L’art. 2 del DL Sblocca-cantieri, osserva Confindustria nella nota di sintesi delle novità introdotte con il decreto-legge n. 32/2019, “interviene sul problematico rapporto tra il Codice dei contratti pubblici (CCP) e l'attuale legge fallimentare, con l’obiettivo di anticipare gli effetti del coordinamento tra i due plessi di disciplina operato dalla cd. riforma fallimentare (D.Lgs. n. 14/2019 - Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza), che entrerà in vigore ad agosto 2020.
In proposito, occorre distinguere a seconda del tipo di procedura concorsuale aperta e a seconda che si tratti dell’esecuzione di contratti in corso oppure della partecipazione a nuove procedure di affidamento.
Con riferimento alle imprese dichiarate fallite ma abilitate all’esercizio provvisorio, attraverso una contestuale modifica all’art. 110, co. 3, CCP, e all’art. 104 della legge fallimentare, viene consentita l’esecuzione dei contratti già stipulati previa autorizzazione del giudice delegato. Così è già nella disciplina vigente e così sarà nella disciplina futura. Resta incerto, invece, il regime applicabile in caso di nuove gare. Infatti, nell’assetto vigente, le imprese in questione possono partecipare alle nuove gare previa autorizzazione del giudice delegato; a partire dal 2020, questa possibilità sarà preclusa. L’art. 2 del DL non interviene sul punto: nel modificare l’art. 110, co. 3, CCP, la nuova norma elimina il riferimento alla partecipazione a nuove gare ma, nel modificare l’art. 104 della legge fallimentare, essa non introduce, come fa invece la riforma fallimentare (all’art. 211), un espresso divieto per tale partecipazione.
Con riferimento alle imprese in concordato preventivo, anzitutto viene chiarito, al pari di quanto avviene nella riforma fallimentare, che tra il momento di deposito della domanda della domanda cd. “in bianco” e il momento del decreto di ammissione alla procedura, l’avvalimento è sempre necessario; dopo l’ammissione, l’avvalimento non è più necessario. Quanto, poi, all’avvalimento, viene previsto, anche qui in linea con la riforma fallimentare, che l’ANAC potrà richiederlo qualora l’impresa non sia in possesso dei requisiti aggiuntivi che la stessa ANAC stabilirà con apposite Linee Guida, mentre, a questo fine, è stato eliminato il riferimento alla regolarità retributiva e contributiva, presente nella disciplina vigente.
Inoltre, ancora una volta mutuando l’impostazione della riforma fallimentare, l’art. 110 viene depurato di ogni altro riferimento e il resto della disciplina applicabile alle imprese in concordato viene affidata all’art. 186-bis della legge fallimentare, che disciplina il concordato con continuità aziendale e che sua volta viene in parte modificato (e che verrà in futuro sostituito dall’art. 95 della nuova legge fallimentare).
In particolare, riguardo all’esecuzione dei contratti già stipulati, l’art. 2 del DL fa salva la disciplina già vigente che distingue a seconda che sia stata depositata la domanda concordataria oppure sia intervenuto il decreto di ammissione. Nel primo caso, la continuazione dei contratti in corso avviene de plano; nel secondo caso, la continuazione è subordinata all’attestazione del professionista che certifichi la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento. Nella riforma fallimentare, invece, questa distinzione verrà meno e ai fini della continuazione sarà sempre necessaria l’attestazione del professionista.
Inoltre, attraverso un’integrazione all’art. 186-bis, lo stesso regime viene esteso anche al concordato liquidatorio a condizione che un professionista attesti che la continuazione sia necessaria per la migliore liquidazione dell’azienda in esercizio. Pertanto, mentre nella disciplina vigente, in caso di concordato liquidatorio, ai fini della continuazione occorre l’autorizzazione del giudice delegato, l’art. 2 del DL, che anticipa la riforma fallimentare, richiede l’intervento del professionista che attesti la predetta condizione.
Anche con riferimento alla partecipazione a nuove gare, l’art. 2 del DL richiama la disciplina vigente e la modifica allineandola solo in parte alla nuova legge fallimentare, talché il quadro d’insieme non è di facile ricostruzione.
Infatti, l’art. 186-bis dell’attuale legge fallimentare prevede che, ai fini della partecipazione a nuove gare, dopo il deposito del ricorso è necessaria l’autorizzazione del tribunale, acquisito il parere del commissario giudiziale, se nominato; dopo l’ammissione, occorre l’attestazione del professionista sulla conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento del contratto e l’avvalimento.
L’art. 186-bis, come modificato dall’art. 2 del DL, invece, prevede che: dopo il deposito del ricorso è richiesta l’autorizzazione del tribunale con parere del commissario se nominato; dopo l’ammissione, l’autorizzazione del giudice delegato, sempre con parere del commissario se nominato, l’attestazione del professionista e l’avvalimento. Le modifiche dell’art. 2 del DL, infatti, lasciano in piedi un pezzo dell’attuale art. 186-bis, che difetta di coordinamento con le modifiche che sempre l’art. 2 del DL apporta all’art. 110 CCP, laddove viene previsto che dopo l’ammissione alla procedura l’avvalimento non è più necessario.
L’art. 95 della nuova legge fallimentare, invece, semplifica questo schema prevedendo che successivamente al deposito occorre l’autorizzazione del tribunale; dopo il decreto di apertura l’autorizzazione del giudice delegato; in entrambi i casi, è richiesto il parere del commissario giudiziale se nominato e l’attestazione del professionista.
In conclusione, l’art. 2 del DL persegue il meritorio obiettivo di anticipare gli effetti della riforma fallimentare, ma lo fa attraverso una parafrasi a tratti imprecisa della riforma e attraverso un articolato meccanismo di rinvii, che lasciano in piedi alcune incertezze e incongruenze”. (fonte: Confindustria)
Vedi anche: “Modifiche al Codice Appalti con lo Sblocca-cantieri: l'analisi di Confindustria”