Il parere di...

Silenzio assenso, il parere del Consiglio di Stato sulla riforma Madia

Chiarimenti sull'ambito di applicazione del nuovo istituto, sui rapporti con la conferenza di servizi, sulle modalità di formazione e sull’esercizio del potere di autotutela

giovedì 14 luglio 2016 - Redazione Build News

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Con il parere n.1640/2016 depositato il 13 luglio (IN ALLEGATO), l'Adunanza della Commissione speciale del Consiglio di Stato del 23 giugno si è pronunciata su un articolato quesito presentato dall’Ufficio legislativo del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione in merito ad alcuni problemi applicativi dell’art. 17-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, introdotto dall’art. 3 della legge 7 agosto 2015, n. 124.

La norma così recita:

1. Nei casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche, le amministrazioni o i gestori competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta entro trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, corredato della relativa documentazione, da parte dell'amministrazione procedente. Il termine è interrotto qualora l'amministrazione o il gestore che deve rendere il proprio assenso, concerto o nulla osta rappresenti esigenze istruttorie o richieste di modifica, motivate e formulate in modo puntuale nel termine stesso. In tal caso, l'assenso, il concerto o il nulla osta è reso nei successivi trenta giorni dalla ricezione degli elementi istruttori o dello schema di provvedimento; non sono ammesse ulteriori interruzioni di termini.

2. Decorsi i termini di cui al comma 1 senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito. In caso di mancato accordo tra le amministrazioni statali coinvolte nei procedimenti di cui al comma 1, il Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, decide sulle modifiche da apportare allo schema di provvedimento.

3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche. In tali casi, ove disposizioni di legge o i provvedimenti di cui all'articolo 2 non prevedano un termine diverso, il termine entro il quale le amministrazioni competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta è di novanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell'amministrazione procedente. Decorsi i suddetti termini senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito.

4. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei casi in cui disposizioni del diritto dell'Unione europea richiedano l'adozione di provvedimenti espressi.”

IL QUESITO. Il quesito solleva alcuni dubbi interpretativi che riguardano:

- l’ambito di applicazione soggettivo del nuovo istituto;

- l’ambito di applicazione oggettivo;

- i rapporti con la conferenza di servizi;

- le modalità di formazione del silenzio-assenso e l’esercizio del potere di autotutela dopo la formazione del silenzio-assenso (prima e dopo l’adozione del provvedimento finale).

APPLICABILITÀ A REGIONI ED ENTI LOCALI. Per quanto riguarda la delimitazione dell’ambito di applicazione soggettivo e segnatamente l’applicabilità del nuovo istituto anche a Regioni ed enti locali, la Commissione speciale condivide la tesi positiva, pur richiamando l’attenzione dell’amministrazione riferente in ordine alla opportunità di intensificare, in attuazione del principio di leale collaborazione, ogni forma di coordinamento istituzionale diretto a garantire l’omogenea applicazione delle nuove regole di semplificazione, nel rispetto dell’autonomia organizzativa delle Regioni e degli enti locali.

APPLICABILITÀ AGLI ORGANI POLITICI. Risulta condivisibile anche la tesi favorevole all’applicazione del silenzio-assenso agli organi politici. La Commissione speciale ritiene che la norma si applichi agli organi politici sia quando essi adottano atti amministrativi o normativi, sia quando sono chiamati ad esprimere concerti, assensi o nulla osta comunque denominati nell’ambito di procedimenti per l’adozione di atti amministrativi o normativi di competenza di altre Amministrazioni.

APPLICABILITÀ ALLE AUTORITÀ INDIPENDENTI. Anche con riferimento alle Autorità indipendenti, risulta preferibile la soluzione favorevole all’applicazione del nuovo meccanismo di semplificazione, conforme all’ampio tenore letterale della disposizione. Non emergono ragioni di incompatibilità con la particolare autonomia di cui godono le autorità indipendenti e, del resto, una diversa conclusione risulterebbe in contrasto con la natura amministrativa ormai ad esse pacificamente riconosciuta.

La nuova disposizione risulta applicabile alle Autorità indipendenti sia nella parte in cui prevede il termine di trenta giorni per rendere (o ricevere) l’assenso, sia nella parte in cui prevede il silenzio-assenso in caso di inerzia.

APPLICABILITÀ AI GESTORI DI BENI E SERVIZI PUBBLICI. Per il Consiglio di Stato appare preferibile la tesi secondo cui la norma si applica ai gestori di beni e servizi pubblici anche quando siano titolari del procedimento (e debbano acquisire l’assenso di altre amministrazioni) e non solo quando siano chiamati a dare l’assenso nell’ambito di procedimenti di altre Amministrazioni.

Appare dirimente a favore di tale conclusione il riferimento alla nozione (di matrice comunitaria ed ormai accolta dalla prevalente giurisprudenza) “oggettiva” e “funzionale” di pubblica Amministrazione, in virtù della quale si considera pubblica amministrazione ogni soggetto che, a prescindere dalla veste formale-soggettiva, sia tenuto ad osservare, nello svolgimento di determinate attività o funzioni, i princìpi del procedimento amministrativo.

APPLICABILITÀ AGLI ATTI NORMATIVI. La norma si applica anche ai procedimenti diretti all’emanazione di atti normativi in virtù di un espresso dato testuale: il primo periodo del comma 1 contiene un esplicito riferimento ai procedimenti per l’adozione degli atti normativi.

APPLICABILITÀ A PROCEDIMENTI RELATIVI A INTERESSI PUBBLICI PRIMARI. La formulazione testuale del comma 3 consente di accogliere la tesi favorevole all’applicabilità del meccanismo di semplificazione anche ai procedimenti di competenza di amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili, ivi compresi i beni culturali e la salute dei cittadini. Sul punto la formulazione letterale del comma 3 è chiara e non lascia spazio a dubbi interpretativi: le Amministrazioni preposte alla tutela degli interessi sensibili beneficiano di un termine diverso (quello previsto dalla normativa di settore o, in mancanza, del termine di novanta giorni), scaduto il quale sono, tuttavia, sottoposte alla regola generale del silenzio assenso.

RAPPORTO CON GLI ARTT. 16 E 17 LEGGE N. 241/1990. Il Consiglio di Stato evidenzia che il coordinamento del silenzio assenso introdotto dall’art. 17-bis con i meccanismi di semplificazione previsto dagli artt. 16 e 17 è particolarmente problematico.

In linea di massima, gli artt. 16 e 17 fanno riferimento ad atti di altre amministrazioni da acquisire (al di là del nomen iuris) nella fase istruttoria, mentre l’art. 17-bis fa riferimento ad atti da acquisire nella fase decisoria, dopo che l’istruttoria si è chiusa. Il comma 1 prevede, infatti, che all’Amministrazione che deve esprimere l’assenso venga inviato uno schema di provvedimento, corredato dalla relativa documentazione.

Il riferimento allo schema di provvedimento implica che si sia già chiusa la fase istruttoria, dovendosi ritenere che siano proprio le risultanze dell’istruttoria a consentire all’Amministrazione procedente l’elaborazione dello schema di decisione sul quale l’Amministrazione interpellata esprimerà il proprio assenso.

L’art. 17-bis è, quindi, destinato ad applicarsi solo ai procedimenti caratterizzati da una fase decisoria pluristrutturata e, dunque, nei casi in cui l’atto da acquisire, al di là del nomen iuris, abbia valenza codecisoria. In base a tali considerazioni, deve, allora, ritenersi che la disposizione sia applicabile anche ai pareri vincolanti, e non, invece, a quelli puramente consultivi (non vincolanti) che rimangono assoggettati alla diversa disciplina di cui agli artt. 16 e 17 della legge n. 241 del 1990.

Gli interessi sensibili, quindi, restano pienamente tutelati nella fase istruttoria, non potendo la decisione finale essere assunta senza che tali interessi siano stati ritualmente acquisiti al procedimento, tramite l’obbligatorio parere o l’obbligatoria valutazione tecnica di competenza dell’Amministrazione preposta alla loro cura: la legge n. 124, infatti, non è intervenuta sulla vigenza del comma 3 dell’art. 16 (fermo restando ovviamente anche il relativo regime di responsabilità disciplinare, civile e penale in caso di ingiustificata omissione, da parte dell’amministrazione competente, di un’attività dovuta).

Quanto alla successiva fase decisoria, anche nei casi in cui opera il silenzio-assenso, l’interesse sensibile dovrà comunque essere oggetto di valutazione, comparazione e bilanciamento da parte dell’amministrazione procedente.

NON APPLICABILITÀ AGLI ATTI CHE ATTENGONO ALLA C.D. FASE COSTITUTIVA DELL’EFFICACIA: IL “BOLLINO” DELLA RAGIONERIA GENERALE DELLO STATO. L’applicabilità della norma ai soli casi di atti che hanno natura codecisoria esclude, per ragioni analoghe a quelle appena esposte con riferimento agli atti della fase istruttoria, che il silenzio-assenso possa sostituire atti che si collocano in un momento successivo a quello della decisione, riguardando, questi, la fase costitutiva dell’efficacia del provvedimento.

Non si applica, ad esempio, al c.d. ‘bollino’ della Ragioneria Generale dello Stato, previsto dall’art. 17, comma 10, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

NON APPLICABILITÀ DELL’ART. 16 AI PROCEDIMENTI NORMATIVI. La richiamata ontologica differenza che esiste tra atti normativi ed atti amministrativi esclude, come principio generale, che le disposizioni dettate dalla legge n. 241 del 1990 si applichino, salvo che sia diversamente ed espressamente previsto nel corpo delle singole disposizioni, ai procedimenti normativi, da sempre sottoposti a regole differenti.

NON APPLICABILITÀ AI PROCEDIMENTI AD INIZIATIVA DI PARTE CHE SI SVOLGONO PRESSO UN’AMMINISTRAZIONE COMPETENTE A RICEVERE LA DOMANDA DEL PRIVATO MA RISPETTO AI QUALI LA COMPETENZA SOSTANZIALE È DI ALTRA AMMINISTRAZIONE. Con riferimento ai procedimenti ad iniziativa di parte che si svolgono presso un’amministrazione competente a ricevere la domanda del privato, ma rispetto ai quali la competenza sostanziale è di altra amministrazione, gli argomenti sostenuti nella richiesta di quesito a favore della tesi ampliativa non appaiono convincenti.

RAPPORTI CON LA CONFERENZA DI SERVIZI. La tesi secondo cui l’art. 17-bis trova applicazione nel caso in cui l’Amministrazione procedente debba acquisire l’assenso di una sola Amministrazione, mentre nel caso di assensi da parte di più Amministrazioni opera la conferenza di servizi, rappresenta, in effetti, quella che fornisce il criterio più semplice per la risoluzione dell’apparente sovrapposizione normativa.

In alternativa, per estendere l’ambito applicativo dell’art. 17-bis in modo che appaia, comunque, compatibile con il suo tenore letterale, si potrebbe sostenere che il silenzio assenso di cui all’art. 17-bis opera sempre (anche nel caso in cui siano previsti assensi di più amministrazioni) e, se si forma, previene la necessità di convocare la conferenza di servizi. Quest’ultima andrebbe convocata, quindi, nei casi in cui il silenzio assenso non si è formato a causa del dissenso espresso dalle Amministrazioni interpellate, e avrebbe lo scopo di superare quel dissenso nell’ambito della conferenza appositamente convocata.

La tesi sostenuta nella richiesta di parere, volta a evidenziare la tendenziale identità tra il meccanismo dell’art. 17-bis e la conferenza semplificata asincrona, come sarebbe disciplinata dallo schema di decreto legislativo da emanare in attuazione della delega di cui all’art. 2 della legge n. 124 del 2015, pur essendo in linea di principio condivisibile, trova, tuttavia, un ostacolo nella diversa disciplina dei meccanismi per il superamento dei “contrasti”, rispettivamente disciplinata dal comma 2 dell’art. 17-bis e dall’art. 14-quinquies dello schema di decreto legislativo.

Pur essendo in entrambi i casi la decisione finale affidata al Presidente del Consiglio, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, la disciplina della conferenza di servizi si caratterizza per una maggiore complessità, offrendo maggiori garanzie procedimentali, anche al fine di attuare il principio di leale collaborazione tra le diverse Amministrazioni coinvolte.

LE PROBLEMATICHE DELL’ART. 17-BIS, COMMA 2, SECONDO PERIODO. Palazzo Spada segnala che la disciplina del superamento del disaccordo prevista dall’art. 17-bis, comma 2, secondo periodo, oltre a presentare le segnalate difficoltà di coordinamento con la corrispondente disciplina della conferenza di servizi, solleva ulteriori perplessità.

In primo luogo, non risulta appropriata la sedes materiae prescelta per l’introduzione di tale norma: essa, infatti, disciplina un meccanismo sostitutivo che presuppone il dissenso espresso, che, dunque, non si applica per definizione nelle ipotesi di silenzio assenso che costituiscono l’oggetto specifico dell’art. 17-bis.

In secondo luogo, il riferimento testuale alle “modifiche da apportare allo schema del provvedimento” presenta elementi di ambiguità, perché non tiene conto dell’eventualità che il Presidente del Consiglio possa risolvere il conflitto senza modificare lo schema del provvedimento, ma recependo integralmente la posizione dell’Amministrazione procedente. La norma, quindi, avrebbe dovuto specificare (e, in tal senso, va comunque interpretata) che le modifiche da apportare al provvedimento sono solo “eventuali”, dovendosi riconoscere la possibilità che il conflitto sia risolto senza apportare modifiche.

FORMAZIONE DEL SILENZIO ASSENSO E FIRMA DEL PROVVEDIMENTO. Per quanto riguarda la firma del provvedimento, appaiono condivisibili le conclusioni sostenute nella richiesta di quesito, nel senso che è sufficiente, da parte dell’Amministrazione procedente, l’invio formale del testo non ancora sottoscritto, in vista della successiva eventuale sottoscrizione di un testo condiviso (nell’ipotesi in cui l’Amministrazione interpellata esprima un assenso espresso).

La Commissione del Consiglio di Stato ritiene che l’art. 17-bis – come, in generale, tutte le disposizioni che prevedono il silenzio assenso – legittimi l’espressione della volontà provvedimentale anche attraverso l’inerzia prolungata per un determinato termine. In tal caso, dunque, la motivazione esplicita non è più richiesta come elemento strutturale dell’atto.

AUTOTUTELA. Come rileva la richiesta di parere, il problema dell’autotutela va affrontato distinguendo la fase successiva all’adozione – anche formale – del provvedimento finale (sulla base del silenzio-assenso dell’Amministrazione interpellata) da quella compresa tra la formazione del silenzio-assenso (scaduto il termine previsto dall’art.17-bis per l’espressione della posizione dell’amministrazione concertante) e l’adozione formale del provvedimento finale.

Nel primo caso, non può che applicarsi il principio del contrarius actus in base al quale l’eventuale esercizio del potere di riesame in autotutela deve seguire il medesimo procedimento d’emanazione dell’atto che si intende rimuovere o modificare.

Nel caso in cui, invece, il provvedimento finale non sia stato ancora adottato formalmente, nonostante la formazione del silenzio assenso, la questione dell’autotutela solleva alcuni profili problematici.

Appare preferibile ritenere che il termine di trenta giorni (o il diverso termine per le Amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili) abbia natura perentoria e, dunque, che la sua scadenza faccia venire meno il potere postumo di dissentire, impedendo l’adozione formale dell’atto.

Una volta formato il silenzio assenso (ma prima dell’adozione formale dell’atto), l’amministrazione concertante, in presenza dei presupposti dell’autotutela potrà evidenziare le ragioni di illegittimità o le ragioni che giustificherebbero la revoca dell’atto, nell’ottica del principio di leale collaborazione tra Amministrazioni, segnalando all’Amministrazione procedente ragioni di opportunità o illegittimità che, a suo avviso, precludono l’adozione del provvedimento finale.

L’ultima decisione sull’adozione del provvedimento finale spetterà, tuttavia, all’Amministrazione procedente, la quale, nonostante la segnalazione ricevuta, potrà, comunque, decidere, assumendosene la responsabilità, di avvalersi del silenzio-assenso e di adottare il provvedimento finale.

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