Le stazioni appaltanti giudicano assai benevolmente i contratti conclusi, ed effettuano pochi controlli sull'esecuzione dell’appalto.
È quanto emerge dalla ricerca “Rating Reputazionale fornitori e buona esecuzione del contratto. Il punto di vista delle Pubbliche Amministrazioni”, curata dalla fondazione Promo Pa in collaborazione con Bravosolution.
La ricerca, basata su un’indagine di campo rivolta a 250 stazioni appaltanti, è stata presentata a Roma il 2 dicembre scorso in un convegno nel quale stazioni appaltanti ed esperti si sono confrontati sui vantaggi e le criticità legate all’implementazione in Italia di un sistema di valutazione delle performance contrattuali basato su modelli di analisi e misurazione della reputazione.
DELEGA APPALTI. Il disegno di legge delega per il recepimento delle nuove direttive europee sugli appalti, ora all'esame della commissione Lavori pubblici del Senato dopo il via libera con modifiche dalla Camera il 17 novembre scorso, prevede la revisione del vigente sistema di qualificazione degli operatori economici attraverso l’introduzione di criteri reputazionali basati su parametri oggettivi e misurabili inerenti la valutazione della performance contrattuale.
LIVELLO DI SODDISFAZIONE VERSO I FORNITORI. Il livello «dichiarato» di soddisfazione verso i fornitori è elevato, anche rispetto a parametri critici, come i costi e i tempi, eppure i contenziosi riguardano oltre il 20% delle stazioni appaltanti, con punte preoccupanti per le ASL e le partecipate, nei lavori e al sud.
LE CAUSE DI CONTENZIOSO. I tempi di consegna non rispettati e la non conformità sono le maggiori cause di contenzioso, insieme al tema della non professionalità. Poco rilevante, perché non sempre addebitabile al fornitore, la questione dei costi.
IL SISTEMA ATTUALE PRESENTA UNA BASSA CAPACITÀ DI RILEVARE LA QUALITÀ DEL FORNITORE. Risulta appena «sufficiente» il giudizio sui sistemi di qualificazione esistenti: il sistema attuale presenta una bassa capacità di rilevare la qualità del fornitore.
CONTROLLO DELLA PERFORMANCE. In oltre la metà delle stazioni appaltanti italiane non si riesce a mettere in atto alcuna forma di controllo della performance in fase di esecuzione del contratto. Appena una stazione appaltante su cinque inserisce nei propri capitolati indicatori di performance oggettivi. Lo sforzo maggiore viene fatto dalle Partecipate (31,4%) e dalle ASL (21,7%). Anche laddove si utilizzano strumenti di monitoraggio, essi sono prevalentemente tradizionali e si basano su un controllo solo formale dei contenuti del contratto.
RATING REPUTAZIONALE. Alla domanda “Cosa ne pensa della possibilità di misurare e valutare la “reputazione” dei fornitori sulla base di indicatori oggettivi e misurabili inerenti la performance storica dell’azienda?”, il campione si divide nel fornire un giudizio: a fronte di un 45% che si dichiara a vario titolo favorevole, vi è un altro 40% di perplessi e un 14% di giudizi del tutto negativi.
Per quanto riguarda gli ambiti sui quali potrebbe essere utilizzato con efficacia un sistema reputazionale per i fornitori, il 68,4% indica la selezione dei fornitori nell’ambito delle procedure negoziate e le gare ad invito, il 58,8% la costruzione e l’aggiornamento degli albi fornitori, il 53,6% le gare con l’offerta economicamente più vantaggiosa, il 45,2% la revisione del sistema di qualificazione (SOA) nell’ambito dei lavori pubblici.
PESANO I TIMORI SU BUROCRAZIA, CONTENZIOSI E CRITERI DI VALUTAZIONE. In conclusione, l'entusiasmo verso il reputazionale risulta raffreddato da tre timori: burocrazia, contenziosi e criteri di valutazione. L'nteresse maggiore si registra da parte di centrali di committenza, ULS e partecipate.
I MODELLI POSSIBILI. La ricerca di Promo Pa suggerisce tre ipotesi come modelli possibili: 1) utilizzo più estensivo di tecnologie di vendor rating; 2) standard reputazionale unico gestito da Anac; 3) luogo virtuale dove inserire informazioni e valutazioni sia verso le imprese sia verso le stazioni appaltanti.