È rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della norma contenuta nell’art. 36, comma 3, d.P.R. n. 380 del 2001, di previsione del silenzio-diniego sull’istanza di sanatoria edilizia, dopo 60 giorni dalla sua presentazione, in relazione agli artt. 3, 24 e 113 in via mediata, e 97 della Costituzione.
Lo ha affermato il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda Bis, nell'ordinanza n. 8854/2021 pubblicata il 22 luglio.
Ha chiarito la Sezione che con riferimento ai profili di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., il riconnettere all’inerzia dell’Amministrazione sull’istanza di sanatoria un effetto di diniego, introduce un sicuro elemento di incertezza nel rapporto tra cittadino e Soggetto pubblico, impedendo al primo di poter comprendere le ragioni della reiezione, e costringendolo, ove non presti adesione, a ricorrere ad una tutela giurisdizionale “al buio”, con aggravamento della propria posizione processuale.
In relazione all’art. 24 Cost., occorre segnalare che, laddove l’interessato si rivolga al Giudice, lo stesso è costretto a impugnare un silenzio qualificato dal legislatore come provvedimento negativo, dunque del tutto sprovvisto di motivazione, dovendo, senza apprezzabili punti di riferimento, da un lato tentare di individuare i possibili motivi di rigetto, dall’altro cercare di affermare le ragioni di doppia conformità urbanistico-edilizia dell’abuso.
Quanto ai parametri di buon andamento, imparzialità e trasparenza, di cui all’art. 97 Cost., va detto che gli stessi, per come declinati dal legislatore ordinario, in primo luogo con la l. n. 241 del 1990, impongono all’Amministrazione di rispondere alle istanze dei privati in tempi certi, previo adeguato contraddittorio procedimentale, e con provvedimenti espressi e motivati.
Con riferimento in ultimo all’art. 113 Cost., occorre rilevare che l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale avverso gli atti della pubblica amministrazione è reso più gravoso dall’assenza in sostanza di un vero e proprio atto amministrativo - sussistente solo come fictio iuris -, a cui rivolgere le proprie censure, oltre che, come visto, dalla mancata evidenziazione delle ragioni a supporto.
Tutto ciò altererebbe anche la struttura dell’ordinamento, articolata secondo il principio della separazione dei poteri, richiedendosi al Giudice di intervenire pressochè in veste di Organo di amministrazione attiva.
In allegato l'ordinanza