Sentenze

Subappalto, il Tar Lombardia rimette alla Corte Ue la questione del tetto del 30%

Il nodo riguarda la compatibilità o meno con il diritto comunitario del divieto di subappalto oltre il 30 per cento dei lavori, previsto dall’art. 105, comma 2, del nuovo Codice dei contratti pubblici

martedì 16 gennaio 2018 - Redazione Build News

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Il TAR Lombardia ha rimesso alla Corte di Giustizia U.E. la questione della compatibilità o meno con il diritto comunitario del divieto di subappalto oltre il 30 per cento dei lavori, previsto dall’art. 105, comma 2, del nuovo Codice dei contratti pubblici.

In particolare, il Collegio ha ritenuto di sollevare, con separata ordinanza, questione pregiudiziale di interpretazione del diritto comunitario, per verificare se quest’ultimo osti all’applicazione delle regole nazionali che, nel settore degli appalti pubblici, impongono che il subappalto non possa superare la quota del 30 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori.

Ciò conferma i dubbi espressi dell’Ance nell’esposto presentato alla Commissione Europea l’8 febbraio dello scorso anno, ritenendo che la previsione di cui all’art. 105, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016 non sia in linea con la normativa comunitaria, in quanto quest’ultima, in materia di subappalto, non prevede alcuna limitazione quantitativa.

I giudici quindi hanno disposto la sospensione del giudizio, in attesa della decisione della Corte di Giustizia UE sulla questione pregiudiziale ad essa sottoposta con separata ordinanza, secondo quanto in quest’ultima stabilito.

L'Ance evidenzia che la sentenza contiene anche un’importante principio, sempre in tema di subappalto. In particolare, viene ritenuto che il limite quantitativo del 30% alla possibilità di ricorrere al subappalto di lavori si riferisce all’importo a base di gara, e non all’importo del contratto. Diversamente opinando, infatti, per un verso, si favorirebbero situazioni di incertezza (fino al momento dell’aggiudicazione) circa l’effettivo rispetto del limite in questione da parte dei concorrenti e, peraltro, si legittimerebbero irragionevoli trattamenti differenziati tra gli operatori economici.

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