In caso di emissioni nocive di gas, vapori o fumo, quali “armi” ha a disposizione il cittadino per difendersi?
Il tema si collega direttamente alla questione delle distanze minime per lo scarico a parete (o in facciata). Su questo argomento fa il punto l'associazione Marcopolo (Movimento associativo responsabili e comandanti di polizia locale) in un articolo (firmato da Donato Sangiorgio) pubblicato sul suo sito (link). Di seguito ne riportiamo alcuni passaggi.
DISTANZE MINIME. La Legge n.46/90 sulle distanze minime, dal 13 Marzo 1990 imponeva ai Comuni e alle Regioni di adeguare i propri Regolamenti Locali, qualora in contrasto con la predetta Legge.
L'obbligo delle distanze minime di rispetto di cui sopra vale per le caldaie a gas da riscaldamento ambienti, ma solo quando per queste ultime, è ammessa l’installazione a parete in base alle disposizioni del DPR.412/93-DPR.551/99 e delle successive modificazioni intervenute sino all’emanazione dell’ultima legge di riferimento e cioè la Legge n.90/2013 con l’art.17 bis, poi modificato con l’art.14, commi 8-9 del D.Lgs. n.102/2014.
DEROGHE ALL'OBBLIGO DELLO SCARICO A TETTO. Dal 1 settembre 2013 per impianti termici (caldaie da riscaldamento ambienti con o senza produzione di acqua calda) installati ex novo in tutte le tipologie di immobili, vige l'obbligo di scaricare a tetto.
Però, alcune deroghe sono previste nei casi elencati nell’art.17 bis della Legge n.90/2013, successivamente modificato con l’art.14, commi 8-9 del D.Lgs. n.102/2014.
In detti casi, è ammesso lo scarico a parete, purché s'installino secondo il caso, dei generatori di calore a gas di rendimento superiore o caldaie a condensazione rispondenti alle prestazione richieste dalla norma, ovvero dei generatori ibridi compatti formati da una caldaia a condensazione a gas e da una pompa di calore.
LE DIFFICOLTÀ DA RISOLVERE. Qualora dal sopralluogo svolto con l’ausilio di personale dell’ U.T.C., si dovesse riscontrare la “complicata” adeguatezza dell’impianto realizzato a tutte le regole sopra esposte per le distanze minime e quindi la non punibilità ai sensi del vigente regolamento urbanistico edilizio ci ritroviamo di fronte ad un problema non ancora risolto.
Altra grossa difficoltà la riscontriamo nel momento in cui contattiamo l’ASL e l’A.R.P.A. , la prima ci dirà che non ha personale e strumenti per la misurazione dell’ambiente all’interno dell’abitazione del soggetto danneggiato mentre l’altra si metterà subito a disposizione con dei costi piuttosto alti.
L'ARMA DELL'ART. 674 C.P. (GETTO PERICOLOSO DI COSE). Allora quali sono le altre armi in nostro possesso? Lasciando perdere la strada dell’eventuale ratifica dell’esposto pervenutoci presso il Comando e la successiva richiesta al P.M. di delegare personale dell’ A.R.P.A. per i rilievi del caso, alla persona incurante ed irrispettosa del vicino di casa gli viene contro l’art. 674 del c.p..
Analizziamolo insieme:
Getto pericoloso di cose. Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda fino a euro 206.
Tra i numerosissimi casi analizzati dalla Suprema Corte di Cassazione ne cito una tra le più recenti “Cass.pen.sez.III, del 07-05-2013 n.19530 con la quale precisa”….come già affermato da questa Corte l’evento del reato di cui all’art. 674 c.p., consiste nella molestia, che prescinde dal superamento del limite della normale tollerabilità ex art. 844 c.c.; se manca la possibilità di accertare obiettivamente, con adeguati strumenti, l’intensità delle emissioni, il giudizio sull’esistenza e sulla non tollerabilità delle emissioni stesse ben può basarsi sulle dichiarazioni di testi, specie se a diretta conoscenza dei fatti, quando tali dichiarazioni non si risolvono nell’espressione di valutazioni meramente soggettive o in giudizi di natura tecnica ma consistano nel riferimento a quanto oggettivamente percepito dagli stessi dichiaranti”.
È dunque da ritenere che per la sussistenza della contravvenzione di cui all’art. 674 Cod. pen. non sia necessario che le emissioni siano vietate da speciali norme giuridiche, essendo sufficiente che esse superino il limite della normale tollerabilità, valicato il quale le emissioni stesse diventano moleste con conseguente pericolo per la salute pubblica, la cui tutela costituisce la ratio della norma incriminatrice.
La norma è utilizzata a protezione del più generale diritto alla salute espressamente previsto dall’art. 32 della Costituzione. In termini di applicazione concreta, è la constatazione per cui la fattispecie di cui all’art. 674 Cod. pen. ha natura di reato di pericolo e di reato istantaneo per cui non solo è sufficiente, per la dichiarazione di responsabilità, che i fumi siano idonei a produrre almeno uno degli effetti prospettati nel disposto di legge, non essendo altresì necessario provare che essi si siano verificati, ma non è nemmeno richiesta la ripetizione di più atti, bastando che l’emissione di gas, vapori, fumo si verifichi una sola volta.
Le dichiarazioni dei testi possono essere valide, soprattutto se si tratta di persone a diretta conoscenza dei fatti, come quelle dei vicini, o particolarmente qualificate, come gli agenti di polizia e gli organi di controllo delle Asl. Questi ultimi, con ripetuti sopralluoghi descriveranno precisamente la intollerabilità delle emissioni e per quanto riguarda i testi, verranno sentiti a verbale di sommarie informazioni delle persone che possono riferire circostanze utili ai fini delle indagini (art.351 c.p.p.).