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Terre rare, ago della bilancia nella transizione ecologica

L’Unione europea si è prefissata l’obiettivo di rendersi gradualmente indipendente dalle importazioni per le terre rare come per altri minerali considerati critici

lunedì 12 giugno 2023 - Franco Metta

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Finita l’emergenza Covid-19 ne è arrivata subito un’altra. La ripresa delle attività economiche, con la forte volontà di recuperare il terreno perduto in termini economici e di produzione industriale, ha indotto a una corsa verso le materie prime, metalli, componentistica elettronica, mettendoci di fronte a un nuovo dato di fatto: la fragilità del sistema di approvvigionamento “globale”, ovvero delle catene di valore, innescando così la corsa dell’inflazione.

La guerra in Ucraina quindi, che ha indotto i Paesi occidentali ad affrancarsi gradualmente dalle forniture energetiche russe, non ha fatto altro che acuire una tendenza già in atto e a renderci sempre più consapevoli della necessità di “renderci autonomi”.

L’Unione europea si è così prefissata l’obiettivo di rendersi gradualmente indipendente dalle importazioni, per le terre rare come per altri minerali considerati critici come rame, litio, grafite, nickel, manganese e cobalto, che sono necessari alla transizione ecologica. In questa direzione va dunque il Critical raw materials act, proposto lo scorso 16 marzo.

Le terre rare

Le terre rare sono dei minerali considerati critici perché indispensabili per la transizione ecologica e digitale. Sono problematici per una serie di motivi, tra cui anche quello ambientale. Ad oggi le terre rare provengono prevalentemente dall’Asia e soprattutto dalla Cina.

Attualmente i paesi europei sono già dipendenti dalle importazioni, e dato che la richiesta per i prossimi decenni è vista crescere in modo esponenzialmente proprio in virtù della transizione ecologica, è facile intuire quando l’argomento sia di estrema importanza.

Per esempio la richiesta di tutte le terre rare necessarie per l’eolico triplicherà nel 2030, secondo gli scenari di Iea. E lo è ancor di più se si pensa che spesso le importazioni europee provengono da stati che esercitano un quasi-monopolio e che i primi 3 paesi importatori detengono infatti i tre quarti dell’output globale.

Ci si è resi conto inoltre che l’estrazione delle terre rare è un processo inquinante: richiede molta energia, vi è una significativa produzione di rifiuti e impatta sulla salute delle persone che abitano vicino alle miniere, quindi non solo sui minatori.

In definitiva le terre rare sono diventate l’ago della bilancia che può determinare il destino della transizione ecologica.

La strada intrapresa quindi non è rettilinea e a tripla corsia, bensì piuttosto lastricata. Ma, ora come ora, non possiamo fare a meno di percorrerla.

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