La riforma dell’Irpef “è un’occasione per rendere il sistema impositivo meno complesso e più trasparente di quello attuale attraverso una riduzione e razionalizzazione delle spese fiscali (esclusioni, deduzioni e detrazioni diverse da quelle per tipologia di reddito e per i carichi familiari). Si tratta di misure con diverse finalità che vanno dal ristabilire la capacità contributiva dell’individuo, a sostenere spese meritorie, a fornire incentivi a migliorare l’assetto degli immobili esistenti o di tipo settoriale e, in taluni casi, a contrastare l’evasione fiscale. La proliferazione di alcune di queste voci (molte delle quali di modesta entità complessiva ma che, riguardando un numero molto contenuto di contribuenti, hanno importi unitari rilevanti) è dovuta all’utilizzo dell’Irpef per veicolare politiche che nulla hanno a che fare con il suo obiettivo primario della redistribuzione del reddito e che, qualora ancora ritenute utili, potrebbero essere realizzate attraverso strumenti di spesa contribuendo alla semplificazione e trasparenza del sistema e ad attenuare la questione dell’incapienza fiscale. Un passo in questa direzione è stato realizzato consentendo la scelta di usufruire delle detrazioni connesse alla ristrutturazione e riqualificazione energetica degli immobili mediante la loro trasformazione in credito d’imposta cedibile a terzi, inclusi operatori del settore finanziario, di fatto scollegando l’incentivo, diventato un vero e proprio bonus, dall’l’Irpef. In ogni caso, la conservazione di queste detrazioni o l’eventuale trasformazione di detrazioni in crediti di imposta o bonus di qualche tipo dovrebbe essere preceduta da una riflessione sull’opportunità di proseguire con queste politiche di incentivazione sia dal lato della loro efficacia sia dal lato degli aspetti redistributivi, essendo i benefici fortemente sperequati a favore dei soggetti a più alto reddito a cui afferisce la quota maggiore di spesa agevolata”.
Lo ha dichiarato il Presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio (UPB) Giuseppe Pisauro, intervenuto oggi in audizione presso le Commissioni Finanze della Camera e Finanze e Tesoro del Senato, riunite in seduta congiunta nell’ambito dell’indagine conoscitiva in materia di riforma dell’Irpef e altri aspetti del sistema tributario.
Per quanto riguarda i redditi prodotti da professionisti e imprese individuali, secondo Pisauro “una riflessione andrebbe fatta sul mantenimento del regime forfettario introdotto nel 2019 per i titolari di partita IVA (professionisti e imprenditori individuali) con ricavi fino a 65.000 euro. Tale regime, a differenza dei precedenti (minimi e forfettari), non si configura come un’agevolazione a soggetti con attività professionale o di impresa marginale e non strutturata, ma come una vera e propria detassazione che riguarda circa il 60 per cento dei lavoratori autonomi e imprenditori individuali, creando iniquità nel sistema, frenando la crescita dimensionale delle imprese e incentivando la sottofatturazione dei ricavi (oltre i 65.000 euro si fuoriesce dal regime e si rientra nell’imposizione progressiva). Per ristabilire l’equità del sistema e per rendere neutrale il prelievo rispetto alla forma giuridica dell’impresa, un’opzione potrebbe essere quella di riproporre un meccanismo come quello, mai entrato in vigore, dell’Imposta sul reddito di impresa (Iri), in base al quale il reddito derivante dall’attività d’impresa verrebbe tassato con aliquota unica al 24 per cento (la stessa alla quale sono soggette le società di capitale) determinando la neutralità del prelievo rispetto alla forma giuridica dell’impresa, mentre la remunerazione del professionista o dell’imprenditore, ossia la parte di utili che viene distolta dall’attività professionale o dall’impresa, verrebbe assoggettata a tassazione progressiva (ristabilendo l’equità orizzontale del prelievo). In questo modo il sistema di tassazione si avvicinerebbe a un sistema duale e verrebbe incentivata la patrimonializzazione delle piccole imprese”.
In allegato la sintesi completa dell'audizione di Pisauro