Rifiuti di discarica, scarti organici e fanghi di depurazione saranno la “materia prima” per produrre idrogeno: è questo il campo d’indagine di BioRoburplus, il progetto europeo Horizon2020 che sta sviluppando un processore per la produzione di idrogeno dal biogas. Idrogeno che, in un secondo passaggio, potrà essere utilizzato per generare energia elettrica mediante l’utilizzo di “fuel cells”, le celle a combustibile che convertono l’energia chimica di un combustibile in energia elettrica e calore senza bisogno di cicli termici.
Il progetto concerne il “reforming ossidativo” del biogas, che si articola in quattro fasi: il primo passaggio riguarda la produzione di gas di sintesi – idrogeno, monossido di carbonio, anidride carbonica, acqua - che avviene in un reattore costituito da materiali ceramici strutturati rivestiti con catalizzatori a basso contenuto di metalli nobili, facilmente riciclabili con resistenza migliorata a depositi carbonio particolato; il secondo passaggio è dedicato alla purificazione del flusso gassoso prodotto al fine di ottenere idrogeno puro; il terzo passaggio riguarda la generazione di calore utilizzando proprio questi composti secondari separati nella sezione di purificazione; infine, si utilizza questo calore per la generazione di vapore acqueo che va ad alimentare il reattore.
Il progetto apre un’importante prospettiva sul settore della produzione di energia: un processo per la trasformazione di biogas in idrogeno può supportare l’integrazione di fonti rinnovabili nel sistema di distribuzione dell’elettricità, promuovendo lo sviluppo di tecnologie sostenibili dedicate a un mercato decentralizzato, verso un’energia pulita, sicura e affidabile, in un ambiente economico competitivo. Un sistema che può contribuire quindi ad attenuare gli effetti del cambiamento climatico, riducendo le sostanze inquinanti e contrastando il problema dell'esaurimento delle riserve petrolifere.
“Questi due giorni confronto sono stati fondamentali per l’avanzamento del progetto che sta entrando nella fase di costruzione dell’impianto dimostratore: abbiamo valutato tutti i possibili rischi e trovato una eventuale soluzione, azioni importanti per limitare potenziali ritardi” dichiara Debora Fino, coordinatrice del progetto e docente del Dipartimento di Scienza Applicata e Tecnologia del Politecnico di Torino. (fonte: poliflash.polito.it)