Con la sentenza del 26 settembre 2019, causa C-63/19, la Corte di Giustizia UE ha affermato che “la direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, come modificata dal regolamento delegato (UE) 2015/2170 della Commissione, del 24 novembre 2015, deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che limita al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi”.
In proposito il Tar Lazio, nella sentenza n. 4183/2020 pubblicata il 24 aprile, ha affermato che la richiamata sentenza della Corte Ue, “pur avendo censurato il limite al subappalto previsto dal diritto interno nella soglia del 30% dei lavori, non esclude la compatibilità con il diritto dell’Unione di limiti superiori”.
“Nella sentenza citata e in altra di poco successiva la Corte” - sottolinea il Tar Lazio - “ha infatti evidenziato, richiamando precedenti decisioni, che “il contrasto al fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici costituisce un obiettivo legittimo, che può giustificare una restrizione alle norme fondamentali e ai principi generali del Trattato FUE che si applicano nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici (v., in tal senso, sentenza del 22 ottobre 2015, Impresa Edilux e SICEF, C-425/14, EU:C:2015:721, punti 27 e 28). Tuttavia, anche supponendo che una restrizione quantitativa al ricorso al subappalto possa essere considerata idonea a contrastare siffatto fenomeno, una restrizione come quella oggetto del procedimento principale eccede quanto necessario al raggiungimento di tale obiettivo” (Corte di Giustizia Europea, 27.11.2019, C-402/18)”.
Di conseguenza, secondo il Tar Roma “la Corte ha considerato in contrasto con le direttive comunitarie in materia il limite fissato, non escludendo invece che il legislatore nazionale possa individuare comunque, al fine di evitare ostacoli al controllo dei soggetti aggiudicatari, un limite al subappalto proporzionato rispetto a tale obiettivo”.
Pertanto non può ritenersi contrastante con il diritto comunitario l’attuale limite pari al 40% delle opere, previsto dall’art. 1, comma 18, della legge n. 55/2019, secondo cui “Nelle more di una complessiva revisione del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, fino al 31 dicembre 2020, in deroga all’articolo 105, comma 2, del medesimo codice, fatto salvo quanto previsto dal comma 5 del medesimo articolo 105, il subappalto è indicato dalle stazioni appaltanti nel bando di gara e non può superare la quota del 40 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori”.
GENOVESI, FILLEA CGIL: STORICA SENTENZA TAR LAZIO CI DA' RAGIONE: LEGITTIMO IL LIMITE AL SUBAPPALTO. “La sentenza del Tar del Lazio del 24 aprile scorso dà ragione alla Fillea Cgil, anche rispetto al pronunciamento della Corte di Giustizia Europea del 26 settembre 2019: è legittimo porre una percentuale massima ai subappalti nella norma nazionale, cioè nel Codice degli Appalti”. Questo il commento di Alessandro Genovesi, segretario generale della Fillea Cgil, sulla sentenza del Tar Lazio che respinge il ricorso di un’importante azienda esclusa da un appalto per aver superato il limite percentuale sia del 30 che del 40% previsto dal Codice.
“La sentenza è importantissima per almeno tre ragioni: la prima perché esplicitamente riconosce che il ricorso al lavoro autonomo è configurabile come subappalto. Pur se consentito, quindi, il ricorso al lavoro autonomo è subordinato all’individuazione specifica del contenuto delle attività da svolgere e può riguardare solo attività accessorie o strumentali e non l’attività oggetto dell’appalto”.
La seconda ragione è la più importante per Genovesi "perchè riguarda il tema delicato della lotta alle infiltrazioni criminali" come si legge nel dispositivo: il contrasto al fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici costituisce un obiettivo legittimo, che può giustificare una restrizione alle norme fondamentali e ai principi generali del Trattato di Funzionamento della UE che si applicano nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, pertanto, l'attuale limite percentuale previsto dal Codice degli Appalti non può ritenersi contrastante con il diritto Comunitario.
Infine la terza ragione è che "la causa era stata intentata contro la Camera dei Deputi, che si è difesa ricorrendo proprio alle posizioni più volte assunte dalla Fillea Cgil sul corretto ricorso ai lavoratori autonomi e sulla legittimità dei limiti percentuali al sub appalto. Questa sentenza rappresenta ora un punto di riferimento per le stazioni appaltanti e per gli operatori economici e speriamo che i tanti deputati ed imprese che invocano la liberalizzazione del subappalto, prendano atto che la tutela del lavoro, della sicurezza così come il contrasto all’irregolarità e alla criminalità vengono prima in tutte le sedi, anche in quelle giudiziarie e amministrative. Ora nessuno ha più alibi!” conclude il segretario.
In allegato la sentenza