Cna Installazione e Impianti segnala che il comune di Genova ha recentemente inviato alle associazioni di categoria una nota avente per oggetto “segnalazione situazioni di pericolo per le persone – responsabilità manutentori” nella quale si fa riferimento alla sentenza della Corte di Cassazione n. 44968/2016 che specifica l’obbligo per il manutentore che riscontri problemi di sicurezza su un impianto di mettere “fuori servizio” l’impianto stesso.
In pratica, si segnala che una semplice “diffida” del manutentore al proprietario dell’impianto affinché non lo utilizzi in quanto pericoloso non costituisce quella ”messa fuori servizio” dell’impianto stesso che deve essere effettuata dal tecnico abilitato che ha riscontrato la non idoneità dell’impianto a funzionare.
Secondo la Corte di Cassazione, infatti, la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che "quando l'obbligo di impedire l'evento ricade su più persone che debbano intervenire o intervengano in tempi diversi, il nesso di causalità tra la condotta omissiva o commissiva del titolare di una posizione di garanzia (il Responsabile Tecnico dell’impresa di manutenzione abilitata ai sensi del DM 37/08) non viene meno per effetto del successivo mancato intervento da parte di un altro soggetto, parimenti destinatario dell'obbligo di impedire l'evento, configurandosi, in tale ipotesi, un concorso di cause ai sensi dell'articolo 41, comma primo, C.P.”.
La mancata eliminazione, a parere della Corte, “di una situazione di pericolo (derivante da fatto commissivo od omissivo dell'agente), ad opera di terzi, non è una distinta causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento, ma una causa/condizione negativa grazie alla quale la prima continua ad essere efficace”.
In pratica, la sentenza afferma che “non è sufficiente che il successivo garante, o uno dei successivi (il manutentore/installatore), intervenga, ma è indispensabile che, intervenendo, sollecitato o meno dal precedente garante (il proprietario/conduttore dell’impianto), rimuova effettivamente la fonte di pericolo dovuta alla condotta (azione od omissione) di quest'ultimo, con la conseguenza che, ove l'intervento risulti incompleto, insufficiente, tale da non rimuovere quella fonte, il precedente garante, qualora si verifichi l'evento, anche a causa del mancato rispetto, da parte sua, di quelle norme precauzionali, non può non risponderne”.
Ed a nulla valgono i rilievi circa il fatto che la “messa fuori servizio” dell’impianto avrebbe comportato un intervento su parti dell’impianto di proprietà esclusiva del conduttore/proprietario dell’appartamento nel quale è installato l’impianto stesso.
Nel dispositivo della sentenza viene infatti giudicata infondata l’interpretazione, avanzata dalla difesa dell’imputato (una ditta manutentrice) circa una eventuale “erronea applicazione dell'art. 40 c.p. per la mancanza di fonte giuridica dei poteri autoritativi connessi alla messa fuori servizio dell'impianto, i quali dovrebbero essere individuati (sempre secondo la difesa dell’imputato) in capo ad un soggetto pubblico, piuttosto che al tecnico manutentore”. Secondo la Corte, infatti, la "messa fuori servizio dell'apparecchio doveva essere effettuata dal tecnico che riscontrasse l'inidoneità, che avrebbe dovuto anche diffidare il proprietario dell'impianto dall'utilizzarlo ed indicare le prescrizioni necessarie per la messa a norma dello stesso”.
Nel rigettare quindi il ricorso dell’imputato, la Corte di Cassazione sottolinea che i doveri gravanti sul manutentore sono stati adeguatamente motivati nella sentenza della Corte d’Appello avverso la quale l’imputato era ricorso in Cassazione, motivazioni che avevano evidenziato “sia gli aspetti di colpa specifica, connessa all'obbligo del tecnico di chiudere l'impianto controllato, nel caso di inidoneità funzionale ovvero, come nel caso di specie, logistica, ossia di situazione ‘pericolosa per la sicurezza delle persone, degli animali domestici e dei beni’ (…) ed anche sia i profili di colpa generica, ossia l'imperizia ed anche la negligenza, ascrivibili all'imputato”.
Questa sentenza pone indubbiamente seri interrogativi circa il comportamento che il tecnico deve adottare nel caso in cui, nel corso delle operazioni di controllo e manutenzione, rilevi situazioni tali da costituire un oggettivo pericolo nell’utilizzo normale dell’impianto. Per evitare problemi, pertanto, il tecnico manutentore dovrà attenersi a determinate regole di condotta e ad adottare provvedimenti tali da rendere evidente una riapertura non autorizzata dell’erogazione del gas.
In pratica, ed è questo il comportamento che CNA Installazione Impianti consiglia, per salvaguardarsi da eventuali contestazioni, il manutentore dovrà eseguire le seguenti operazioni:
1. mettere fuori servizio l’impianto;
2. diffidare per iscritto l’occupante (il responsabile) dall’utilizzo dell’impianto;
3. indicare le operazioni necessarie per il ripristino delle condizioni di sicurezza.