“Il tanto agognato tagliando alla 509 ce l’ha fatto la Corte costituzionale”. Questo il commento a caldo del presidente dell’AdEPP (Associazione delle Casse di previdenza private) Alberto Oliveti in merito alla sentenza n. 7/2017 della Corte costituzionale – LEGGI TUTTO – che ha dichiarato illegittimo il riversamento di denaro allo Stato da parte delle Casse di previdenza private per effetto della Spending review.
A seguito del suddetto pronunciamento della Consulta lo Stato potrebbe dover rimborsare quasi 30 milioni di euro alle Casse previdenziali. “La Cassa nazionale di previdenza dei ragionieri, di concerto con gli altri enti aderenti all’Adepp, intende attivarsi per la restituzione dell’indebito versamento effettuato a seguito della pronuncia di incostituzionalità della norma”, ha annunciato il presidente della Cassa di previdenza dei ragionieri Luigi Pagliuca.
La spending review è cominciata con l’applicazione di un prelievo del 5% nel 2012, poi aumentato fino al 15%. Nel solo anno 2015 la spending review è costata alle Casse aderenti all’AdEPP 10,8 milioni di euro.
Nella sentenza n. 7/2017 i giudici costituzionali hanno scritto che “l’ingerenza del prelievo statale rischia di minare quegli equilibri che costituiscono elemento indefettibile dell’esperienza previdenziale autonoma” e che il sistema, alternativo a quello pubblico, “merita di essere preservato da meccanismi – quali il prelievo a regime in esame – in grado di scalfirne gli assunti di base. Ciò anche in considerazione del fatto che detti assunti ne hanno, comunque, garantito la sopravvivenza senza interventi di parte pubblica per un ragguardevole periodo di tempo”.
L’AUTONOMIA VA RISPETTATA. La Consulta si è espressa esplicitamente a difesa dell’autonomia degli enti previdenziali privati. “Negli anni ’90 – si legge nella sentenza – il legislatore italiano ha ritenuto che i due sistemi [pubblico e privato, ndr] potessero coesistere in ragione delle specifiche peculiarità”. La Costituzione, osservano i giudici, non prevede l’obbligo di “realizzare un assetto organizzativo autonomo basato sul principio mutualistico” ma “una volta scelta tale soluzione, il relativo assetto organizzativo e finanziario deve essere preservato in modo coerente con l’assunto dell’autosufficienza economica, dell’equilibrio della gestione e del vincolo di destinazione tra contributi e prestazioni”.
PREVALGONO I DIRITTI DEGLI ISCRITTI. I magistrati hanno osservato che la disposizione censurata opera “in deroga all’ordinario regime di autonomia della Cassa, in parte alterando il vincolo funzionale tra contributi degli iscritti ed erogazione delle prestazioni previdenziali”.
Infatti per la Corte costituzionale “la scelta di privilegiare, attraverso il prelievo, esigenze del bilancio statale rispetto alla garanzia, per gli iscritti alla Cnpadc, di vedere impiegato il risparmio di spesa corrente per le prestazioni previdenziali non è conforme né al canone della ragionevolezza, né alla tutela dei diritti degli iscritti alla Cassa, garantita dall’art. 38 Cost., né al buon andamento della gestione amministrativa della medesima”.