La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro ha pubblicato una nota di approfondimento intitolata “Super ecobonus e visto di conformità: i risvolti penali per il Consulente del Lavoro”, che riportiamo integralmente.
“L’articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77), al comma 1, stabilisce che possono essere portate in detrazione “nella misura del 110 per cento” le spese sostenute per “interventi di efficienza energetica” effettuati su unità immobiliari. L’articolo 121 dello stesso decreto, al comma 1, prevede che “i soggetti”, i quali “sostengono, negli anni 2020 e 2021, spese per gli interventi” di efficienza energetica “possono”, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione spettante, esercitare un’opzione:
a) ricevere un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d'imposta, di importo pari alla detrazione spettante, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari;
oppure
b) cedere il credito d'imposta di pari ammontare, con facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari.
Lo stesso articolo, all’ultimo comma, stabilisce inoltre che l’esercizio delle sopra indicate opzioni sarà effettuato “in via telematica, anche avvalendosi dei soggetti previsti dal comma 3 dell’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322”, tra i quali, alla lettera a), sono ricompresi anche i Consulenti del Lavoro.
1. I SOGGETTI TENUTI AL RILASCIO DI “ASSEVERAZIONI” E “ATTESTAZIONI”
Il comma 13 dell’articolo 119 stabilisce che, per poter effettuare la detrazione ovvero esercitare l’opzione per la cessione o per lo sconto delle spese sostenute per l’adeguamento o la ristrutturazione di immobili per migliorarne l’efficienza energetica, il contribuente è tenuto a presentare “asseverazioni”, che, in riferimento agli “interventi di cui ai commi 1, 2 e 3 del presente articolo” riguardano il “rispetto dei requisiti previsti dai decreti di cui al comma 3-ter dell’articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, e la corrispondente congruità delle spese sostenute in relazione agli interventi agevolati”, mentre, per quanto concerne “gli interventi di cui al comma 4”, concernono “l’efficacia degli stessi al fine della riduzione del rischio sismico”. Peraltro, in quest’ultimo caso, stando alla lettera del penultimo periodo del comma 13, “la corrispondente congruità delle spese sostenute in relazione agli interventi agevolati” deve essere provata mediante “attestazioni”.
Orbene, dall’esame del comma 13 emerge che i soggetti tenuti a rilasciare le “asseverazioni” in esame sono, “per gli interventi di cui ai commi 1, 2 e 3”, “i tecnici abilitati” e, “per gli interventi di cui al comma 4”, i “professionisti incaricati della progettazione strutturale”, questi ultimi chiamati altresì a rilasciare le “attestazioni” relative alla “congruità delle spese sostenute”.
Si deve, pertanto, concludere che, alla luce delle disposizioni citate, i Consulenti del Lavoro non devono rilasciare le “asseverazioni” e le “attestazioni” che il contribuente è tenuto ad allegare alle richieste di detrazione o di opzione per la cessione o per lo sconto delle spese.
2. L’INTERVENTO DEL CONSULENTE DEL LAVORO
Il comma 11 dell’articolo 119 dispone che il contribuente, al fine di poter esercitare la “opzione per la cessione o per lo sconto di cui all’articolo 121”, deve richiedere ad uno dei “soggetti indicati alle lettere a) e b) del comma 3 dell’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322” e, quindi, anche ad un Consulente del Lavoro “il visto di conformità dei dati relativi alla documentazione che attesta la sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione d’imposta per gli interventi di cui al presente articolo”.
Tale precetto prosegue, affermando che “il visto di conformità è rilasciato ai sensi dell’articolo 35 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241”. Inoltre, l’ultimo periodo del comma 13 fornisce, sia pure in maniera sintetica, il tipo di controllo che “il soggetto che rilascia il visto di conformità di cui al comma 11” - il Consulente del Lavoro - deve compiere: “verificare la presenza delle asseverazioni e delle attestazioni rilasciate dai professionisti incaricati”.
Dal tenore letterale della norma in commento è legittimo dedurre che l’attività - che il Consulente del Lavoro è tenuto ad effettuare prima di rilasciare il “visto di conformità” - consiste esclusivamente in una mera “verifica” della “presenza delle asseverazioni e delle attestazioni”, non dovendo egli eseguire alcun accertamento in ordine alla veridicità e alla congruità dei dati contenuti in tali atti. Da ciò si può, inoltre, concludere che il Consulente del Lavoro - salvo che sia ab origine consapevole della falsità dei dati esposti nelle “asseverazioni” e nelle “attestazioni” o abbia dato un qualsivoglia contributo causale all’illecita detrazione mediante l’esercizio del diritto di opzione ex articolo 121 - non potrà essere chiamato a rispondere dei reati che saranno contestati al contribuente in concorso, a seconda della natura degli interventi, col “tecnico abilitato” o col “professionista incaricato della progettazione strutturale”.
In definitiva, l’attività che, nel caso di specie, il Consulente del Lavoro è chiamato a compiere non è da considerare “straordinaria” o diversa rispetto a quella che egli ordinariamente svolge, se si pensa che, in forza del sopra citato (e richiamato nel comma 11) articolo 35 del decreto legislativo n.241/1997, egli rilascia, su richiesta del contribuente, “il visto di conformità e l’asseverazione di cui ai commi 1 e 2, lettera a)” (…) “relativamente alle dichiarazioni da” lui “predisposte”.
3. IL “VISTO DI CONFORMITÀ” PREVISTO DALL’ARTICOLO 35 DEL DECRETO LEGISLATIVO 241/1997
Lo strumento del “visto di conformità” - al quale fa riferimento il comma 11 dell’articolo 119 - è quello cosiddetto “leggero”, previsto e disciplinato dall’articolo 35 del decreto legislativo 241/1997. Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, tale visto di conformità “rappresenta uno dei livelli di controllo attribuito dal legislatore a soggetti estranei all’Amministrazione finanziaria sulla corretta applicazione delle norme tributarie, in particolare a professionisti abilitati iscritti negli appositi Albi. Con la sua apposizione i professionisti attestano la corrispondenza dei dati esposti in dichiarazione alle risultanze della documentazione e alle norme che disciplinano la deducibilità e detraibilità degli oneri, i crediti d’imposta, lo scomputo delle ritenute d’acconto. Tali controlli hanno lo scopo di evitare errori materiali e di calcolo nella determinazione di imponibili, imposte e ritenute e nel riporto di eccedenze derivanti da precedenti dichiarazioni”.
Del resto, a parere della Corte di Cassazione, “l’attività di controllo implica, nel caso del professionista, una regolare tenuta della contabilità, la corrispondenza dei dati esposti in dichiarazione alle risultanze delle scritture contabili e alla relativa documentazione sia per le imposte sui redditi sia ai fini IVA”.
Per quanto riguarda la responsabilità penale, secondo la Corte di legittimità, il professionista, che abbia rilasciato “un mendace visto di conformità leggero risulta esposto anche a sanzioni penali in ragione dell’espressa previsione di cui all’articolo 39 del d. lgs. 241/1997 e del meccanismo del concorso nel reato di cui all’art. 110 c.p., non trovando dunque applicazione il principio di specialità di cui all’art. 15 c.p., incorrendo peraltro nel reato di cui all’articolo 3 D.Lgs. 10 marzo 2000 n. 74” (la cui rubrica è “dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici”), dal momento che l’apposizione di un visto mendace costituisce un mezzo fraudolento idoneo ad ostacolare l’accertamento e ad indurre in errore l’amministrazione finanziaria, indicando in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizi”.
4. L’IRREGOLARE APPOSIZIONE DEL “VISTO DI CONFORMITÀ”: CONSEGUENZE DI NATURA PENALE
Nel caso in cui il Consulente del Lavoro rilasci il “visto di conformità” senza che ne ricorrano i presupposti (ad esempio, in assenza delle “attestazioni” e delle “asseverazioni”) o dichiarando conformi dati che non lo sono e, comunque, con la coscienza e la volontà di agevolare o favorire il contribuente nella realizzazione del programma criminoso da lui ideato, risponderà - come sopra esposto - delle sanzioni previste dall’articolo 39 del decreto legislativo 241/1997 e, a titolo di concorso, di quelle stabilite per reati addebitabili al contribuente (tra cui quelli ex articolo 3 del decreto legislativo 74/2000 o di truffa aggravata ovvero di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato ai sensi dell’articolo 316-ter del codice penale).
Sul punto, la Corte di Cassazione ha stabilito che è punibile per reati di natura tributaria, in concorso con il contribuente, il professionista che, sebbene consapevole della illiceità delle operazioni commerciali dalle quali è generato un credito IVA, abbia ugualmente apposto il visto di conformità, “in quanto la professionalità dallo stesso posseduta avrebbe richiesto un controllo della regolare tenuta e conservazione delle scritture contabili che, se regolarmente effettuato, avrebbe permesso di accertare la discrasia evidente tra la capacità reddituale emergente dalle dichiarazioni depositate negli esercizi precedenti e i ricavi dichiarati in corrispondenza degli esercizi in cui il credito IVA era maturato”.
È stato, in buona sostanza, ritenuto che “la volontà di aderire” al programma criminoso del contribuente ben può desumersi dall’avere il professionista messo “a disposizione le proprie competenze professionali e la possibilità di apporre il visto di conformità necessario per la cessione dei crediti IVA, elemento funzionale al raggiungimento degli obbiettivi”.
5. LE SANZIONI DI NATURA PENALE E LA SANZIONE AMMINISTRATIVA CONTENUTE NEL COMMA 14 DELL’ARTICOLO 119
Il comma 14 dell’articolo 119 prevede “l’applicazione delle sanzioni di natura penale ove il fatto costituisca reato” e di una sanzione amministrativa” ai soggetti che rilasciano attestazioni e asseverazioni infedeli”.
Orbene, come abbiamo sopra illustrato, il rilascio delle asseverazioni e delle attestazioni (alle quali si fa riferimento nei commi 13 e 13-bis) indispensabili per poter godere “della detrazione del 110 per cento” non compete al Consulente del Lavoro, bensì - stando al tenore letterale della norma de qua - ai “tecnici abilitati”, in riferimento agli interventi indicati nei commi 1, 2 e 3 e ai “professionisti incaricati della progettazione strutturale”, per quanto concerne le opere eseguite su edifici ubicati in zone sismiche.
Pertanto, sulla base della normativa richiamata, e soprattutto del principio di legalità in materia penale sancito dall’articolo 25 della Costituzione (in base al quale “nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”) e ribadito nell’articolo 1 del codice penale (secondo cui “nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto dalla legge come reato, né con pene che non siano da essa stabilite”), dobbiamo concludere che il Consulente del Lavoro, essendo chiamato a rilasciare soltanto un visto di conformità (atto che non è inserito nel comma 14, accanto alle attestazioni e alle asseverazioni), non può in alcun modo essere destinatario delle “sanzioni di natura penale” e della “sanzione amministrativa” che il comma 14 commina soltanto ai “tecnici abilitati” e ai “professionisti incaricati della progettazione strutturale” nel caso in cui questi abbiano rilasciato attestazioni e asseverazioni infedeli."
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