Per il recupero a fini abitativi dei sottotetti è richiesto come presupposto che sia identificabile come già esistente un volume sottotetto passibile di recupero, cioè di riutilizzo a fini abitativi. Pertanto, è necessario che il sottotetto abbia, in partenza, dimensioni tali da essere praticabile e da poter essere abitabile, sia pure con gli aggiustamenti che occorrono per raggiungere i requisiti minimi di abitabilità.
Lo ha affermato il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento nella sentenza n. 20/2017 pubblicata il 19 gennaio.
Come spiega il sito della Giustizia amministrativa, il Trga Trento ha richiamato l’iter argomentativo di Tar Milano, sez. II, 15 aprile 2003, n. 1007 (ma v. anche id. 2 aprile 2010, n. 970), secondo cui non può ravvisarsi l’esistenza di un sottotetto laddove l’ultimo piano abitabile sia sormontato da uno spazio, compreso tra la soletta e la copertura in tegole, di entità tale da presentarsi come una mera intercapedine, di guisa che la realizzazione di vani abitabili finirebbe per risolversi non già nel recupero di uno spazio già esistente, ma nella sopraelevazione di un piano ulteriore.
Inoltre, richiamando la tesi (accolta) di parte ricorrente, i giudici amministrativi di Trento hanno precisato che non una qualsiasi parte di edificio immediatamente inferiore al tetto può ritenersi un “sottotetto” sfruttabile ai fini abitativi, ma solo quella parte che, a seconda dell’altezza, della praticabilità del solaio, delle modalità di accesso, dell’esistenza o meno di finestre e di vani interni, integra un volume già di per sé utilizzabile, praticabile ed accessibile, quantomeno come deposito o soffitta.