A fronte di una SCIA (Segnalazione certificata di inizio attività) presentata in via telematica, l’Amministrazione procedente è tenuta al rispetto delle regole che ordinariamente informano i rapporti con i privati, e, prima di tutte, del principio di leale collaborazione.
Infatti la posta elettronica certificata (Pec), “quale tecnologia telematica, è strumento con il quale i privati possono relazionarsi con la pubblica Amministrazione (articolo 3 D.Lgs. n. 82/2005); la trasmissione a mezzo pec equivale a notificazione a mezzo posta (articolo 48 D.Lgs. n. 82/2005); se rispondenti ai requisiti formali normativamente fissati, le istanze e dichiarazioni inviate alla pubblica Amministrazione in via telematica equivalgono a quelle presentate su supporto cartaceo con sottoscrizione autografa (articolo 65 D.Lgs. n. 82/2005)”.
Lo ha evidenziato il Tar Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima) con la sentenza n. 610/2014 depositata il 3 dicembre.
LA VICENDA. Nel caso affrontato dai giudici amministrativi del Friuli, la società Telecom Italia aveva presentato a mezzo pec una SCIA per la modifica di un proprio impianto fisso per la telefonia mobile nel Comune di Pocenia. È però intervenuto il divieto comunale di prosecuzione dell’attività oggetto di SCIA, disposto per una serie di ragioni, tra le quali il fatto che uno dei file digitali contenenti la documentazione allegata alla segnalazione non risultava apribile e quindi visionabile.
IL DESTINATARIO DELLA PEC DEVE INFORMARE IL MITTENTE DELLA DIFFICOLTÀ DI VISIONARE IL FILE. Nella sentenza, il Tar Friuli osserva che “Nel momento in cui il sistema genera la ricevuta di accettazione della pec e di consegna della stessa nella casella del destinatario si determina una presunzione di conoscenza della comunicazione da parte del destinatario analoga a quella prevista, in tema di dichiarazioni negoziali, dall’articolo 1335 Cod. civ.. Spetta la destinatario, in un’ottica collaborativa, rendere edotto il mittente incolpevole delle difficoltà di cognizione del contenuto della comunicazione legate all’utilizzo dello strumento telematico, pure ammesso dalla legge”.
Nel caso esaminato, “il Comune non ha nemmeno prospettato che la mancata apertura dei file contenenti la documentazione allegati alla SCIA dipendesse da una scelta deliberata delle segnalanti: ne consegue che era suo dovere rappresentare agli interessati la circostanza, fissando un termine per ovviare al problema, con l’avvertimento che il mancato tempestivo adempimento dell’incombente avrebbe determinato l’esercizio dei poteri inibitori nel termine di cui all’articolo 87 bis D.Lgs. n. 259/2003. A ben guardare – concludono i giudici amministrativi - non si trattava nemmeno di chiedere un’integrazione documentale, perché nel caso di specie il documento era stato inviato, ma di sollecitare, nell’interesse delle stesse segnalanti, una riproduzione dello stesso in un formato visionabile dall’Amministrazione”.