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Strategia Energetica Nazionale, Federmanager: dalla riduzione di CO2 risparmi per 1,5 mld

Con un adeguato ciclo di investimenti dal 2020 al 2030 la dipendenza energetica dall’estero si abbasserà dall’84% al 64%, riducendo la bolletta di 3-4 miliardi di euro rispetto allo scenario tendenziale

martedì 28 marzo 2017 - Redazione Build News

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Con un adeguato ciclo di investimenti dal 2020 al 2030 la dipendenza energetica dall’estero si abbasserà dall’84% al 64%, riducendo la bolletta di 3-4 miliardi di euro rispetto allo scenario tendenziale. Inoltre, con un’accelerazione del processo di decarbonizzazione, l’Italia vedrebbe le proprie emissioni di anidride di origine energetica ridursi al 2030 di 94 milioni di tonnellate rispetto al 2015 (-28%), e ciò genererebbe un risparmio di 1,5 miliardi di euro.

Questi alcuni risultati di scenario dello studio “Una strategia energetica per l’Italia”, elaborato da Federmanagerin collaborazione con l’Associazione Italiana Economisti dell’Energia (AIEE), e discussi oggi nell’ambito del convegno Una strategia energetica da “rinnovare”: le proposte dei manager per un piano nazionale dell’energia efficiente e sostenibile.

In vista dell’imminente pubblicazione della nuova Strategia Energetica Nazionale (SEN), il presidente Federmanager, Stefano Cuzzilla, ha sottolineato che«all’Italia serve una strategia energetica di lungo periodo che sostenga l’imprenditoria e rilanci produzione e occupazione». E, sul fronte della decarbonizzazione, ha aggiunto: «significa realizzare risparmio energetico e investimenti nelle energie pulite, che sono necessari affinché il nostro Paese rispetti gli obblighi internazionali».

«Dai risultati delle nostre rilevazioni si evidenzia la grande opportunità di sviluppo connessa al raggiungimento dell’obiettivo del -40% di emissioni di gas serranel 2030», evidenzia Sandro Neri, Coordinatore della Commissione Energia di Federmanager, chiarendo che «la prima opportunità rimane l’effetto positivo per l’ambiente, a cui si aggiungono benefici per l’intero ciclo economico, in termini di riduzione della dipendenza energetica e della bolletta per il cliente finale».

«Gli investimenti devono rivolgersi innanzitutto verso le infrastrutture, ma è fondamentale che la nuova SEN incorpori anche il contributo della ricerca», ha indicato Neri. «Il tema della ricerca energetica infatti va di pari passo con quello delle competenze manageriali: serviranno delle nuove figure di Energy innovation manager che guidino i percorsi di innovazione delle aziende anche dal punto di vista energetico”.

«Un ulteriore aspetto che la SEN dovrà affrontare», ha illustrato il direttore generale Mario Cardoni, «è relativo allo snellimento delle procedure autorizzative, che oggi sono farraginose e ostacolano sul nascere le ipotesi di investimento. Anche sul lato incentivi – ha chiarito – bisogna razionalizzare gli strumenti a disposizione, considerato che la remunerazione oggi compensa l’investimento in fonti rinnovabili, per cui si dovrebbero privilegiare solo alcune forme di incentivazione, come per esempio la defiscalizzazione di alcuni tipi di interventi per il risparmio energetico o per l’installazione dei pannelli solari».

In sintesi, ha concluso il presidente Federmanager, Stefano Cuzzilla, «la nuova SEN deve puntare a migliorare la competitività del Sistema-Paese favorendo le tecnologie pulite ed esportabili. Per questo – ha chiesto il presidente – la transizione verso una economia a basso contenuto di carbonio deve essere accompagnata da una qualificata “cabina di regia”, una guida unitaria a cui spetti la gestione dei nodi critici con una visione di lungo periodo ed a cui Federmanager si propone di partecipare, mettendo a disposizione il proprio contributo di competenze manageriali».

Su questi aspetti, in particolare, ci si è soffermati nel corso della tavola rotonda che ha visto la partecipazione di Gianluca Benamati e Vinicio Peluffo della Commissione Attività Produttive Camera Deputati, Gianni Pietro Girotto, Commissione Industria Senato, Giovanni Piccoli, Commissione Territorio, Ambiente e Beni ambientali Senato, Stefano Besseghini, Presidente e AD di RSE e Simone Mori, Presidente Assoelettrica, che ha seguito gli interventi di Gian Paolo Toriello del MISE e Carlo Maria Medaglia, capo della segreteria tecnica del ministro dell’Ambiente.

PRINCIPALI RISULTATI DELLO STUDIO

Il raggiungimento degli obiettivi UE al 2020. Con una crescita del PIL dello 0,8% annuo, l’Italia dovrebbe centrare tutti gli obiettivi del “Pacchetto clima-energia” 2020.

Gli obiettivi al 2030. Nell’ipotesi di una crescita economica dell’1,0% nel decennio successivo, l’Italia dovrebbe compiere uno sforzo significativo per la decarbonizzazione del sistema energetico, se volesse raggiungere l’obiettivo del -40% alle emissioni causa di effetto serra. Il recente passato dimostra che il Paese è in grado di passare dalle parole ai fatti.

I cambiamenti del sistema per il raggiungimento degli obiettivi 2030. Questo obiettivo comporta un cambiamento radicale del sistema rispetto a quello che si avrebbe in uno scenario tendenziale, per il quale le variabili economiche ed energetiche e le politiche proseguirebbero secondo gli attuali trend.

Mix di fonti primarie. Se nello scenario tendenziale il gas e olio si equiparerebbero, rimanendo saldamente le fonti principali di energia, nello scenario di decarbonizzazione il loro consumo diminuirebbe, mentre le rinnovabili crescerebbero considerevolmente, tanto da superare il gas e raggiungere e l’olio.

Risparmi di energia primaria. L’efficientamento al 2030 porterebbe ad una riduzione del 26% nei consumi di fonti primarie rispetto al 2005. La riduzione dell’intensità energetica del PIL, riconducibile all’efficienza e dal cambiamento strutturale dell’economia, si tradurrebbe in un risparmio di 42 Mtep l’anno al 2030, ovvero 10Mtep in più rispetto allo scenario tendenziale.

Domanda di energia per usi termici. Il fabbisogno di energia per usi termici al 2030 scenderebbe del 30% rispetto al 2005 e del 13% rispetto al 2014.

Domanda di combustibili solidi. La domanda di carbone ed altri combustibili solidi, in calo dal 2007, è attesa ad un’ulteriore contrazione. Le variazioni al 2030 sarebbero del -57% rispetto all’anno di picco e del -45% rispetto all’ultimo anno di consuntivo, il 2014.

Domanda di olio. La domanda di combustibili liquidi è in fase di declino dal 1996. Da questa data ci si aspetta una riduzione al 2030 del 50% ed una più contenuta variazione rispetto al 2014, pari al -17%.

Domanda di gas naturale. La domanda di gas, la fonte più pulita tra le fossili, è destinata a diminuire del 23% rispetto al 2014 e del 45% rispetto all’anno di picco, il 2005. Per il settore termoelettrico le percentuali dovrebbero scendere a -46% sul 2014 e -70% sul picco del 2007.

Domanda di fonti rinnovabili. Le fonti rinnovabili, di contro, crescerebbero del 65% rispetto al 2014. Gli usi termici sono dati in crescita del 28%, mentre per la produzione elettrica la crescita sarebbe nettamente superiore e pari al 91%. Le fonti rinnovabili, così, arriverebbero al 71% del mix elettrico nel 2030, con una produzione di 231 TWh.

Domanda di energia elettrica. Al 2030 è prevista una crescita della richiesta di energia elettrica fino quasi al picco toccato nel 2007. Tale crescita sarebbe dovuta sia alla ripresa economica che ad un maggiore uso di energia elettrica negli usi finali dell’energia. L’indice di penetrazione elettrica arriverebbe, così, al 26%.

Efficienza negli usi finali. In tutti i settori finali, pur nell’ipotesi di crescita economica dal 2015, è prevista al 2030 una riduzione dei consumi di energia, nello stesso periodo, che va dal 9% al 12%. I consumi finali di energia risulterebbe in calo del 24% rispetto al 2005, in conseguenza, per la gran parte, dell’efficientamento generale messo in atto, oltre che per il cambiamento strutturale dell’economia e per la riduzione del volume delle attività economiche del periodo 2008-2014.

I trasporti. Rispetto al 2015, la mobilità elettrica comporterebbe un aumento del fabbisogno di energia elettrica di 9 TWh al 2030, che arriverebbe, così, al 6% del mix settoriale. I prodotti petroliferi coprirebbero ancora l’83% della domanda proveniente da questo settore. Il parco auto sarebbe destinato a rimanere pressoché costante, pur considerando un leggero aumento della popolazione.

I costi per il sistema. Per il settore elettrico, i costi di installazione di nuova potenza rinnovabile ammonterebbero a 7-14 miliardi di € l’anno tra il 2021 ed il 2030 rispetto al tendenziale. Questi investimenti comporterebbero l’innalzamento della quota di produzione da rinnovabili al 71% ed un taglio alle emissioni di questo settore del 57% rispetto al 1990, contro il 40% globale (obiettivo UE al 2030).

Dipendenza e bolletta energetiche. La decarbonizzazione del settore energia garantirebbe una riduzione della dipendenza energetica dall’85% al 64% al 2030, abbassando la bolletta di 3-4 miliardi di € rispetto allo scenario tendenziale e coprendo dal rischio prezzi delle commodities energetiche importate.

Costi del cambiamento climatico. Grazie al processo di decarbonizzazione, l’Italia vedrebbe le proprie emissioni di anidride carbonica di origine energetica ridursi al 2030 di 94 milioni di t rispetto al 2015 (-28%). Ad un prezzo della CO2 di 30 € per tonnellata, che riflette realmente i costi del cambiamento climatico, ciò genererebbe un risparmio di 1,5 miliardi di € rispetto allo scenario tendenziale.

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