L’indicazione del nominativo del subappaltatore già in sede di presentazione dell’offerta non è obbligatoria, neanche nell’ipotesi in cui il concorrente non possieda la qualificazione nelle categorie scorporabili previste all’art.107, comma 2, del d.P.R. 5 ottobre 2010, n.207.
Inoltre, non sono legittimamente esercitabili i poteri attinenti al soccorso istruttorio, nel caso di omessa indicazione degli oneri di sicurezza aziendali, anche per le procedure nelle quali la fase della presentazione delle offerte si è conclusa prima della pubblicazione della decisione dell’Adunanza Plenaria n.3 del 2015.
Questi i principi di diritto affermati dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 9/2015 depositata ieri (LEGGI QUI).
IL COMMENTO DI FINCO. “Il Parere dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato a proposito del subappalto c.d. necessario – relativo cioè alla necessità per l’appaltatore di indicare in sede di offerta il nome di un subappaltatore qualificato nel caso in cui lui non lo sia per la specifica lavorazione - ha ritenuto non sussistere alcun obbligo”, osserva il direttore generale di Finco, Angelo Artale. “La pronuncia negativa del Consiglio di Stato è stata giustificata con la materiale mancanza di previsione normativa in grado di dare origine ad una interpretazione anche giurisprudenziale che vada in questa direzione, e rafforzata con il riferimento al DdL Delega Appalti di prossima approvazione che prevede una forma di subappalto necessario legato ad una terna di nomi proprio per colmare questa lacuna”.
La sentenza dell'Adunanza Plenaria depositata il 2 novembre sottolinea infatti che “anche nel disegno di legge di delega al Governo per il recepimento delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE (all’esame della Camera dei Deputati, in seconda lettura, al momento della redazione della presente decisione) può ricavarsi un ulteriore prezioso riscontro alla tesi scelta dall’Adunanza Plenaria, là dove si ripristina, ivi, l’obbligo dell’indicazione di una terna di subappaltatori, ad ulteriore conferma che il silenzio serbato sul punto dal codice dei contratti pubblici in vigore non può essere trattato alla stregua di una lacuna colmabile in esito ad una complessa ed incerta operazione ermeneutica, ma costituisce una scelta chiara e cosciente (tanto che la legislazione precedente e, forse, quella successiva hanno operato e, probabilmente, opereranno una scelta diversa)”.
Secondo il direttore generale di Finco “in assenza di qualificazione il subappalto necessario è indispensabile ad una corretta esecuzione dell’appalto; per questa ragione riteniamo fondamentale che la previsione della c.d. “terna” di subappaltatori - ma meglio sarebbe l’individuazione di un singolo appaltatore o l’obbligo di indicare fino a tre subappaltatori - contenuta alla lettera hhh) del comma 1 dell’art. 1 del DdL Delega debba assolutamente essere preservata da qualunque tentativo di attenuazione o addirittura eliminazione”.
LA QUESTIONE DEL “SUBAPPALTO NECESSARIO”. Con l'ordinanza n. 2707/2015, la quarta sezione del Consiglio di Stato ha rimesso lo scorso 3 giugno all'Adunanza Plenaria di Palazzo Spada la definizione della questione del cosiddetto “subappalto necessario”, che consiste nell’obbligo per l’appaltatore principale, privo delle relative qualifiche, di dichiarare in sede di gara non solo le parti dell’appalto che intende subappaltare, ma anche il nominativo delle imprese cui affiderà questi lavori.
DUE DIVERSE SOLUZIONI. Nella sentenza depositata il 2 novembre scorso, l'Adunanza Plenaria ricorda, in via preliminare, che al predetto problema sono state offerte due diverse soluzioni. Secondo una prima tesi, la necessità della dimostrazione, ai fini della partecipazione alla procedura, della qualificazione per tutte le lavorazioni per le quali la normativa di riferimento la esige implica, quale indefettibile corollario, la necessità dell’indicazione del nominativo del subappaltatore già nella fase dell’offerta, di guisa da permettere alla stazione appaltante il controllo circa il possesso, da parte della concorrente, di tutti i requisiti di capacità richiesti per l’esecuzione dell’appalto. Secondo una diversa, e minoritaria, lettura dell’istituto, viceversa, una corretta esegesi delle regole che presidiano i requisiti di qualificazione, e che escludono che, ai fini della partecipazione alla gara, sia necessario il possesso della qualificazione anche per le opere relative alle categorie scorporabili (esigendo il ricorso al subappalto solo per quelle a qualificazione necessaria e nella sola fase dell’esecuzione dell’appalto), impone la diversa soluzione dell’affermazione del solo obbligo di indicazione delle lavorazioni che il concorrente intende affidare in subappalto, ma non anche del nome dell’impresa subappaltatrice.
L’INDICAZIONE DEL NOME DEL SUBAPPALTATORE NON È OBBLIGATORIA ALL’ATTO DELL’OFFERTA. A parere dell'Adunanza Plenaria, “l’indicazione del nome del subappaltatore non è obbligatoria all’atto dell’offerta, neanche nei casi in cui, ai fini dell’esecuzione delle lavorazioni relative a categorie scorporabili a qualificazione necessaria, risulta indispensabile il loro subappalto a un’impresa provvista delle relative qualificazioni (nella fattispecie che viene comunemente, e, per certi versi, impropriamente definita come “subappalto necessario”)”.
Infatti “l’affermazione dell’obbligo di indicare il nominativo del subappaltatore all’atto dell’offerta si risolverebbe in una eterointegrazione del bando (che non lo prevedeva), mediante l’inammissibile inserzione automatica nella lex specialis di un obbligo non previsto da alcuna disposizione normativa cogente pretermessa nell’avviso (da valersi quale unica condizione legittimante della sua eterointegrazione)”.
La tesi favorevole all’affermazione dell’obbligo in questione “comporterebbe, peraltro, una confusione tra avvalimento e subappalto, nella misura in cui attrae il rapporto con l’impresa subappaltatrice nella fase della gara, anziché in quella dell’esecuzione dell’appalto, con ciò assimilando due istituti che presentano presupposti, finalità e regolazioni diverse, ma senza creare il medesimo vincolo dell’avvalimento e senza assicurare, quindi, alla stazione appaltante le stesse garanzie contrattuali da esso offerte.
Non solo, ma il relativo assunto si rivela distorsivo del mercato dei lavori pubblici, nella misura in cui costringe le imprese concorrenti a scegliere una (sola) impresa subappaltatrice, già nella fase della partecipazione alla gara, mediante l’imposizione di un onere partecipativo del tutto sproporzionato e gravoso.
La prospettazione qui disattesa finirebbe, infine, per introdurrebbe un requisito di qualificazione diverso ed ulteriore rispetto a quelli stabiliti, con disciplina completa ed autosufficiente, dall’art.92 d.P.R. cit. (che, come si è già rilevato, esclude l’obbligo del possesso delle attestazioni nelle categorie scorporabili, ancorché a qualificazione necessaria, ai fini della partecipazione alla gara)”.
NO AL SOCCORSO ISTRUTTORIO. Con un altro quesito è stato chiesto all’Adunanza Plenaria di chiarire la legittimità (rectius: la doverosità) dell’uso dei poteri di soccorso istruttorio nei casi in cui la fase procedurale di presentazione delle offerte si sia perfezionata prima della pubblicazione della decisione dell’Adunanza Plenaria 20 marzo 2015 n.3, con la quale è stato chiarito che l’obbligo, codificato all’art.87, comma 4, d.lgs. cit., di indicazione degli oneri di sicurezza aziendale si applica anche agli appalti di lavori.
A questo problema l'Adunanza Plenaria dà “una risposta negativa, in quanto con la medesima decisione dell’Adunanza Plenaria è stata espressamente esclusa la sanabilità con il soccorso istruttorio dell’omissione dell’indicazione degli oneri di sicurezza aziendale, che si risolverebbe in un’inammissibile integrazione postuma di un elemento essenziale dell’offerta (cfr. Ad. Plen. n. 3 del 2015, punto 2.10)”.