“La capacità patrimoniale e/o reddituale del socio degli organismi di attestazione è un requisito essenziale ai fini dell’accertamento del principio di indipendenza degli stessi, in tutti i casi in cui i soci sono chiamati ad effettuare apporti di denaro in favore della SOA.
La mancanza, infatti, di una capacità patrimoniale o reddituale proporzionata all’acquisto delle azioni o all’entità del finanziamento possono celare intestazioni fittizie di azioni o trasferimenti fiduciari idonei ad alterare la compagine societaria, facendo apparire socio chi non lo è e nascondendo al tempo stesso il titolare effettivo della partecipazione sociale”.
Lo ha precisato la sesta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 3290/2015 depositata il 2 luglio, con la quale Palazzo Spada ha respinto l'appello proposto da una Soa (Società organismo di attestazione) contro il provvedimento dell'allora Avcp (ora Autorità nazionale anticorruzione) che ha disposto la revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività di attestazione n. 25 del 30 novembre 2000, in applicazione dell’art. 73, comma 4, del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 (Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE»).
Il Consiglio di Stato ha dunque condiviso il giudizio conclusivo su cui si fonda il provvedimento dell'Autorità impugnato, volto ad evidenziare in capo ai soci della società appellante l’assenza di una adeguata capacità economica o reddituale e, quindi, la conseguente violazione dei principi di indipendenza, autonomia e trasparenza della SOA.
I RILIEVI DEL CONSIGLIO DI STATO. Secondo Palazzo Spada la provvista dei versamenti effettuati in favore della Soa da parte dei soci deve provenire direttamente da questi ultimi, a nulla rilevando, ai fini della valutazione del rispetto dei principi di indipendenza da parte dell’Autorità, che la provvista per tali finanziamenti provenga dal nucleo familiare degli stessi.
“La circostanza che il finanziatore esterno sia un familiare delle azioniste non pregiudica la correttezza delle conclusioni cui è giunta l’Autorità. Ciò che giustifica il provvedimento di revoca adottato dall’Autorità – osserva il Consiglio di Stato - non è tanto la impossibilità di identificare il finanziatore o l’esistenza, in quanto tale, di un finanziamento. La revoca trova il suo fondamento nel venir meno dei requisiti di indipendenza della SOA come conseguenza dell’accertata carenza in capo ai suoi azioni dei necessari requisiti di capacità patrimoniale e reddituale. L’esame della vicenda oggetto del presente giudizio presenta plurimi elementi che sono depongono univocamente nel senso della mancanza dei suddetti requisiti”.
Ovviamente, precisa Palazzo Spada, sarebbe eccessivo ritenere che ogni forma di finanziamento esterno sia di per sé sintomo di una carenza di capacità patrimoniale o reddituale. Il ricorso al mercato del credito (specie a quello bancario) rappresenta, invero, un aspetto comune o fisiologico nello svolgimento dell’attività di impresa, che non può ritenersi in quanto tale precluso ai soci delle Soa.
Ciò che rileva in senso preclusivo al mantenimento dell’autorizzazione non è, come si è già detto, il finanziamento in quanto tale. E’ necessario compiere una verifica ulteriore per accertare che quel finanziamento, valutato alla luce di tutte le circostanze del fatto concreto, sia tale da denotare ragionevolmente una sostanziale assenza di capacità economica o reddituale (e, dunque, una sostanziale assenza di autonomia decisionale e di indipendenza) in capo al socio finanziato.
Nel caso di specie, tali elementi indizianti sussistono e sono valorizzati dal provvedimento impugnato.