Con la sentenza n. 68/2016, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 1, lettera g), del decreto Sblocca Italia (decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164), promossa, in riferimento agli artt. 3, 23, 117, terzo e quarto comma, 118, 119 e 120 della Costituzione, dalla Regione Veneto.
Ricordiamo che la norma contestata dal Veneto prevede il versamento di un contributo per il maggior valore generato da interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia in variante, in deroga o con mutamento d’uso.
BOCCIATO ANCHE IL RICORSO CONTRO LA NORMA SULLE OPERE INCOMPIUTE. La Consulta, con la sentenza n. 69/2016, ha dichiarato inammissibili anche le questioni di legittimità costituzionale presentate, sempre dalla Regione Veneto, nei confronti dell’art. 4, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 9 dello Sblocca Italia. Il comma 1 dispone che - al fine di favorire la realizzazione delle opere segnalate dai Comuni alla Presidenza del Consiglio dei ministri dal 2 al 15 giugno 2014 e di quelle inserite nell’elenco-anagrafe nazionale delle opere pubbliche incompiute di cui all’art. 44-bis del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, per le quali la problematica emersa attenga al mancato concerto tra amministrazioni interessate al procedimento amministrativo – è data facoltà di riconvocare la Conferenza di servizi funzionale al riesame dei pareri ostativi alla realizzazione dell’opera e ciò anche se la Conferenza di servizi fosse già stata definita in precedenza. In ogni caso i termini relativi al procedimento della Conferenza di servizi sono ridotti alla metà.
Il comma 2 prevede che, in caso di mancato perfezionamento del procedimento in ragione di ulteriori difficoltà amministrative, è data facoltà di avvalersi, a scopo consulenziale-acceleratorio, dell’apposita cabina di regia istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Ai sensi del successivo comma 3, i pagamenti connessi agli investimenti in opere oggetto di segnalazione, nel limite di euro 250.000.000,00 per l’anno 2014, sono esclusi dal patto di stabilità interno alle condizioni ivi indicate.
Il comma 4 dispone che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sono individuati i Comuni che beneficiano dell’esenzione dal patto di stabilità interno e l’importo dei pagamenti da escludere.
Il comma 5 prevede che i pagamenti sostenuti successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge relativi a debiti in conto capitale degli enti territoriali per gli anni 2014 e 2015 sono esclusi dai vincoli del patto di stabilità interno per un importo complessivo di euro 300.000.000,00 (euro 200.000.000,00 relativamente all’anno 2014 ed euro l00.000.000,00 relativamente all’anno 2015).
Il successivo comma 6 prescrive che, con riguardo all’anno 2014, «l’esclusione di cui al secondo periodo dell’alinea del comma 5 è destinata per 50 milioni di euro ai pagamenti dei debiti delle regioni sostenuti successivamente alla data del l° luglio 2014, […] che beneficiano di entrate rivenienti dall’applicazione dell’articolo 20, commi l e l-bis, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, superiori a 100 milioni».
Il comma 7 modifica il comma 9-bis dell’art. 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2012), che, per l’anno 2014, nel saldo finanziario in termini di competenza mista, rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno, esclude per gli importi ivi indicati i pagamenti in conto capitale sostenuti nel primo semestre dalle Province e dai Comuni.
Il comma 9, infine, prevede le specifiche modalità di compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento netto derivanti dai commi 3, 5 e 8 del citato art. 4 del d.l. n. 133 del 2014.
RESPINTO IL RICORSO DELLA PUGLIA CONTRO LA NORMA SUGLI INTERVENTI DI CONSERVAZIONE ALTERNATIVI ALL'ESPROPRIO. Con la sentenza n. 67/2016, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 1, lettera b) dello Sblocca Italia promossa dalla Regione Puglia in riferimento agli artt. 3, primo comma, 117, terzo comma, e 118, primo e secondo comma, della Costituzione.
La suddetta disposizione ha introdotto, dopo l’art. 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia – Testo A), un art. 3-bis, secondo cui «Lo strumento urbanistico individua gli edifici esistenti non più compatibili con gli indirizzi della pianificazione […]. Nelle more dell’attuazione del piano, resta salva la facoltà del proprietario di eseguire tutti gli interventi conservativi, ad eccezione della demolizione e successiva ricostruzione non giustificata da obiettive ed improrogabili ragioni di ordine statico od igienico sanitario». Questa norma – giudicata legittima dalla Consulta - definisce le procedure per la riqualificazione di aree in cui sono presenti edifici ritenuti non più compatibili con gli indirizzi della pianificazione.