Con la Risposta n. 512/2019, l’Agenzia delle Entrate interviene sul trattamento fiscale, ai fini delle imposte sul reddito, dei compensi per attività di lavoro autonomo professionale fatturati in un periodo di imposta precedente a quello di effettiva percezione, in cui il percipiente non è più fiscalmente residente in Italia.
Le modalità di determinazione del reddito di lavoro autonomo – ricorda l’Agenzia - sono governate dal principio di cassa. L’applicazione di tale principio implica, in linea generale e fatte salve espresse eccezioni, che la tassazione dei relativi compensi deve essere effettuata nel periodo di imposta in cui gli stessi sono effettivamente percepiti (o incassati) e la deduzione delle spese in quello in cui le medesime sono state effettivamente sostenute (o pagate). Nel caso in esame, l'istante dichiara di aver fatturato prestazioni professionali negli ultimi mesi del 2018, anno in cui era fiscalmente residente in Italia e svolgeva in modo abituale attività di lavoro autonomo, e che i relativi compensi sono incassati nel 2019, anno in cui ha residenza fiscale all'estero e non svolge più alcuna attività professionale nel nostro Paese. In tale fattispecie, dunque, i compensi relativi alle prestazioni di lavoro autonomo rese nel 2018 diventano rilevanti, ai fini delle imposte sui redditi, solo nel momento in cui gli stessi sono effettivamente percepiti, vale a dire nel 2019. Pertanto, è in tale ultimo periodo d'imposta che devono essere verificate le condizioni per la corretta tassazione dei compensi in oggetto. Ne consegue – aggiunge l’Agenzia - che le somme percepite nel 2019 rientrano nel regime fiscale previsto dall'articolo 25, comma 2, primo periodo, del d.P.R. n. 600 del 1973, secondo cui i compensi per prestazioni di lavoro autonomo, anche non abituale, corrisposti a soggetti non residenti devono essere assoggettati alla ritenuta a titolo di imposta nella misura del 30 per cento. (fonte: Consulenti del lavoro)
In allegato la Risposta n. 512/2019