Nella riunione del 7 agosto 2024, il Consiglio dei ministri ha approvato in via preliminare lo schema di Testo Unico Rinnovabili, cioè lo schema di decreto legislativo recante “disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili, in attuazione dell’art. 26, commi 4 e 5, lett. b) e d), legge n. 118/2022”.
Il provvedimento reca la firma del Ministro per la Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo, del Ministro per le Riforme Istituzionali Maria Elisabetta Alberti Casellati e del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto.
Lo schema individua i regimi amministrativi per la costruzione e l’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, dei sistemi di accumulo, delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili alla realizzazione degli impianti stessi.
Il provvedimento risponde agli obiettivi di semplificazione individuati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Sono tre i “binari” individuati dallo schema, a seconda della tipologia, della dimensione e della localizzazione degli impianti: l’attività libera, la procedura abilitativa semplificata o l’Autorizzazione unica.
Il nuovo provvedimento dispone che l’attività libera non richieda atti di assenso o dichiarazioni, tranne in caso di vincoli paesaggistici, nel quale l’autorità dovrà esprimersi entro trenta giorni (oggi il termine è di almeno 45 giorni).
La “PAS”, procedura abilitativa semplificata, riguarda invece progetti che non richiedono procedimento di “permitting” e non sono assoggettati a valutazioni ambientali: a seconda delle casistiche, con l’eventuale coinvolgimento di più amministrazioni, si va da un minimo di 30 giorni ad un massimo di 75 per terminare la procedura. Oggi quest'ultimo termine può essere sospeso senza fissare alcun limite massimo per tale sospensione potendo, dunque, la procedura, durare anche due anni.
L’istanza di Autorizzazione Unica va invece presentata alla Regione per impianti sotto i 300 megawatt e oltre quella soglia al MASE: rientrano in quest’ultima casistica gli impianti off-shore. Il procedimento, a seconda della complessità può durare 175 giorni, nel caso di progetti non sottoposti a valutazioni ambientali, fino a 420 giorni, nella più complessa delle ipotesi, dovendo prevedere in quest’ultima anche la Verifica di assoggettabilità a VIA e la Valutazione d’Impatto Ambientale. Finora la legge ha previsto un termine di 60 o 90 giorni per la durata del procedimento di autorizzazione, senza, tuttavia, chiarire il tempo occorrente per la verifica di completezza della documentazione e comunque al netto dei tempi per le valutazioni ambientali.
Il parere del Consiglio di Stato
Su tale schema di Dlgs si è espresso il Consiglio di Stato (Sezione Consultiva per gli Atti Normativi) nel parere n. 1216 del 12 settembre 2024.
Lo schema di decreto legislativo costituisce attuazione dell’articolo 26 (“Delega al Governo per la revisione dei procedimenti amministrativi in funzione di sostegno alla concorrenza e per la semplificazione in materia di fonti energetiche rinnovabili”), comma 4 (“Il Governo è delegato, altresì, ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi in materia di fonti energetiche rinnovabili, anche ai fini dell'adeguamento della normativa vigente al diritto dell'Unione europea, della razionalizzazione, del riordino e della semplificazione della medesima normativa, della riduzione degli oneri regolatori a carico dei cittadini e delle imprese e della crescita di competitività del Paese”), della legge 5 agosto 2022, n. 118 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021).
L’atto in esame, composto da 15 articoli, prevede, per “la costruzione ovvero l’esercizio degli impianti di produzione e dei sistemi di accumulo di energia da fonti rinnovabili, per gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale degli stessi impianti, nonché per le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio dei medesimi impianti” (art. 1), regimi amministrativi destinati a sostituire quelli attualmente vigenti, che comprendono fattispecie di “attività libera” (art. 7), fattispecie sottoposte a “procedura abilitativa semplificata” (art. 8) e fattispecie sottoposte ad “autorizzazione unica” (art. 9). Tali fattispecie sono individuate negli allegati A, B e C: gli allegati A e B sono suddivisi in sezioni relative ad interventi nuovi e interventi su impianti già esistenti, mentre l’allegato C distingue gli interventi di competenza regionale da quelli di competenza statale. L’allegato D elenca le vigenti disposizioni di legge che si intende abrogare.
I progetti relativi agli interventi di cui agli allegati A e B non sono sottoposti alle valutazioni ambientali di cui al titolo III della parte seconda del decreto legislativo n. 152/2006 e alcuni allegati di tale parte sono modificati con la previsione di tipologie di impianti o di attività (art. 12).
Nel suo parere, il Consiglio di Stato preliminarmente stigmatizza “la prassi di redazione postuma delle relazioni AIR e ATN rispetto all’esame preliminare da parte del Consiglio dei Ministri dello schema di decreto e alla trasmissione dello stesso atto a questo Consiglio. La redazione della relazione AIR costituisce infatti un elemento imprescindibile ai fini della completezza dell’istruttoria degli atti normativi secondo la direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 26 febbraio 2009. Una tale prassi è foriera di inspiegabili difformità di contenuti dei documenti, come ad esempio, nella fattispecie, la mancanza di riferimento, nell’art. 3, comma 1, all’interesse “della salute e della sicurezza pubblica”, di cui all’art. 16-septies introdotto dalla direttiva 2024/2413, che è invece richiamato nel paragrafo 1.1 della relazione AIR”.
Le lacune
Secondo Palazzo Spada “traspare dall’esame dell’atto una tecnica normativa lacunosa, non solo non puntualmente correlata alle specifiche previsioni delle fonti dell’Unione europea, ma anche sostanzialmente antitetica, laddove adotta il metodo delle abrogazioni aspecifiche, all’obiettivo della semplificazione del quadro normativo nazionale”.
Tra le lacune rilevate rispetto al procedimento previsto dalla disposizione di delega, il Consiglio di Stato segnala “la mancanza, nella documentazione in atti, dell’intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, che, secondo la formulazione del citato art. 26, comma 7, deve essere acquisita previamente anche rispetto al parere del Consiglio di Stato.
In proposito, la nota in data 9 settembre 2024 del Capo dell’ufficio legislativo del Ministro per la pubblica amministrazione rappresenta che “la seduta da parte della Conferenza unificata non risulta allo stato calendarizzata”, riservandosi la trasmissione del verbale “al fine di consentire l’espressione del parere”.
Anche la mancanza dell’intesa attiene ad un elemento di rilievo sul piano sostanziale alla luce dell’assetto costituzionale delle competenze dello Stato e delle regioni e dell’obiettivo di intervenire anche sulla disomogeneità territoriale nei tempi di conseguimento dei titoli necessari alla realizzazione degli impianti”, osserva Palazzo Spada.
Leggi anche: “Testo Unico Rinnovabili, primo ok del CdM. Ridotti da cinque a tre i “binari” possibili”