Il meccanismo del silenzio assenso, di cui all’art. 17-bis della legge n. 241 del 1990, non è applicabile all’autorizzazione paesaggistica disciplinata dall’art. 146 del D.lgs. n. 42/2004. È questo l'orientamento al quale ha aderito il Tar della Campania, sezione staccata di Salerno, nella sentenza 2896/2022 pubblicata il 2 novembre, con la quale è stato annullato il provvedimento prot. n. 16962 del 30.08.2022 con il quale il Comune di Castellabate, ritenendo vincolante il parere sub b) reso dalla Soprintendenza, ha respinto l'istanza di autorizzazione paesaggistica depositata dal ricorrente in data 21.01.2022 ai fini della realizzazione di un intervento di ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione ed ampliamento volumetrico del 35%.
In merito all’applicabilità del meccanismo del silenzio assenso, di cui all’art. 17-bis della legge n. 241 del 1990, all’autorizzazione paesaggistica disciplinata dall’art. 146 del D.lgs. n. 42/2004, sussiste un articolato contrasto nella giurisprudenza amministrativa, laddove sono riscontrabili due, se non addirittura tre, orientamenti:
1) un primo orientamento, di segno negativo, muove dal fatto che l’autorizzazione paesaggistica costituisce un provvedimento monostrutturato, essendo il relativo procedimento attivato ad istanza della parte privata interessata e non della P.A. procedente. Il rapporto tra Regione/Ente locale e Soprintendenza è meramente interno, ossia finalizzato a co-gestire non la fase decisoria, ma quella istruttoria. Viene rimarcata, inoltre, l’estraneità alla funzione di tutela del paesaggio di “ogni forma di attenuazione determinata dal bilanciamento o dalla comparazione con altri interessi”, atteso che il parere è “atto strettamente espressivo di discrezionalità tecnica”, in cui il giudizio di compatibilità paesaggistica “deve essere … tecnico e proprio del caso concreto”. Pertanto, il parere reso tardivamente non è inefficace. Esso però non vincola la P.A. procedente, alla quale tocca tenerne conto, valutando motivatamente ed in concreto anche gli aspetti paesaggistici (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 27 luglio 2020, n. 4765; 29 marzo 2021, n. 2640; 7 aprile 2022, n. 2584) e tanto, in applicazione del comma 9 dell’art. 146, in base al quale, “decorsi inutilmente sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del Soprintendente, senza che questi abbia reso il prescritto parere, l’amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione”: norma non espressamente abrogata dall’art. 17-bis della legge n. 241/1990, la quale istituisce una forma di silenzio devolutivo, per definizione incompatibile con il silenzio assenso;
2) un secondo orientamento di segno contrario, del tutto originale perché dotato di ricadute pratiche alquanto simili all’art. 17-bis, ritiene che l’ostacolo all’applicazione della norma semplificatoria sia costituito non dall’assenza di un potere codecisorio, ma dalla peculiare scansione procedimentale dettata dal comma 9 dell’art. 146, secondo cui “l’amministrazione competente” - cioè Regione/Ente locale delegato - “provvede comunque”. Ciò nondimeno, dal punto di vista pratico, cambia poco rispetto alla fattispecie del silenzio assenso ex art. 17-bis, perché è evidente che il provvedimento finale, anche in tal caso, deve rispecchiare la proposta originaria trasmessa alla Soprintendenza: diversamente il provvedimento adottato risulterebbe illegittimo in quanto emesso su una proposta non precedentemente sottoposta al parere della Soprintendenza (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 5799 dell’11 dicembre 2017). Viceversa, ove l’amministrazione procedente avesse un ripensamento, non essendosi formato un silenzio assenso da parte della Soprintendenza, potrebbe riformulare la proposta originaria, senza incorrere in un provvedimento in autotutela, non essendosi ancora formato un provvedimento definitivo. Pertanto, l’atto finale dell’amministrazione procedente, a meno di un “ripensamento” circa la propria posizione originaria, non potrà che essere favorevole al privato, pena l’illegittimità di un diniego, che sarebbe emesso in assenza di una precedente proposta in tal senso sottoposta al parere della Soprintendenza (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 24 maggio 2022, n. 4098);
3) un terzo orientamento, di segno positivo “senza condizioni” all’applicabilità dell’istituto del silenzio assenso al parere della Soprintendenza, muove dalla considerazione per cui tutti i pareri vincolanti partecipano alla formazione di un provvedimento finale pluristrutturato, in quanto la decisione dell’amministrazione procedente richiede per legge l’assenso vincolante di un’altra amministrazione. A tali pareri, si applica pertanto l’art. 17-bis della legge n. 241/1990, diversamente che ai pareri consultivi (non vincolanti), che restano assoggettati alla disciplina di cui agli artt. 16 e 17. Dunque, la formulazione testuale del comma 3 dell’art. 17-bis consente di estendere il meccanismo del silenzio assenso anche ai procedimenti di competenza di amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili, ivi compresi i beni culturali e la salute dei cittadini, di modo che, scaduto il termine fissato dalla normativa di settore, vale la regola generale del silenzio assenso (cfr. Cons. Stato, comm. spec., 23 giugno 2016, n. 1640, reso su uno specifico quesito posto dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione; sez. VI, 1 ottobre 2019, n. 6556; sez. IV, 14 luglio 2020, n. 4559; sez. V, 14 gennaio 2022, n. 255).
Altre sentenze, infine, pur non affrontando il tema dell’operatività dell’art. 17-bis, definiscono il parere della Soprintendenza “espressione di cogestione attiva del vincolo paesaggistico” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 21 novembre 2016, n. 4843; idem, 18 marzo 2021, n. 2358; idem, 19 marzo 2021 n. 2390), “nel quale l’apprezzamento di merito correlato alla tutela del valore paesaggistico è rimesso alla Soprintendenza” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 aprile 2021, n. 3145).
Tanto esposto, il Tar Campania, “conformemente ad un orientamento oramai consolidato, aderisce al primo orientamento, ossia quello contrario all’applicabilità dell’art. 17-bis al parere paesaggistico.
Donde, il parere impugnato, in quanto reso tardivamente, è da ritenere non già inefficace, ma semplicemente non vincolante per la P.A. procedente, alla quale spetta tenerne conto, valutando motivatamente ed in concreto anche gli aspetti paesaggistici.
Da tale paradigma discendono, pertanto, due conseguenze:
a) l’impugnativa del parere contrario tardivo è manifestamente inammissibile, stante la sua natura non vincolante e, quindi, meramente endoprocedimentale;
b) l’impugnativa del diniego comunale è manifestamente fondata, stante la carenza, nella motivazione dell’atto, di un’autonoma valutazione sugli aspetti paesaggistici, la quale, in mancanza di un presupposto parere vincolante, si palesa doverosa”.
IN ALLEGATO la sentenza.