Il 30 ottobre INU Lombardia ha scritto una lettera aperta – che riportiamo – ai parlamentari impegnati nella discussione della proposta di legge.
La lettera aperta di INU Lombardia
“INU Lombardia ha esaminato e discusso il progetto di legge in epigrafe e, anche in considerazione dell’aggravarsi della situazione milanese, ha ritenuto opportuno rendere pubbliche le proprie valutazioni circa la duplice finalità del provvedimento che da un lato deve produrre una interpretazione certa delle leggi per quanto avvenuto fino alla sua entrata in vigore e dall’altro deve dettare nuove e più salde regole da applicare fino all’approvazione della riforma complessiva della legge urbanistica.
1. Un provvedimento necessario e urgente
L’Istituto Nazionale di Urbanistica ha sempre contestato i provvedimenti di condono e sanatoria perché rappresentano il fallimento del sistema delle regole e un’ingiustizia nei confronti di quanti le hanno rispettate.
Ma le vicende milanesi che hanno dato origine al testo in discussione presentano una particolarità: traggono origine da un conflitto fra interpretazioni contrapposte delle disposizioni di legge e dell’applicazione delle stesse nel Piano di Governo del Territorio del Comune di Milano.
In questa situazione il Disegno di Legge non è chiamato a sanare abusi ma a risolvere il conflitto, proponendo una sicura interpretazione della norma vigente che sia in grado di reggere per il periodo necessario all’elaborazione della riforma complessiva della disciplina urbanistico edilizia.
L’urgenza dell’approvazione del provvedimento, anche in vista delle prossime importanti scadenze che dovrà affrontare il dibattito parlamentare con la chiusura dell’anno in corso, è determinata dal progressivo inasprirsi di uno scontro che ha già prodotto gravi conseguenze. Non si tratta solamente del congelamento delle attività immobiliari milanesi con grave danno per tutti gli operatori economici del settore ma anche della crisi nella quale viene precipitato il Comune di Milano, che da un lato deve rivedere le sue previsioni di bilancio per i mancati introiti dei contributi di costruzione e dell’altro deve contenere la fuga del personale del settore edilizio che ha improvvisamente scoperto di esercitare una attività ad alto rischio. Infine non si può ignorare che nella vicenda sono coinvolte centinaia di famiglie che vedono compromessi i risparmi investiti nell’acquisto di alloggi la cui regolarità è messa in discussione.
2. Il riordino complessivo delle definizioni degli interventi edilizi
La gran parte delle vicende giudiziarie che incombono su Milano sono la diretta conseguenza della forzatura compiuta dal legislatore sulla definizione dell’intervento di “ristrutturazione edilizia” che, con una serie di modifiche iniziate ancor prima dell’entrata in vigore del DPR 380/2001, arriva, nel testo vigente, fino a ricomprendere anche gli incrementi di volumetria sia pure “nei soli casi previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali”.
Tale forzatura provoca il conflitto aperto fra l’interpretazione estesa dei contenuti dell’intervento di ristrutturazione edilizia, così come descritto nella lettera della legge e conseguentemente applicato da molte amministrazioni comunali, e l’interpretazione restrittiva, fondata sul significato ontologico del termine “ristrutturazione”, affermata dalla giurisprudenza prevalente.
Il progetto di Legge sembra voler procedere ancora nella stessa direzione di estensione sempre più ampia della nozione di “ristrutturazione”, ribadendo, al comma 4, la possibilità di realizzare “… organismi edilizi che presentino …caratteristiche planivolumetriche, funzionali e tipologiche anche integralmente differenti da quelli originari, …” con l’evidente intento di superare gli arresti giurisprudenziali e con ciò rischiando di inasprire ulteriormente il conflitto in corso e di provocare ricadute indesiderate su tutto il territorio nazionale.
La sola via di uscita dall’attuale situazione di precarietà è la completa riscrittura di tutte le definizioni degli interventi edilizi garantendone la distribuzione equilibrata e rivedendone la correlazione con le procedure abilitative e le modalità concertative, distinguendo in particolare la classificazione degli “interventi di ristrutturazione edilizia” da quella degli “interventi di nuova costruzione”. La riscrittura complessiva dell’art. 3 del DPR 380/2001 è inoltre indispensabile ad evitare che ulteriori modifiche parziali delle definizioni, come quelle contenute nell’art. 13 del testo unificato del progetto di legge riguardante “Disposizioni in materia di rigenerazione urbana”, attualmente in discussione al Senato, giungano a complicare ulteriormente la situazione.
3. Definire il campo di applicazione del piano attuativo
È necessario chiarire le condizioni di principio che rendono obbligatoria l’adozione dello strumento urbanistico attuativo e definire gli ambiti di regolazione lasciati alle leggi regionali e agli strumenti urbanistici locali.
Anche su questo tema si confrontano interpretazioni divergenti che riguardano l’applicabilità delle disposizioni della legge urbanistica nazionale, come precisate nel Decreto Ministeriale del 1968, rivolte a governare lo sviluppo delle nuove urbanizzazioni prima che il governo del territorio divenisse, con la riforma costituzionale del 2001, materia di legislazione concorrente: ciò che ha consentito alla Regione Lombardia di discostarsi da dette disposizioni e di dichiararne la disapplicazione.
Oggi appare irragionevole che il compito di stabilire una soglia al di sopra della quale si rende obbligatorio il ricorso al piano attuativo sia attribuito ad una legge nazionale ed in tal senso è opportuno che sia indirizzata l’interpretazione contenuta nel Progetto di Legge confermando la competenza delle leggi regionali.
Sarà poi compito della nuova legge nazionale di stabilire le condizioni di principio che rendono obbligatoria l’adozione dello strumento urbanistico attuativo e precisare gli ambiti di regolazione specifica delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici locali.
4. In conclusione
Le essenziali e definitive disposizioni di legge sopra indicate vanno prodotte contestualmente alla pur necessaria soluzione interpretativa transitoria dei testi vigenti, senza rimandare al “riordino organico della disciplina di settore”, che rimane un passaggio irrinunciabile, al quale INU ha inteso contribuire con la presentazione della “Proposta di legge di principi per il governo del territorio”, e senza il rinvio al “coordinamento delle competenze degli enti locali” affidato alla Conferenza Unificata Stato, Regioni e autonomie locali il cui esito, in termini di contenuti e tempi di decisione, appare assai incerto”.
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