Quasi la metà dei comuni italiani – 48% - ha avviato almeno un progetto di 'smart city' negli ultimi tre anni, ma la maggior parte delle iniziative (63%) si arena dopo la fase di slancio iniziale. I principali ostacoli sono la mancanza di risorse e di competenze, oltre alla governance non definita. Per far partire la 'smart city' è necessario definire una strategia nazionale condivisa.
E' la fotografia che emerge dalla ricerca “Smart city” dell'Osservatorio internet of things della school of management del Politecnico di Milano.
I segnali di miglioramento ci sono, ma "l'Italia delle 'smart city' non ha ancora compiuto il salto di qualità", spiega il rapporto consultato dall'Ansa, secondo cui nel 2018 tre comuni su quattro hanno in programma nuovi progetti per rendere le città "intelligenti", ma resta la difficoltà ad estendere le sperimentazioni all'intero territorio cittadino e a integrarle in una strategia di lungo termine. Per quanto riguarda le iniziative degli ultimi anni, si sono concentrati soprattutto su illuminazione intelligente (nel 52% dei Comuni), servizi turistici (43%), raccolta rifiuti (41%), mobilità (gestione del traffico 40%, gestione parcheggi 33%) e sicurezza (39%). Tra le città che stanno portando avanti programmi di ampio respiro sulla scia delle grandi città europee, ci sono grandi realtà come Milano e Torino, ma anche realtà di medie dimensioni, come Cremona e Firenze. Due comuni su tre, però, non utilizzano i dati raccolti all'interno dei progetti perdendo importanti opportunità per abilitare nuovi servizi per i cittadini. Segnali positivi invece sul fronte delle nuove reti di comunicazione per l'Iot, con alcune importanti evoluzioni nel 2017, a partire dalla sperimentazione del 5G.
"Per superare la situazione attuale è fondamentale una strategia nazionale condivisa - spiega il direttore dell'Osservatorio Internet of things, Angela Tumino. A livello centrale bisogna stabilire impegni e priorità per i comuni cercando di trovare il giusto compromesso tra l'attuale anarchia dei progetti, in cui ogni città si trova a dover affrontare i problemi autonomamente, e il rischio di un'eccessiva centralizzazione che non consentirebbe di tener conto delle peculiarità dei comuni e della loro autonomia decisionale". (fonte: Ansa)