Dal 2015 le spese per prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande sostenute direttamente dal committente non costituiscono più compensi per il professionista.
Quindi, il committente deduce le spese di vitto e alloggio a prescindere dalla ricezione della parcella e il professionista non le considera più né compensi in natura né spese per la produzione del reddito.
La novità è stata introdotta dal decreto legislativo n. 175/2014 sulle semplificazioni fiscali, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 277 del 28 novembre 2014 ed entrato in vigore il 13 dicembre.
LA CIRCOLARE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE. Con la circolare n. 31/E del 30 dicembre 2014, l'Agenzia delle Entrate ha precisato (LEGGI TUTTO) che il nuovo regime non trova applicazione per le spese diverse da quelle di vitto e alloggio, quali ad esempio quelle di trasporto, ancorché acquistate direttamente dal committente.
Tale conclusione viene giustificata in base alla considerazione che il nuovo testo del secondo periodo del comma 5 dell'art. 54 del TUIR, nello stabilire che le spese di vitto e alloggio acquistate direttamente dal committente non costituiscono compensi in natura per il professionista, “introduce una deroga al principio generale secondo il quale costituisce compenso per il professionista …il sostenimento delle spese direttamente da parte del committente”.
FONDAZIONE NAZIONALE DEI COMMERCIALISTI: "INTERPRETAZIONE A RISCHIO DI INCOSTITUZIONALITÀ". “È evidente in tale affermazione il ribaltamento della prospettiva che un'interpretazione storico-sistematica della normativa impone di adottare”, commenta la Fondazione nazionale dei commercialisti.
Infatti “il principio generale è quello della totale irrilevanza reddituale delle spese “prepagate” dal committente (fatte salve espresse norme derogatorie, come quella ormai abrogata riferita alle spese di vitto e alloggio) e non, come affermato dall’Agenzia, quello della loro riconducibilità alla nozione di compenso in natura”.
Secondo la Fondazione nazionale dei commercialisti, ritenere che solo le spese di trasporto – e non anche le spese di vitto e alloggio – siano 'compensi in natura' “equivale a ritenere che solo le prime (e non anche le seconde) possano avere quella funzione remunerativa tipica del compenso, il che, se fosse corretta la ricostruzione dell'Agenzia, renderebbe la disciplina del tutto irrazionale e censurabile sotto il profilo costituzionale”.
Inoltre, conclude la Fondazione, “l'interpretazione dell'Agenzia risulta altresì in palese contrasto con i principi che hanno ispirato il legislatore delegato nell'attuazione della delega sulle semplificazioni fiscali”.