In una fattura per interventi edilizi che beneficiano del Superbonus, con sconto integrale, l'errore nell'indicazione dell'IVA, se non corretto in tempo, può precludere l'accesso all'aliquota del 110%.
Lo ha ribadito l'Agenzia delle entrate nella Risposta n. 146 del 9 luglio 2024.
Il quesito
La signora ALFA, nella sua qualità di condòmino incaricato del «condominio minimo», pone un quesito concernente la fruizione dell'agevolazione di cui all'articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020 (cd superbonus).
In particolare, riferisce che, il 29 dicembre 2023, la ditta BETA, avendo già eseguito lavori per circa il 70% del totale, ha emesso 3 distinte fatture (nn. 70, 71 e 72) che non contemplavano alcun conguaglio in denaro, giacché gli importi dovuti «[...] per accordi contrattualmente assunti con l'impresa appaltatrice, dovevano essere regolati mediante l'applicazione dello sconto in fattura di cui all'articolo 121 del D.L. 19.05.2020, n.34.».
Tuttavia, «in sede di avvio delle procedure di asseverazione, [...] dopo il 31.12.2023, veniva riscontrato che [...] lo ''sconto in fattura'' di cui sopra, non veniva esposto a valle dell'importo complessivo della fattura (IVA inclusa) ma bensì nel corpo della stessa, così ''erroneamente'' neutralizzando gli importi dei singoli interventi ivi riportati».
Ciò posto, l'istante chiede come sanare l'errore al fine di conservare l'agevolazione fiscale nella misura del 110%.
I chiarimenti del Fisco
Nella risposta, l'Agenzia delle entrate ricorda che in tema di detrazioni si è più volte ribadito che, come «chiarito nella circolare 8 agosto 2020, n. 24/E e nella circolare 22 dicembre 2020, n. 30/E, per le persone fisiche, compresi gli esercenti arti e professioni, e gli enti non commerciali, in applicazione del criterio di cassa, le spese si intendono sostenute alla data dell'effettivo pagamento. In caso di sconto ''integrale'' in fattura (e, dunque, in assenza di un pagamento), occorre fare riferimento alla data di emissione della fattura da parte del fornitore» (così la risposta n. 1, pubblicata il 5 gennaio 2024).
Va aggiunto, che «la fattura non può considerarsi emessa prima dell'invio allo SdI [...]». Al riguardo, con la recente risposta ad interpello n. 103 pubblicata il 13 maggio 2024, cui si rinvia per ogni approfondimento, sono stati forniti chiarimenti in merito alle condizioni al verificarsi delle quali la fattura può considerarsi tempestivamente emessa ai fini dell'agevolazione in argomento. In particolare, è stato chiarito che «[...] laddove l'emissione della fattura per i servizi resi non sia contestuale al pagamento degli stessi (anche tramite riconoscimento dello sconto) e, pertanto, il documento indichi due diverse date [una di effettuazione dell'operazione (ossia di pagamento, anche tramite l'equivalente sconto) ed una successiva di trasmissione allo SdI], laddove la seconda sia rispettosa dei termini di legge (ivi compresi i [...] cinque giorni dall'eventuale scarto), la fattura risulterà correttamente emessa e lo sconto applicato.
In altre parole, ai fini dell'individuazione del momento di sostenimento della spesa, in ipotesi di opzione per lo ''sconto integrale'' in fattura applicabile secondo le percentuali vigenti in tale momento, è possibile dare rilevanza alla data indicata in fattura, corrispondente all'effettuazione dell'operazione (ossia al pagamento, anche tramite l'equivalente sconto), sempreché la relativa fattura sia stata trasmessa allo SdI nei termini stabiliti dall'articolo 21, comma 4, del d.P.R n. 633 del 1972 (entro 12 giorni), e ricorrano gli ulteriori requisiti formali e sostanziali previsti dalla disciplina del ''Superbonus 110%''».
Ciò detto, esaminando il caso di specie, risulta che la ditta fornitrice ha emesso, il 29 dicembre 2023, tre fatture errate, avendo praticato lo sconto sul solo imponibile, omettendo quindi di addebitare l'IVA in rivalsa. Al riguardo, con la circolare n. 30/E del 22 dicembre 2020, al punto 5.3.4, è stato specificato che, ai fini dell'applicazione dello sconto in fattura, «per corrispettivo dovuto deve intendersi il valore totale della fattura, al lordo dell'IVA, e l'importo dello sconto non riduce la base imponibile e deve essere espressamente indicato nella fattura emessa a fronte degli interventi eseguiti».
Le successive note di debito (rectius fatture) prodotte per ''rettificare'' le fatture errate, seppur datate 29 dicembre 2023, sono state concretamente trasmesse allo SdI e, quindi, ''emesse'' il 27 marzo 2024, ben oltre il termine di 12 giorni che consentono di dare legittima rilevanza alla data corrispondente all'effettuazione dell'operazione (ossia al pagamento, anche tramite l'equivalente sconto).
A ciò si aggiunga che le nuove fatture replicano pedissequamente le precedenti fatture errate - salvo che per l'addebito dell'IVA in rivalsa, poi assorbito anch'esso dallo sconto - sicché le prime non sembrano essere state ''stornate'' con una nota di credito ma solo duplicate, in violazione delle norme.
Stante quanto sopra - tralasciando il trattamento sanzionatorio delle violazioni commesse dalla ditta fornitrice (errata fatturazione senza esercizio della rivalsa, errata liquidazione periodica/annuale dell'IVA, documentazione della medesima operazione con più fatture), che non è oggetto dell'istanza, non essendo peraltro riferibile direttamente all'istante - considerato che le note di debito (rectius fatture) corrette sono state inviate al SdI, e quindi emesse, il 27 marzo 2024, lo sconto in fattura, ove sussistano gli altri requisiti richiesti dalle norme, sarà applicabile nella misura prevista per il 2024 (70%).
Si osserva, infine, che, sebbene con l'istituto del ravvedimento operoso, di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, il fornitore, una volta rimosse le violazioni, abbia la possibilità di sanare le sanzioni ad esse relative, detta sanatoria, tuttavia, non consentirà di retrodatare l'efficacia delle fatture al fine di fruire dell'agevolazione di cui si discute in misura pari al 110%.
L'Agenzia delle entrate conclude, pertanto, che la soluzione prospettata dall'istante non può essere condivisa e andranno, quindi, modificate, coerentemente con la misura agevolativa effettivamente spettante, l'asseverazione intermedia e la comunicazione della cessione del credito.
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