L'ordine degli avvocati di Roma ha impugnato un Avviso pubblicato dall'I.N.P.S., sul proprio sito istituzionale il 18 gennaio 2021, al fine di acquisire la disponibilità di 77 professionisti avvocati per svolgere incarichi di domiciliazione e/o sostituzione in udienza presso gli Uffici giudiziari del circondario del Tribunale di Roma.
Tra i motivi del ricorso, la violazione dell’art. 13, comma 6, della legge n. 247 del 2012 (e dunque del DM n. 55 del 2014 poi adottato in sua stretta applicazione) nella parte in cui non sarebbero stati rispettati, nel fissare i compensi per le suddette attività di sostituzione e domiciliazione, i tariffari minimi ivi previsti. Violazione in ogni caso del principio dell’equo compenso fissato dalla legge n. 247 del 2012 e della legge Regione Lazio n. 6 del 2019.
Dopo aver ricordato che in tema di compensi in favore degli avvocati, la regola è data dalla libera pattuizione mentre l’eccezione (in caso ossia di mancato accordo tra le parti) dal rispetto dei minimi tariffari di cui all’apposito decreto ministeriale (ora, il DM n. 55 del 2014), il Tar Lazio (Sezione Terza Quater), nella sentenza n. 9404/2021 pubblicata il 27 agosto, precisa che “per la pubblica amministrazione trova sì applicazione il concetto di “equo compenso” ma non entro i rigidi e ristretti parametri di cui al DM contemplato dall’art. 13, comma 6, della legge n. 247 del 2012 (ora, il DM 55 del 2014). Il concetto di “equo compenso”, per quanto riguarda la PA, deve dunque ancorarsi a parametri di maggiore flessibilità legati: da un lato, ad esigenze di contenimento della spesa pubblica (si veda in proposito la consueta clausola di invarianza finanziaria di cui al comma 4 dell’art. 19-quaterdecies del decreto-legge n. 148 del 2017); dall’altro lato, alla natura ed alla complessità delle attività defensionali da svolgere in concreto”.
La disposizione di cui all’art. 13-bis, comma 2, secondo cui si deve fare comunque riferimento alle tariffe di cui al DM 55 del 2014, “trova unicamente applicazione per taluni soggetti imprenditoriali (es. imprese assicurative e bancarie) che notoriamente godono di una certa forza contrattuale, non anche per le pubbliche amministrazioni le quali non sono espressamente contemplate tra i soggetti di cui al riportato art. 13-bis, comma 1”, osserva il Tar Lazio.
Del resto, “l’estensione automatica ed inequivoca delle disposizioni di cui all’art. 13-bis (equo compenso sulla base dei minimi tariffari) è stata operata dal legislatore soltanto in riferimento ad una particolare categoria di liberi professionisti (quelli di cui all’art. 1 della legge n. 81 del 2017) e non anche nei riguardi della pubblica amministrazione”.
Il testo completo della sentenza è disponibile in allegato.