In caso di truffa relativa al Superbonus, si può procedere al sequestro o alla confisca sia del prodotto – cioè del credito illecitamente creato – che del profitto del reato consistente nella cessione del credito stesso.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, Sezione II Penale, nella sentenza n. 37138 depositata il 12 settembre 2023.
Il caso in esame
Il Tribunale di Macerata, con ordinanza del 28 febbraio-8 marzo 2023, rigettava la richiesta di riesame proposta nell'interesse di M.M., MA.MA., M.S. e M.A. avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Macerata.
Avverso l'ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione i difensori degli indagati, premettendo quanto segue: il giudice per le indagini preliminari aveva disposto il sequestro perché i ricorrenti erano stati ritenuti responsabili di aver costituito un sodalizio criminale che, per il tramite di società riconducibili alla famiglia M., operanti nel settore dell'edilizia, nonché di esperti professionisti, certificava, ricorrendo a documentazione falsa, lavori di ristrutturazione aventi ad oggetto il miglioramento energetico e l'adeguamento antisismico eccedenti il reale valore di quelli effettivamente eseguiti, onde accedere ai benefici statali rientrati nell'agevolazione del superbonus.
L'ordinanza impugnata ha evidenziato che all'illecita operazione contestata all'indagato si ricolleghi, sotto un diverso profilo, sia il sequestro del credito di imposta generato illecitamente, quale profitto direttamente derivato dalla condotta di cui all'art. 316-ter c.p. e sottoposto a vincolo reale in via diretta e impeditiva, sia il sequestro preventivo per equivalente del successivo profitto che dalla cessione di tale credito è stato realizzato nel patrimonio dell'indagato e nelle società coinvolte.
Le osservazioni della Cassazione
Nella citata sentenza n. 37138/2023, la Cassazione osserva che “con il riconoscimento del credito di imposta, immediatamente monetizzabile, il reato è già consumato in quanto l'ente erogatore non è più nella possibilità di recuperare quanto erogato ed il soggetto beneficiario ha già avuto l'accrescimento del proprio patrimonio; quanto al merito della questione, la stessa è stata correttamente inquadrata dal Tribunale nelle pagine da 8 a 10 dell'ordinanza impugnata”.
Il Tribunale “ha spiegato perché si possa procedere al sequestro sia del prodotto (consistente nel credito illecitamente creato) che del profitto (consistente nella cessione dello stesso) del reato a pag.10 dell'ordinanza impugnata; si deve poi osservare che la commercializzazione del credito ottenuto illecitamente può sicuramente essere oggetto di sequestro”.
A tale proposito, la suprema Corte ricorda che “già dal 1996 le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato su un piano generale che "in tema di confisca, il prodotto del reato rappresenta il risultato, cioè il frutto che il colpevole ottiene direttamente dalla sua attività illecita; il profitto, a sua volta, è costituito dal lucro, e cioè dal vantaggio economico che si ricava per effetto della commissione del reato; il prezzo, infine, rappresenta il compenso dato o promesso per indurre, istigare o determinare un altro soggetto a commettere il reato e costituisce, quindi, un fattore che incide esclusivamente sui motivi che hanno spinto l'interessato a commettere il reato".
Differenza tra prodotto, profitto e prezzo
“Volendo, quindi, schematizzare: il prodotto è il risultato dell'azione criminosa, ovvero la cosa materiale creata, trasformata o acquisita mediante l'attività delittuosa, che con quest'ultima abbia un legame diretto e immediato; si tratta del frutto diretto ed immediato dell'attività criminosa, ossia del risultato ottenuto direttamente con l'attività illecita.
Il profitto comporta invece un accrescimento del patrimonio dell'autore del reato ottenuto attraverso l'acquisizione la creazione o la trasformazione di cose suscettibili di valutazione economica, corrispondente all'intero valore delle cose ottenute attraverso la condotta criminosa.
Prezzo, infine, è il compenso dato o promesso per indurre istigare o determinare un altro soggetto a commettere il reato, quale fattore che incide esclusivamente sui motivi che hanno spinto l'interessato a commettere il reato”.
“Da quanto si è detto”, conclude la Cassazione, “è del tutto evidente che si può procedere al sequestro o alla confisca sia del prodotto che del profitto del reato, dovendo identificarsi, nel caso in esame, il prodotto nel credito illecitamente creato ed il profitto nella cessione dello stesso”.