Dopo tre anni di esplorazione la società mineraria norvegese Rare Earths Norvegia ha reso nota la stima iniziale delle risorse minerarie contenute nel complesso carbonatico di Fen, a 150 km da Olso, pari ad almeno 8,8 milioni di tonnellate di ossidi di terre rare recuperabili.
Si stima inoltre che dal giacimento si possano ricavare almeno 1,5 milioni di tonnellate di materie prime per la produzione di veicoli elettrici e di turbine eoliche. La stima, eseguita dalla società di consulenza WPS (terza e indipendente), rende il complesso di Fen, il giacimento più grande d’Europa.
Un risultato importante per la società norvegese e che fa emergere al tempo stesso il ruolo della Norvegia come parte vitale della catena del valore delle terre rare e delle materie prime critiche presenti in Europa.
Benché la Norvegia non aderisca all’Unione europea, la società norvegese fa parte della rete di partner di ERMA, l’alleanza europea per le materie prime ed è supportata da EIT RawMaterials, il consorzio attivo nel settore delle materie prime e cofondato dall’Unione europea nel 2015 per promuovere la transizione dell’Europa verso un’economia sostenibile.
Sviluppo e sostenibilità del giacimento
La stima delle risorse minerarie è stata effettuata fino a una profondità di 468 metri sotto il livello del mare. La società però si aspetta un significativo potenziale di rialzo futuro per il progetto dal momento che precedenti perforazioni esplorative hanno indicato la possibilità di scendere fino a 1.000 metri sotto il livello del mare.
Inoltre si prevede che lo sviluppo di nuovi metodi di estrazione aumenterà la stima delle risorse. In particolare, Alf Reistad, Ceo di Rare Earths Norvegia, ha affermato che è in corso una collaborazione con la società austriaca Montanuniversität Leoben per sviluppare il giacimento con la tecnologia mineraria e di lavorazione dei minerali più sostenibile al mondo, riducendo al minimo l’impatto ambientale della miniera.
“Questo progetto, afferma Bernd Schäfer, Ceo di EIT Raw Materials, sottolinea il potenziale e l’opportunità per l’Europa di investire in progetti di estrazione e lavorazione di livello mondiale che contribuiranno a proteggere le nostre catene del valore industriale e a stabilire nuovi standard in termini di prestazioni ambientali e sociali attraverso la tecnologia, l’innovazione e la collaborazione”.
“Terre rare” presenti anche in Italia
Secondo l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), in Italia si trovano almeno 15 delle 34 materie prime importanti per la transizione energetica situate in circa 3.000 siti.
È soprattutto l’arco alpino a offrire il maggior numero di elementi (barite, berillio, nichel, tungsteno): in Trentino sono stati individuate riserve di cobalto, manganese, magnesio, barite e rame, in Lombardia oltre a queste ultime due anche cobalto, berillio e zinco. In Piemonte, oltre al cobalto, si trovano grafite e manganese. In Liguria sono stati individuati giacimenti di rame, grafite, manganese e barite.
In Toscana ci sono antimonio e magnesio, nella parte settentrionale del Lazio giacimenti di cobalto, manganese e barite, quest’ultima presente anche in Sardegna, assieme a rame e antimonio.
La bauxite è presente sull’Appennino abruzzese e nella parte Nord della Campania e in alcune aree interne della Puglia. In Calabria sono state mappate aree con la presenza di manganese, barite e grafite, mentre in Sicilia ci sono antimonio e manganese.