Per le strutture in metallo realizzate in zona sismica occorre sempre il deposito delle pratiche presso il Genio Civile. Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con sentenza del 16 aprile 2021, n. 14237, bocciando il ricorso contro la sentenza del Tribunale di Catania che aveva dichiarato un gestore di un ristorante colpevole di aver realizzato in zona sismica una struttura chiusa in acciaio, senza averla prima denunciata al Genio Civile, in assenza di un progetto esecutivo redatto da un tecnico abilitato e senza la direzione di quest’ultimo.
Il gestore aveva quindi impugnato la sentenza sostenendo che gli interventi edilizi oggetto di contestazione non avevano riguardato i preesistenti elementi strutturali dell’edificio, non modificato in nessuna delle sue parti essenziali e sostanziali, ma che si trattava soltanto ed esclusivamente di un intervento di qualificazione estetica. A ciò si aggiunge, secondo il ricorrente, la mancata considerazione da parte del Tribunale del fatto che, in quanto imprenditore nel settore della ristorazione, aveva dato incarico ad un tecnico abilitato “per richiedere ed ottenere dagli enti preposti tutte le autorizzazioni necessarie”.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale, in base agli art. 93 e 94 del Testo Unico Edilizia, per qualsiasi costruzione, la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità, da realizzarsi in zone dichiarate sismiche, vi è l’obbligo di denuncia e di presentazione dei progetti, nonché di successiva autorizzazione, a prescindere dall’impiego di materiali diversi rispetto alla muratura e al cemento armato ovvero dalla natura precaria dell’intervento (Ordinanza 14761/2019).
La Cassazione ha respinto il ricorso sulla base delle seguenti considerazioni. La struttura incriminata era stabilmente adibita ad attività di ristorazione ed era di tipo non amovibile, realizzata con scatolari in ferro; anche una seconda struttura risultava essere stata realizzata «mediante struttura metallica ancorata al terreno a mezzo bulloni, cartongesso e pedana di legno».
Secondo il giudizio delle Corte, la disciplina penale in materia di opere a struttura metallica, prevista dall’art. 64, del Testo Unico Edilizia, che stabilisce che “la realizzazione delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica, debba avvenire in modo tale da assicurare la perfetta stabilità e sicurezza delle strutture e da evitare qualsiasi pericolo per la pubblica incolumità”, si applica soltanto quando la statica delle opere eseguite è assicurata da elementi strutturali in acciaio o in altri metalli con funzione portante. Restano pertanto escluse dalla disciplina penale le strutture che, secondo la lettera dell’art. 53 del T.U. non assolvono ad una funzione statica e quelle costituite da un’unica struttura, come le membrature singole e gli elementi costruttivi che assolvano ad una funzione di limitata importanza nel contesto statico del manufatto.
Infondata, per la Corte, è anche la deduzione relativa alla mancanza dell’elemento soggettivo che “confonde il piano della responsabilità diretta del costruttore, non eludibile mediante delega ad un professionista ancorché qualificato, con quello della buona fede nelle contravvenzioni, scusabile solo in presenza di comportamenti della pubblica amministrazione o di orientamenti della giurisprudenza oggettivamente instabili, in assenza dei quali la certezza della legittimità del proprio operato, frutto di personale convincimento, si traduce nella inammissibile deduzione dell’errore di diritto”. (fonte: Anaepa Confartigianato Edilizia)
In allegato la sentenza