“Il settore degli appalti ha assoluto bisogno di stabilità e certezza delle regole, e non di continui cambiamenti che finiscono per disorientare gli operatori economici e i funzionari amministrativi”.
Lo ha detto il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione (Anac), Raffaele Cantone, nel suo intervento di presentazione della Relazione annuale sull'attività svolta dall'Autorità nel 2018, stamane presso la Sala della Regina della Camera dei Deputati.
L'intervento di Cantone sui contratti pubblici
Seguendo l’ordine delle relazioni degli anni precedenti, adesso è il momento di occuparsi dei contratti pubblici, tema particolarmente caldo da cui evidentemente non ci si può esimere perché l’ANAC resta l’autorità di vigilanza del settore.
Non avrebbe senso, però, parlarne astraendosi dal dibattito pubblico e dalle polemiche che hanno investito, nell’ultimo periodo, il codice varato nel 2016, per recepire – è bene ricordarlo – le direttive comunitarie in materia.
Non credo di sbagliare nel dire che quanto accaduto su quel testo non ha molti precedenti nella storia del nostro Paese: adottato con grandi auspici e senza nemmeno particolari contrarietà, da un giorno all’altro è diventato figlio di nessuno e soprattutto si è trasformato nella causa di gran parte dei problemi del settore e non solo.
È innegabile che da quell’articolato sono derivate delle criticità, ma ciò è dovuto soprattutto al fatto che è stato attuato solo in parte, mentre i suoi aspetti più qualificanti (la riduzione delle stazioni appaltanti, i commissari di gara estratti a sorte, il rating d’impresa) sono rimasti sulla carta.
Fra l’altro, dopo un periodo di calo, anche fisiologicamente collegato alle novità, negli ultimi due anni il mercato si è ripreso e le procedure sono aumentate.
Governo e Parlamento hanno ritenuto però, con una scelta legittima, di apportare profonde modifiche.
Dopo un lunghissimo dibattito hanno deciso di intervenire in due step: con un decreto legge, annunciato a fine 2018 e varato solo a metà aprile di quest’anno, con l’obiettivo di far “ripartire le opere” (e perciò chiamato “sblocca cantieri”), e una legge delega all’esame del Parlamento per una riforma radicale del codice.
Il decreto, non ancora giunto all’approvazione nemmeno di uno dei rami del Parlamento, è stato fatto segno di numerose e sostanziali modifiche e ad oggi si fa fatica ad orientarsi fra gli emendamenti e i subemendamenti approvati e modificati e a individuare, quindi, un testo su cui potersi confrontare.
Sicuramente esso incide anche sui poteri dell’ANAC, prevedendo il ritorno al regolamento attuativo in luogo delle linee guida dell’Autorità. Non ci sentiamo di criticare questa opzione: la regolazione flessibile non è stata positivamente accolta dalle amministrazioni, abituate a regole rigide piuttosto che a criteri che richiedono l’esercizio di maggiore discrezionalità.
Rivendichiamo, però, di aver fatto gran parte del lavoro che ci era stato chiesto (delle 10 linee guida previste ne sono state varate 7, peraltro modificate dopo il corposo “correttivo” del 2017) ed auspichiamo che molti dei contenuti possano essere recuperati nel futuro regolamento.
Sui rimanenti 3 atti da adottare segnalo che le linee guida sulla qualificazione delle stazioni appaltanti non possono essere emanate se non viene prima approvato il previsto d.P.C.M.; la predisposizione delle linee guida sui requisiti delle imprese fallite o in concordato era in fase avanzata ma dovrà ora tenere conto delle novità introdotte dal codice della crisi d’impresa del 12 gennaio 2019 e dallo stesso sblocca cantieri; infine, per le linee guida sul complesso tema del rating d’impresa, si è conclusa la seconda consultazione pubblica.
Su alcuni aspetti specifici del decreto, tuttavia, qualche rilievo s’impone. Seppure opportunamente ridimensionata rispetto ai 200 mila euro del testo originario, la previsione di una soglia abbastanza alta (150 mila euro) entro la quale adottare una procedura molto semplificata (richiesta di soli tre preventivi) aumenta certamente il rischio di scelte arbitrarie, se non di fatti corruttivi.
Alcune opzioni, poi (il ritorno dell’appalto integrato, l’aumento della soglia dei subappalti al 40%, la possibilità di valutare i requisiti per la qualificazione delle imprese degli ultimi 15 anni, le amplissime deroghe al codice concesse ai commissari straordinari), paiono troppo attente all’idea del “fare” piuttosto che a quella del “far bene”.
La sospensione dell’albo dei commissari di gara per un biennio, infine, introdotta in uno degli ultimi emendamenti, proprio quando questa novità stava per partire, rischia di incidere su un momento topico della procedura, facendo venir meno un presidio di trasparenza, oltre che rendere inutile il cospicuo investimento economico (500 mila euro circa) che l’Autorità ha sostenuto per applicare la disposizione.
Il giudizio complessivo sull’impianto resta, però, sospeso anche in attesa che si completi l’iter legislativo della conversione e soprattutto dell’approvazione della legge delega. Un solo suggerimento sia, però, consentito: il settore degli appalti ha assoluto bisogno di stabilità e certezza delle regole, e non di continui cambiamenti che finiscono per disorientare gli operatori economici e i funzionari amministrativi.
L’ANAC, se ci sarà richiesto, farà comunque la propria parte in leale collaborazione con Esecutivo e Parlamento, come ha già cominciato a fare designando, su richiesta del Ministro delle infrastrutture, un proprio componente per il tavolo di lavoro che si sta occupando della scrittura del regolamento.
In allegato la Relazione e la Presentazione di Cantone
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