“I provvedimenti di incentivazione all’edilizia residenziale adottati nel 2020 rispondevano anche all’esigenza di sostenere il settore delle costruzioni dopo una lunga fase di debolezza, accentuatasi con la crisi pandemica. L’aumento dell’entità delle detrazioni e le modifiche delle modalità di fruizione, con la possibilità di cederle a terzi, hanno accresciuto la domanda di lavori nel breve periodo. Gli interventi di riqualificazione edilizia agevolati con il Superbonus contribuiscono anche, in parte, alla transizione ecologica.
Tuttavia, come da noi sottolineato più volte in passato, tali agevolazioni hanno un costo rilevante per i conti pubblici che va valutato considerando il minore impatto di questa tipologia di investimenti sulla produttività e sulla crescita economica nel lungo periodo rispetto a possibili impieghi alternativi. Inoltre, detrazioni con aliquote pari o superiori al 100 per cento possono accrescere i costi, dato che il contribuente – non partecipando in alcun modo alla spesa o partecipando in modo limitato – non ha interesse a contenerli”.
Così il dirigente del Servizio Struttura economica della Banca d'Italia, Pietro Tommasino, nell'audizione di ieri presso la Commissione V Bilancio, Tesoro e Programmazione della Camera sugli effetti macroeconomici e di finanza pubblica derivanti dagli incentivi fiscali in materia edilizia.
“Il costo degli interventi si è rivelato molto superiore alle stime iniziali. Questo conferma gli inconvenienti in termini di trasparenza delle somme effettivamente stanziate e di controllo dei conti connessi con l’utilizzo dei crediti di imposta come strumento di politica di bilancio.
Il moltiplicatore fiscale dell’intervento, per quanto relativamente elevato, verosimilmente non è stato tale da rendere lo strumento a impatto nullo per il conto economico delle Amministrazioni pubbliche.
Andrebbero anche valutati compiutamente gli aspetti redistributivi di queste misure, rivolte ai proprietari di immobili (esercizio al momento complesso con i dati a disposizione). Una recente analisi dell’Ufficio parlamentare di bilancio sui dati delle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche mostra che almeno fino al 2020, ossia prima che le detrazioni fossero cedibili, questo tipo di agevolazioni ha favorito i contribuenti con alto reddito. Proprio per la cedibilità, gli effetti del Superbonus potrebbero essere stati meno regressivi, anche se non esistono ancora evidenze sistematiche a riguardo.
Superata questa fase di discussione e ripensamento del Superbonus e delle altre agevolazioni per l’edilizia, andrà fatto uno sforzo per disegnare incentivi in materia di efficienza energetica che siano stabili nel lungo periodo (dovendo produrre effetti coerenti con gli impegni presi dall’Italia in ambito europeo) e sostenibili per le finanze pubbliche; efficienti ed efficaci, cioè in grado da un lato di massimizzare la quota di investimenti “aggiuntivi” e dall’altro di avere un impatto significativo su una quota ampia del patrimonio immobiliare; equi, cioè tali da concentrare le risorse sulle famiglie più bisognose (a beneficio anche della loro efficienza).
Più in generale, andranno messi a fuoco gli obiettivi delle politiche pubbliche in ambito abitativo. Questi ultimi non si limitano ai pur importanti aspetti della sostenibilità ambientale e del sostegno congiunturale al settore edilizio, ma includono anche: l’efficienza dei mercati (delle nuove abitazioni, di quelle preesistenti e degli affitti); la disponibilità di abitazioni di qualità a prezzo accessibile (in primo luogo per le famiglie con redditi più bassi); il rispetto dell’estetica e della qualità delle architetture e dell’urbanistica.
Una volta stabilita l’importanza relativa da dare a questi obiettivi si potrà discutere con quali strumenti sia più agevole e meno costoso raggiungerli, considerando affianco ai trasferimenti e alle agevolazioni fiscali (per quanto possibile indirizzati soprattutto alle famiglie più vulnerabili) anche l’intervento diretto: nel nostro paese l’investimento pubblico nel settore dell’edilizia sociale in rapporto al PIL è inferiore a quello medio nella UE”.
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