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Sisma Centro Italia, dopo due anni rimosso meno del 50% delle macerie pubbliche

Il report di Legambiente: delle 21 scuole previste dalla prima ordinanza ne sono state ricostruite solo tre

lunedì 27 agosto 2018 - Redazione Build News

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A due anni dal terremoto che il 24 agosto del 2016 devastò Amatrice e il Centro Italia, la ricostruzione procede ancora troppo a rilento. In particolare quella delle scuole e la rimozione delle macerie restano ancora i due talloni di Achille. A confermarlo i numeri raccolti da Legambiente nel report "Lo stato di avanzamento dei lavori nelle aree post sisma” dove l’associazione ambientalista fa il punto sulla ricostruzione delle scuole, la gestione e il recupero delle macerie, la consegna delle SAE e la messa in sicurezza del patrimonio culturale e attraverso questo lavoro torna a denunciare i ritardi dovuti anche alla mancanza di una pianificazione preventiva che ha fatto partire in ritardo la macchina.

Nonostante in questi anni con le tre ordinanze (14 e 33 del 2017 e la 56 del 2018) siano stati previsti interventi di riqualificazione o nuove edificazioni per ben 235 edifici scolastici, sembrano tuttavia ancora lontani i tempi di realizzazione visto che la maggior parte dei cantieri sono ancora in fase di progettazione o di attuazione. In particolare, delle 21 scuole individuate con la prima ordinanza (n.14) e da realizzare entro l’anno scolastico 2017-2018, ne sono state ricostruite solo tre: la scuola per l'infanzia di Via Don Petruio a Fabriano, la scuola Romolo Capranica ad Amatrice e la scuola di Crognaleto; avviati i lavori di edificazione delle scuole di Giano e Foligno in Umbria, dei Poli scolastici di Macerata e San Ginesio nelle Marche e della scuola di Accumuli nel Lazio. Sul fronte del recupero delle macerie pubbliche, sono 1.077.037 (40%) le macerie pubbliche che, al 31 luglio 2018, risultano essere state rimosse nelle quattro regioni (Abruzzo 12% macerie raccolte, Marche 43%, Lazio 39% e Umbria 72%) su un totale stimato di 2.667.000 tonnellate. Il principale motivo dei ritardi è dato dal tempo occorso per far partire la macchina. Legambiente ricorda che a maggio 2017, a dieci mesi dal primo sisma, era stato raccolto solo il 4% di macerie. Ha pesato la mancanza di pianificazione preventiva, visto che ci sono voluti mesi per individuare e autorizzare siti temporanei idonei a conferire le macerie. In Abruzzo il sito presso la Cava di Mozzano a Capitignano, che riceve le macerie di Campotosto, Capitignano e Montereale, è stato reso operativo solo ad aprile 2018. La mancanza di mappe del materiale pericoloso e di quello storico ha rallentato la rimozione. I tempi delle demolizioni e quelli della rimozione, affidati a soggetti diversi, molto spesso non sono coordinati. I camion, nelle Marche ed in particolare nel Lazio, hanno dovuto percorrere lunghi tratti di strade dell’Appennino per depositare i materiali rimossi. E poi c’è il problema della gestione delle macerie private, quelle che saranno prodotte dalle demolizioni che faranno i privati, di cui manca una stima e la partita innovativa da giocare legata al recupero degli inerti. In Umbria solo il 20% delle 70 mila tonnellate di inerti finora è stato utilizzato dai comuni. Nelle Marche le imprese a cui vengono conferiti gli inerti sono a rischio saturazione, se non si sollecita e si organizza la domanda di aggregati reciclati nella ricostruzione. Stesso discorso per Lazio e Abruzzo.

PROPOSTE AL GOVERNO. Alla luce di tutto ciò, Legambiente lancia le sue proposte al Governo per una ricostruzione più celere e di qualità a partire da un maggiore e significativo sostegno ai Comuni, con personale adeguato numericamente e professionalmente; e avviando una discussione seria e aperta su come dotare il nostro paese di una legge quadro per affrontare le emergenze, che faccia tesoro dell’esperienza, per evitare che per ogni disastro si ricominci ogni volta daccapo, secondo il Governo di turno. In particolare l’associazione chiede all’Esecutivo di istituire una struttura nazionale di coordinamento che collabori e aiuti gli Enti Locali.

È ormai sempre più evidente che la ricostruzione nel centro Italia continui a incontrare problemi, procedendo a rilento e a fatica rispetto a interventi fondamentali che riguardano edifici pubblici e privati. In questi due anni dal sisma - dichiara Edoardo Zanchini, Vicepresidente nazionale di Legambiente – si è continuato a intervenire con provvedimenti tampone, decreti e emendamenti alle norme vigenti. Per far accelerare sul serio la ricostruzione occorre rafforzare il supporto agli Enti Locali e costruire un quadro organico di riferimenti normativi per accelerare e rendere finalmente trasparenti le procedure di interventi. A ricordarci quanto sia urgente un cambio di passo sono i territori di Marche, Molise, Abruzzo e Emilia Romagna che in questi mesi hanno continuato a tremare. Al Governo chiediamo di fare chiarezza rispetto a come intende attrezzarsi per gestire i rischi del territorio italiano dopo che in questi anni sono stati tolti poteri e compiti della protezione civile e che nelle scorse settimane sono state chiuse le strutture di missione su scuole e dissesto, oltre che Casa Italia. A nostro avviso è fondamentale che l’Esecutivo istituisca in tempi rapidi una struttura nazionale di coordinamento per affrontare i rischi del territorio italiano, che collabori e aiuti gli Enti Locali. Una sfida fondamentale riguarda sicuramente la gestione delle macerie, e il nostro auspicio è che il Ministro dell’ambiente Costa, che ha appena ricevuto la delega sull’economia circolare, possa svolgere in questo campo un forte ruolo di indirizzo e coordinamento nei confronti delle Regioni.

RICOSTRUZIONE DELLE SCUOLE. Tornando ai dati raccolti nel report, sul fronte della ricostruzione delle scuole Legambiente ricorda che quello dell'edilizia scolastica è un nodo centrale per la messa in sicurezza e prevenzione del rischio di questi territori in area sismica che già era evidente dalla lettura dei dati presenti nell’anagrafe dell'edilizia scolastica del MIUR all’a.s. 2015-2016 in relazione ai 575 edifici scolastici dei 122 comuni del cratere in cui erano presenti le scuole: ben il 66,5% sono stati edificati prima della normativa antisismica del 1974 e meno del 20% sono progettati o adeguati alla normativa antisismica pur insistendo ben 172 edifici in area sismiche 1 e 2, ovvero soggette a terremoti forti e fortissimi. Per Legambiente quello che in particolare stupisce, che i territori del centro Italia avevano già subito recentemente nel 1997 e nel 2009 due importanti terremoti i cui fondi non sono però intervenuti per fare una programmazione a tappeto della messa in sicurezza antisismica di quelle scuole che per vetustà, inadeguatezza strutturale e vulnerabilità non erano adeguate ad ospitare gli studenti.

SAE. Per quanto riguarda invece le SAE (soluzioni abitative per l’emergenza), al 22 agosto 2018, stando agli ultimi dati riportati sul sito della Protezione civile, sono ancora 231 quelle che devono essere consegnate ai sindaci di 10 comuni. Ma nel report Legambiente ricorda che potrebbero essere molto di più le SAE che non sono state consegnate alle famiglie, la Protezione Civile avverte infatti che la consegna delle SAE al sindaco non vuole necessariamente significare che le case siano state consegnate alle famiglie. Anche sul fronte dei moduli abitativi, in questi anni ci sono stati molti ritardi e problemi che per l’associazione ambientalista collegati anche ad una mancata pianificazione preventiva delle aree preposte ad ospitare gli sfollati in caso di emergenza. Se ci fosse stata prima una pianificazione si sarebbe potuto accelerare di molto i tempi. Da un’analisi dello stato di avanzamento dei lavori si evince, infatti, che molto è dipeso dai tempi in cui i Comuni hanno individuato e segnalato le aree idonee ad ospitare le SAE. Per esempio, per il Comune di Camerino solo a fine aprile 2017 è stata consegnata la prima area idonea e le ultime due a novembre scorso, a oltre un anno dal sisma.

MESSA IN SICUREZZA DEI BENI CULTURALI. Infine, nel report Legambiente fa il punto sulla messa in sicurezza dei beni culturali. La stessa relazione presentata a metà luglio dal segretario dell’Unità di crisi regionale MIBACT delle Marche evidenzia una vera e propria emergenza sullo stato del patrimonio culturale recuperato nelle Marche, la regione più colpita. Qui dei 13.211 beni mobili complessivamente recuperati, solo 1.563 si trovano in 2 depositi gestiti dal MIBACT. Uno è la Mole Vanvitelliana di Ancona, data in concessione gratuita al MIBACT dal Comune di Ancona ed ospita 1.423 beni, l’altro è il Forte Malatesta di Ascoli Piceno di proprietà del Demanio dato in concessione al Comune di Ascoli Piceno, sede del Museo Civico che ai piani inferiori ospita i restanti 140 beni. Gli altri 11.648 sono in vari luoghi di ricovero: tre depositi nella Diocesi di Camerino, due depositi nella Diocesi di Ascoli Piceno, uno nella Diocesi di Fermo, un deposito nel comune di Amandola, uno nell’Istituto Campana a Osimo. E poi "altri luoghi di ricovero temporaneo”, per esempio "conventi annessi alle chiese danneggiate”. Inoltre non tutte le opere sono state tolte dagli imballaggi provvisori, sono ancora numerosi gli affreschi su cui è necessario intervenire per metterli in sicurezza. Per questo Legambiente rivolge un appello anche al Ministro Bonisoli affinché vi sia da parte sua un vivo interessamento dato che il patrimonio culturale marchigiano aspetta ancora di essere messo in sicurezza.

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