“Per preservare un meccanismo normativo prezioso come quello della monetizzazione dei bonus edilizi, senza nel contempo sacrificare le esigenze di contrasto all’utilizzo indebito, nonché per evitare che l’intero comparto dell’edilizia subisca conseguenze irreparabili, chiediamo un intervento normativo che ripristini per le banche la possibilità di cedere liberamente i crediti acquisiti, indipendentemente dalla natura soggettiva del cessionario. Ciò, nell’attuale contesto normativo, non presenta profili di rischio di frodi, in quanto, oltre ai controlli preventivi come visto di conformità e attestazione di congruità dei costi e ai presìdi antiriciclaggio già previsti dal D.L. Antifrodi, il sistema bancario offre ampie ed ulteriori garanzie, avendo fin dall’origine implementato procedure subordinate a rigorose e selettive due diligence che, seppur non previste normativamente, sono divenute ormai prassi consolidata”. È questa la proposta avanzata dal Consiglio nazionale dei commercialisti per uscire dallo stallo “dovuto all’incertezza normativa che ha innescato un effetto domino partito dalle banche, costrette a bloccare l’acquisto dei crediti avendo esaurito la capienza per la compensazione, che si è poi riversato sulla filiera delle costruzioni, mettendo a rischio cantieri già avviati e interventi pianificati da tempo a causa della drammatica carenza di liquidità conseguente all’impossibilità di monetizzare i crediti acquisiti”. La posizione della categoria è contenuta in una lettera inviata dal presidente nazionale Elbano de Nuccio, al presidente del Consiglio, Mario Draghi, al Ministro dell’Economia, Daniele Franco, al Presidente della commissione finanze della Camera, Luigi Marattin e al direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini.
Secondo de Nuccio “assumono interesse anche le proposte di accordare un maggior termine per la compensazione da parte dei soggetti cessionari dei crediti di imposta, il cui utilizzo in compensazione è attualmente previsto con le stesse modalità con le quali sarebbero stati utilizzati dal soggetto beneficiario-primo cedente”. “Per ripristinare un clima di fiducia per i soggetti interessati all’acquisto dei crediti e di sbloccare un meccanismo ormai inceppato – aggiunge il numero uno dei commercialisti – suggeriamo poi di ribadire ulteriormente, in via normativa o interpretativa, che i cessionari dei crediti d’imposta non possono essere considerati responsabili, salvo i casi di concorso, della mancata sussistenza, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d’imposta e rispondono dunque solo per l’eventuale utilizzo dei crediti medesimi in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d’imposta ricevuto”.
Queste proposte darebbero, secondo la categoria, “un nuovo impulso per innescare un meccanismo virtuoso, oltre che sicuro sul piano del contrasto ad eventuali condotte fraudolente, di smobilizzo dei crediti da parte delle banche che potrebbero quindi riprendere l’acquisto dai beneficiari delle detrazioni o dai soggetti che hanno accordato lo sconto in fattura evitando che misure adottate nel pieno dell’emergenza Covid-19 per sostenere e rilanciare l’economia, e per le quali lo Stato ha allocato rilevanti risorse, si trasformino in un micidiale boomerang economico e sociale”.