Il teleriscaldamento ha la “fortuna” di “poter cambiare pelle”. Lungo i suoi tubi, passa dell’acqua calda la cui fonte di produzione può essere cambiata per seguire l’evoluzione tecnologica e politica, senza che essi, i tubi, debbano subire modifiche sostanziali per decenni e decenni. L’Annuario dell'Airu (Associazione italiana riscaldamento urbano) di quest’anno, oltre a continuare la sua capillare e certosina ricerca di piccole reti segna appunto l’inizio di questo processo di trasformazione che lentamente, ma inesorabilmente segnerà il teleriscaldamento del prossimo futuro.
L’obiettivo è sempre stato quello di risparmiare energia, a quell’obiettivo si è aggiunta la necessità della sostenibilità energetica e quindi della coltivazione della fonte locale: geotermia, recupero di calore industriale altrimenti disperso, recupero di calore dalla trasformazione dei rifiuti solidi urbani, solare termico.
Le reti esistenti cercano di andare in questa direzione; le nuove già si orientano.
Quest’anno si segnalano 7 nuovi impianti di cui due effettivamente nuovi due realizzati nel 2014 (Monteverdi Marittimo) e nel 2016 (Campus Forlì) quattro recenti tra il 2008 ed il 2011 (Assisi, Rio di Pusteria, Asiago e Vallarsa) ed uno (Rio di Pusteria) già in esercizio fin dal 1997, ma entrato nell’Annuario Airu da quest’anno.
L’analisi di dettaglio riportata di seguito consente di tracciare il seguente quadro di sintesi:
- nel 2016 risultano in esercizio (nell’accezione di “censite dall’Annuario”) 236 reti, per una estensione totale di tracciato di quasi 4.300 km; significativa quest’anno la posa di 20 Km a Torino, 15 Km a Milano e 7 Km a Merano;
- le reti di teleriscaldamento sono presenti in 193 centri urbani, dalle grandi città (Torino, Milano, Roma) a minuscoli agglomerati di poche migliaia di abitanti;
- la volumetria riscaldata ha raggiunto oltre 340 milioni di metri cubi e nuova entrante la regione Umbria soprattutto con Assisi, una rete con già 10 chilometri di sviluppo avviata nel 2008;
- quanto alla tipologia delle centrali che alimentano tali reti, il 2016 vede sempre al primo posto, le centrali termoelettriche (1.161 MWt installati); seguono, sempre in calo rispetto agli anni precedenti, le centrali di cogenerazione “dedicate” a combustibili fossili (960 MWt); in leggero aumento gli impianti di termovalorizzazione RSU (555 MWt); mentre in significativa crescita gli impianti a fonti rinnovabili: bioenergie (623 MWt);geotermia a media e bassa entalpia (135 MWt); pompe di calore (47 MWt) e recupero da processi industriali (41 MWt); il campo solare di Varese per ora rimane l’unica esperienza in Italia con 1 MWt. Il recupero da processi industriali è ancora basso (0,1% delle fonti energetiche utilizzate), ma in netta crescita;
- le reti di teleriscaldamento in esercizio in Italia hanno conseguito nel 2016 un risparmio di energia primaria pari a 517.700 tep ed evitato l’emissione di poco più di 1,6 milioni di tonnellate di anidride carbonica.
Per consultare l’Annuario AIRU 2017 cliccare qui.