Il fatto che la nuova superficie creata da un intervento edilizio non sia computabile ai fini del calcolo della superficie lorda di pavimento non esclude che tale intervento sia subordinato al rilascio del permesso di costruire.
È quanto sostiene il Tar Lombardia (Sezione II) con la sentenza n. 942/2015 depositata il 16 aprile, nella quale si richiamano una serie di pronunciamenti della suprema Corte e dei Tar (Cassazione penale, sez. III, 23 settembre 2005; T.A.R. Piemonte, sez. I, 18 dicembre 2013, n. 1368; T.A.R. Liguria, sez. I, 31 dicembre 2009, n. 4131).
Il Tar Milano ricorda infatti che, secondo il pacifico orientamento della giurisprudenza, sono “subordinati a permesso di costruire interventi che non determinano la creazione di ambienti destinati alla permanenza di persone (e, dunque, in base alla normativa comunale spesso non rilevanti ai fini del calcolo della superficie lorda di pavimento). Si pensi ad esempio ai muri di cinta, ai box, alle insegne, ai muri di contenimento ecc…”.
LA CREAZIONE DI NUOVA SUPERFICIE NON È SUBORDINATA A PERMESSO DI COSTRUIRE SOLO IN CASI ECCEZIONALI. Solamente “in casi eccezionali, quando cioè per la minima consistenza dell’intervento l’opera possa essere considerata pertinenziale ai sensi dell’art. 3, comma primo, lett. e.6) del T.U. edilizia, la creazione di nuova superficie non è subordinata a permesso di costruire”.
TESTO UNICO EDILIZIA. In base all’art. 10, comma primo, lett. c) del T.U. edilizia costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire “gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino (…) modifiche delle superfici…”.
La norma prescrive che sono subordinati a permesso di costruire, fra l’altro, gli interventi che, oltre a determinare la trasformazione dell’organismo edilizio originario, comportino modifiche alla superficie esistente.
La disposizione parla di superficie in generale senza alcuna specificazione. Pertanto, osserva il Tar Lombardia, si deve ritenere che, ai fini che qui interessano, sia rilevante qualsiasi incremento della superficie reale, senza che abbia invece alcun rilievo il fatto che questa superficie sia o meno conteggiabile ai fini del calcolo dei parametri edilizi (ed in particolare della volumetria).
I COMUNI. In proposito, i giudici amministrativi lombardi osservano che “i comuni, nei propri strumenti urbanistici, devono individuare i parametri edilizi da rispettare in caso di nuove edificazioni o di ampliamento di quelle esistenti, stabilendo, fra l’altro, la consistenza volumetrica o la superficie lorda di pavimento massima assentibile nelle singole zone in cui si scompone il territorio comunale (cfr. ad. es. art. 10, comma 3, lett. b) della legge regionale n. 12 del 2005). Ebbene, a questo fine, i comuni stabiliscono spesso, nei propri atti di pianificazione, che parte delle nuove superfici create non vadano computate ai fini del calcolo della volumetria o della superficie lorda di pavimento, in quanto trattasi di superfici destinate ad ospitare attrezzature tecniche o comunque non destinate alla permanenza di persone e, per questa ragione, aventi scarso rilievo sotto il profilo del carico urbanistico introdotto. Si pensi, ad esempio, alle cantine, ai depositi ed ai sottotetti non abitabili”.
Ma queste superfici, “sebbene neutre ai fini della verifica del rispetto dei parametri stabiliti dallo strumento urbanistico, sono comunque rilevanti ai fini edilizi ed urbanistici, giacché la loro creazione determina comunque una trasformazione del territorio. La loro realizzazione è dunque sempre subordinata al rilascio del permesso di costruire”.