Un Comune ha contestato a una signora la realizzazione di talune opere asseritamente abusive nell’ambito di un appartamento di sua proprietà. Si trattava, in particolare: a) del rifacimento del rivestimento in cotto di un piano di muratura; b) di un tendaggio con bracci metallici a copertura di un balcone; c) del posizionamento di un armadio metallico; d) della pavimentazione di una corte con mattonelle in cotto.
La signora ha chiesto la sanatoria edilizia delle predette opere munendosi di preventivo nulla osta paesaggistico.
La domanda è stata, tuttavia rigettata in quanto: 1) il tendaggio è stato qualificato come pergolato non avente le dimensioni massime previste nel vigente regolamento edilizio; 2) l’armadio e il piano di lavoro sono state considerate opere eccedenti la manutenzione straordinaria; 3) la pavimentazione è stata considerata come opera di impermeabilizzazione del suolo.
Il diniego di sanatoria, che disponeva altresì la rimozione dei manufatti abusivi, è stato impugnato con ricorso principale.
La mancata ottemperanza della proprietaria all’ingiunzione ha dato luogo alla irrogazione di una ulteriore sanzione pecuniaria impugnata con ricorso per motivi aggiunti.
Con la sentenza n.486/2018 pubblicata il 5 aprile, la terza sezione del Tar Toscana ha accolto il ricorso principale osservando che gli elementi evidenziati dal Comune “non valgono tuttavia ad escludere che l’opera in questione possa essere considerata qualcosa di diverso da una tenda che la pacifica giurisprudenza considera come opera inidonea d integrare una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio (T.A.R. Napoli, sez. III, 03/07/2017, n. 3570)”.
Le ragioni della qualificazione della struttura nell’ambito dei pergolati sono state esplicitate negli scritti difensivi del comune e fanno leva sulla circostanza che la stessa non costituirebbe un semplice tendaggio srotolabile infisso alla parete del balcone ma sarebbe sorretta da bracci metallici che farebbero da sostegno fisso alla tenda.
Il Tar Toscana osserva che “il giudice amministrativo di appello ha chiarito che l’intelaiatura metallica non va considerata come elemento fine a se stesso ma come elemento costitutivo della tenda, quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata ad una migliore fruizione dello spazio esterno dell'unità abitativa (Consiglio di Stato, sez. VI, 27/04/2016, n. 1619).
E’ quindi il criterio funzionale che deve guidare la classificazione del manufatto, potendosi escludere la natura di tendaggio solo nei casi in cui appaia evidente che la struttura complessivamente intesa (comprensiva della intelaiatura e del tessuto retrattile) non sia volta alla migliore fruizione di spazi già esistenti ma sia preordinata alla creazione di un nuovo ambiente coperto.
Cosa che nel caso di specie non accade in quanto la tenda si correla funzionalmente ad un preesistente balcone di cui è volta a consentire un migliore sfruttamento consentendone la frizione anche in giornate fortemente soleggiate o piovose”.
Secondo il Tar Firenze è fondata “anche la seconda censura con la quale il ricorrente lamenta che la realizzazione di un piano di lavoro in cotto all’esterno non sia stata considerata come opera di manutenzione straordinaria.
Non si vede, infatti, sotto quale altra categoria edilizia potrebbe essere annoverata la semplice messa in opera di un piano di lavoro (con lavello) che è manufatto irrilevante sotto il profilo edilizio per natura, funzione, collocazione e dimensioni.
Lo stesso è a dirsi dell’armadio che è mero mobilio e non certo opera edilizia.
Anche la censura relativa alla pavimentazione del resede deve essere accolta.
Non sussiste, infatti, l’evidenziato contrasto con l’art. 66 del r.u. che favorisce la permeabilità dei suoli nell’ambito di spazi non pavimentati costituiti da orti e giardini, non risultando da alcun atto che prima dell’intervento la superficie pavimentata fosse destinata a orto o a giardino.
L’annullamento dell’ordine di demolizione travolge anche la sanzione pecuniaria allo stesso strettamente consequenziale determinando così la improcedibilità dei motivi aggiunti”.