Il Financial Times ha recentemente lodato gli effetti espansivi sul PIL del superbonus, scrivendo che “la performance insolitamente forte è in gran parte spiegata dal superbonus”, grazie al quale “gli investimenti italiani che includono l’edilizia abitativa sono aumentati del 30% rispetto al quarto trimestre del 2019, il tasso più veloce mai registrato nel Paese da quando sono a disposizione dati comparabili nel 2000”.
Lo ha evidenziato una interrogazione (Turco, Croatti, Floridia) presentata il 12 marzo scorso e assegnata in Commissione Finanze del Senato, e rivolta al Ministro dell'Economia e delle Finanze Giorgetti.
Le premesse dell'interrogazione
“Tra i principali problemi sorti in materia di cessione di crediti derivanti da agevolazioni fiscali, come noto, vi è la questione dei "crediti incagliati": si tratta delle difficoltà nella circolazione dei crediti ceduti, sorte, in particolare, a seguito al blocco della circolazione delle agevolazioni edilizie.
Su tale aspetto, il 14 febbraio 2023 sono stati auditi presso la 6ª Commissione permanente (Finanze e tesoro) del Senato della Repubblica, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli strumenti di incentivazione fiscale con particolare riferimento ai crediti di imposta, i rappresentanti dell'ufficio statistico dell'Unione europea (Eurostat), al fine di chiarire alcuni aspetti tecnici relativi alla registrazione e classificazione, in contabilità nazionale, dei crediti d'imposta (tra cui il superbonus 110 per cento) e dell'eventuale effetto sui conti pubblici.
Specificatamente, l'attenzione si è concentrata sulla rilevazione dei crediti d'imposta in relazione alle nuove caratteristiche dei bonus edilizi, precisamente sulla trasferibilità a terzi, sull'utilizzo differito dei crediti e sulla loro possibile compensabilità con qualsiasi tipo d’imposta. Eurostat ha in particolare chiarito che i crediti d'imposta “pagabili” sono quelli che di fatto sono considerati “liquidi” e per i quali sussiste un’altissima possibilità che vengano totalmente compensati con le imposte da pagare. In tal caso, i crediti d’imposta sono equiparabili ad una spesa pubblica “effettiva” da riconoscere per intero al momento della manifestazione dell'evento che genera l’agevolazione fiscale (principio della competenza economica). Segue che la contabilizzazione nei conti pubblici dei crediti d’imposta “pagabili” avvenga nel deficit dell’anno di generazione del credito medesimo.
I crediti d'imposta "non pagabili" sono, invece, quelli per cui sussiste la probabilità di mancata compensabilità del credito d’imposta riconosciuto. In quest’ultimo caso i crediti d’imposta sono quindi assimilabili a una spesa pubblica “teorica”. Questo significa che sul piano contabile la relativa rilevazione comporta un effetto sul deficit degli anni in cui il credito d’imposta va in compensazione, e solo se e nella misura in cui va in compensazione trasformandosi in minori entrate (principio di cassa); pertanto, la pagabilità o non pagabilità di un credito d’imposta, nell’immediato, non ha alcuna influenza sul debito dello Stato, ma solo sul deficit.
Il superbonus era stato classificato inizialmente nel 2021, a seguito dell’approvazione del “decreto rilancio”, come “not payble”, vista l’incertezza della totale compensabilità dell’agevolazione fiscale; mentre nel marzo 2023, ISTAT, in seguito a un'interlocuzione con Eurostat, ha ritenuto di modificare la classificazione dei crediti d’imposta maturati con il superbonus e con il bonus facciate a partire dal 2020 come “payble”, quindi registrati come spesa pubblica, per l’intero ammontare, nel momento del riconoscimento dell’investimento agevolato. Questo ha comportato per i conti pubblici, contrariamente all’impostazione iniziale, che i bonus edilizi venissero considerati non costi teorici ma costi effettivi, da imputare per intero nel calcolo del deficit dell’anno di generazione del credito. La conseguenza è stata un ricalcolo del deficit in aumento negli anni 2021, 2022 e 2023.
A partire da febbraio 2023, a seguito della decisione del ministro Giorgetti nel decreto-legge n. 11 del 2023 di bloccare la cessione dei crediti al fine, a suo dire, di “fermare gli effetti di una politica scellerata”, è stata di fatto esplicitata la natura “non pagabile” dei crediti d'imposta, andando a smentire la classificazione precedentemente accreditata da ISTAT. Ragion per cui il Ministro avrebbe già dovuto sollecitare ISTAT a valutare la correttezza del principio contabile da adottare, dato che nel frattempo le norme introdotte hanno di fatto reso i crediti d’imposta non totalmente compensabili e quindi “non pagabili”.
Già lo scorso novembre, i dati dell’Agenzia delle entrate e quelli pubblicati dall’ENEA evidenziavano crediti d’imposta del 110 per cento, riconosciuti nel 2023, già superiori di circa 20 miliardi di euro all’ammontare dei 30 miliardi preventivati sull’intero 2023. Era così già evidente che il disavanzo dello Stato per l’anno in corso avrebbe superato di almeno l’1 per cento la previsione del 5,3 per cento contenuta nell’aggiornamento del Documento di economia e finanza presentato dal Governo in autunno.
Con comunicato del 1° marzo 2024 ISTAT ha reso noto che il rapporto tra deficit e PIL del 2023 è risultato pari al 7,2 per cento, circa due punti sopra il 5,3 per cento previsto dal Governo solo pochi mesi prima. Questi dati sono stati commentati dal Ministro in indirizzo, il quale ha, come sovente, attribuito la colpa al superbonus: “I numeri ci dicono che l'emorragia dell'irresponsabile stagione del superbonus ha avuto un effetto pesante sul 2023, andando purtroppo oltre le già pessimistiche prospettive”.
Diversamente dalle valutazioni del Ministro, il “Financial Times” ha recentemente lodato gli effetti espansivi sul PIL del superbonus, scrivendo che “la performance insolitamente forte è in gran parte spiegata dal superbonus”, grazie al quale “gli investimenti italiani che includono l’edilizia abitativa sono aumentati del 30% rispetto al quarto trimestre del 2019, il tasso più veloce mai registrato nel Paese da quando sono a disposizione dati comparabili nel 2000”. A ciò si aggiunga che nei tre anni di massima produzione degli effetti del superbonus, 2021-2023, il debito pubblico in rapporto al PIL è sceso di oltre 17 punti.
Le scelte del Governo non si sono rivelate efficaci in merito al problema dei crediti incagliati, da cui sono inevitabilmente derivate anche gravi ripercussioni negative sulla crescita del PIL, calata al solo 0,9 per cento in più nel 2023 e proiettata verso un altro “più zero virgola” anche nel 2024.
Il problema non riguarda più il superbonus, ma le errate previsioni del Governo sul deficit e la decisione del Governo stesso di bloccare la circolazione dei crediti, con la conseguenza di smentire la classificazione come “pagabili” dei crediti medesimi e di incidere negativamente sulla dinamica del PIL; questo, di fatto, rende i crediti d’imposta come “non pagabili” e conseguentemente è necessario rivedere la rilevazione e la classificazione contabile dei crediti nei conti dello Stato.
Le richieste a Giorgetti
L'interrogazione chiede di sapere:
- se il Ministro in indirizzo non ritenga di avere commesso un errore contabile nello spingere, tramite ISTAT, la classificazione dei crediti d'imposta del superbonus come “pagabili”, non soltanto provocando con questa decisione l'aumento del rapporto tra deficit e PIL 2023, ma andando a smentire la corretta classificazione dei suddetti crediti come “non pagabili” peraltro scaturita dallo stesso decreto-legge n. 11 del 2023, con cui ha cancellato la possibilità di circolazione dei crediti stessi, non ha risolto il problema degli incagli e ha quindi in ultima analisi esplicitato che una cospicua massa dei crediti non sarà compensabile con le tasse;
- quali misure intenda adottare per riparare a questo errore e quali scelte di politica fiscale intenda effettuare per il rientro dei parametri di deficit onde evitare l’apertura di una procedura d’infrazione da parte della Commissione europea per deficit eccessivo;
- se intenda varare una manovra correttiva dei conti pubblici sia con riferimento al rientro del deficit, sia con riferimento agli obiettivi programmati di rientro del debito pubblico, oltre che per il mancato raggiungimento della crescita economica dell’1,2 per cento come prevista nell'ultima NADEF, obiettivo difficilmente conseguibile in base alle diverse previsioni degli osservatori istituzionali;
- se intenda avviare interlocuzioni con Eurostat e ISTAT per chiedere la revisione della classificazione dei crediti incagliati da superbonus, che sulla base delle restrizioni introdotte non possono più considerarsi “pagabili”.