Dato il principio di autonomia tra l'ordinamento previdenziale e quello dell'ordine professionale, il periodo di sospensione per ragioni disciplinari dall'esercizio della professione di ingegnere o architetto va riconosciuto ai fini del trattamento pensionistico dovuto da Inarcassa.
Lo ha precisato la Corte di cassazione nella sentenza n.10281/2018 del 27 aprile.
La Corte d'appello di Milano, in riforma della sentenza del Tribunale di Monza, ha condannato la Cassa nazionale di Previdenza e Assistenza per gli Ingegneri e Architetti Liberi Professionisti a riconoscere, ai fini del trattamento pensionistico di un professionista, anche il periodo dal 16.11.2000 al 17.5.2001 durante il quale il predetto era stato sospeso dall'esercizio della professione, e a pagare le relative differenze, oltre interessi dal dovuto al saldo.
La Corte territoriale ha ritenuto sussistenti, anche nel periodo di sospensione disciplinare, gli elementi che, secondo l'art. 7 dello Statuto Inarcassa, integrano il requisito dell'esercizio della professione con carattere di continuità, vale a dire l'iscrizione all'Albo, la mancata iscrizione a forme di previdenza obbligatoria in dipendenza di un rapporto di lavoro subordinato o comunque di altre attività esercitate e il possesso della partita Iva.
La Cassazione ha rigettato il ricorso di Inarcassa osservando, tra l'altro, che “dal punto di vista logico, il fatto che per alcuni mesi sia vietato lo svolgimento delle attività tipiche della professione di architetto non costituisce elemento atto, di per sé, a incidere sulla caratteristica della continuità della professione, sì da rendere l'esercizio della stessa solo occasionale o saltuario. Nella fattispecie in esame deve ritenersi realizzato, piuttosto, un intervallo o una parentesi, al pari di quanto accade in caso di astensione volontaria dall'attività o di impedimento di altra natura, ad esempio, per malattia, in cui l'esercizio dell'attività riprende il suo corso appena la causa ostativa viene meno”.
La suprema Corte evidenzia che “né la legge n. 6 del 1981, né lo Statuto Inarcassa e neanche il R.D. n. 2537 del 1925 collegano alla sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio della professione per la durata massima di sei mesi l'effetto di far venire meno la continuità, quale requisito sostanziale necessario ai fini dell'iscrizione alla Cassa, oppure uno degli indici sintomatici della stessa”.