“Il regime seguito per la gestione dei superbonus, accusato di essere una mina per i conti pubblici, ha seguito un cammino tortuoso e spesso contraddittorio, mettendo in difficoltà una parte del settore edile. Se l’operazione superbonus avesse previsto da subito una diluizione della fruibilità su un arco temporale più lungo, se da un lato non avessimo avuto la violenta riduzione del rapporto deficit Pil oramai arcinota, dall’altro lato non ci saremmo trovati nella necessità di cambiarne la normativa una trentina di volte, in maniera così paralizzante e penalizzante per l’edilizia”. Così Flavio Zanarella, presidente di Federsviluppo di Federcontribuenti commentando i dati resi noti dalla Cgia di Mestre, secondo i quali alla data del 31 agosto 2024 gli oneri complessivi a carico dello Stato per il Super ecobonus 110% sfiorano i 123 miliardi di euro, per efficientare solo il 4% circa delle abitazioni.
“A distanza di mesi si naviga nella nebbia per quanto concerne i veri costi di questa importante e surreale iniziativa governativa e – sottolinea Zanarella – a gettare ulteriori nubi sulla regolamentazione del superbonus, quasi 11mila imprese edili hanno già chiuso. È certo che si sia trattato di una iniziativa che mancava di tutto un ecosistema, citiamo per esempio la possibilità non solo di trasferire il credito, ma anche, importantissimo, di cartolarizzarlo come si fa negli Stati Uniti da decenni, inserendolo nel portafoglio di fondi, assicurazioni, family office”.
“Con il Superbonus si è avuto un forte impulso del Pil e del sistema edilizio italiano anche in considerazione delle norme europee sul green deal. Demonizzare il Superbonus – conclude Zanarella – è andare contro le nostre Pmi, gli artigiani e le famiglie”.
Di seguito riportiamo l'analisi della Cgia di Mestre.
Cgia di Mestre: spesi 123 miliardi per efficientare solo il 4,1% delle case
“Grazie alle misure restrittive imposte per legge in questi ultimi due anni, l’effetto negativo del Super Ecobonus 110% sui nostri conti pubblici si è quasi esaurito. Tuttavia, dall’introduzione di questa agevolazione sino al 31 agosto scorso, gli oneri complessivi a carico dello Stato sfiorano i 123 miliardi di euro (questa voce non include gli effetti economici del Sismabonus)”, afferma la Cgia. “Va altresì ricordato che, ad oggi, gli immobili che dal luglio 2020 hanno beneficiato di questo provvedimento sono stati poco meno di 500mila. Pertanto, considerando che in Italia gli edifici residenziali sono circa 12,2 milioni, l’Ufficio studi della CGIA stima che il cosiddetto Superbonus abbia interessato solo il 4 per cento del totale degli immobili ad uso abitativo presenti nel Paese”.
“In linea generale, con il cosiddetto 110 per cento lo Stato ha speso una cifra spaventosa, migliorando l’efficienza energetica di una quota infinitesima di edifici presenti nel Paese. Ma, stando alle prime indiscrezioni, sembrerebbe aver favorito maggiormente i proprietari di immobili con una buona/elevata capacità di reddito, anziché rivolgersi in via prioritaria alle famiglie meno abbienti che, in linea di massima, presentano una probabilità maggiore di risiedere in abitazioni in cattivo stato di conservazione e con un livello di efficienza energetica molto basso”.
Risultati ambientali modesti
“Non tutti, comunque, sono concordi nel ritenere che il Super Ecobonus 110% contribuirà in misura importante ad abbattere le emissioni di inquinanti”, prosegue l'analisi della Cgia. “Ancorché non ci siano valutazioni scientifiche rigorose sotto il profilo ambientale, l’abbattimento di CO2 sarebbe molto contenuto. Sempre secondo la Banca d’Italia, le prime evidenze dimostrerebbero che nello scenario migliore i benefici ambientali del Superbonus compenserebbero i costi finanziari sostenuti in quasi 40 anni. Non solo, ci sono alcuni esperti internazionali che sostengono che la riduzione delle emissioni ottenuta con l’applicazione del Superbonus poteva essere maggiore, se si fosse incentivata l’elettrificazione dei sistemi di riscaldamento degli ambienti, la cottura di cibi e la produzione di acqua sanitaria. Insomma, in alternativa al gas-metano, sarebbe consigliabile utilizzare vettori elettrici (come le pompe di calore e le piastre a induzione), che sono significativamente più efficienti delle tecnologie che impiegano fonti fossili”.
In Italia interessato solo il 4,1% degli edifici
“Entro il 31 agosto scorso, gli interventi di ristrutturazione/efficientamento edilizio realizzati per mezzo del Superbonus sfiorano le 500mila unità (precisamente 496.315). Nonostante gli oneri a carico dello Stato siano pari a 123 miliardi di euro, solo il 4,1 per cento del totale degli edifici residenziali presenti nel Paese è stato interessato dall’agevolazione fiscale. A livello regionale, invece, è il Veneto ad aver registrato il ricorso più numeroso al 110 per cento. Con 59.652 asseverazioni depositate, l’incidenza percentuale di queste ultime sul numero degli edifici residenziali esistenti è stata pari al 5,6 per cento. Seguono l’Emilia Romagna con 44.438 asseverazioni e un’incidenza del 5,4 per cento, il Trentino Alto Adige con 11.342 interventi e sempre con un tasso del 5,4 per cento, la Lombardia con 78.125 asseverazioni e un’incidenza del 5,2 e la Toscana con 38.532 operazioni e anch’essa con una incidenza del 5,2 per cento. Per contro, a “snobbare” l’incentivo sono state le regioni del Mezzogiorno: Molise e Puglia, ad esempio, hanno interessato solo il 2,9 per cento dei propri edifici residenziali, la Calabria il 2,6 per cento e la Sicilia solo il 2,2 per cento.
Ogni intervento è costato mediamente 247.800 euro
Sempre a livello nazionale, l’onere medio per edificio residenziale a carico dello Stato è stato di 247.819 euro. Il picco massimo lo scorgiamo in Valle d’Aosta con 401.040 euro per immobile, seguono la Basilicata con 299.963 euro, la Liguria con 298.314 euro, la Lombardia con 296.107 euro e la Campania con 294.679 euro. Chiudono la graduatoria il Veneto con un costo medio per intervento di 194.913 euro per edificio, la Sardegna con 187.440 e, infine, la Toscana con 182.919 euro”, conclude la Cgia di Mestre.