Anno nuovo, il 2022, e semestre di Presidenza dell’Unione Europea nuovo. Dopo il turno dell’Italia, tocca ora alla Francia di Emmanuel Macron.
Un passaggio di testimone (oppure patata bollente) in un momento certamente non facile e con tanta carne al fuoco. Sul tavolo della Ue ci sono senza dubbio le questioni urgenti, come l’impennata di contagi dovuta alla variante Omicron (che fa rima con Macron), ma anche l’aumento dei prezzi del gas naturale, non si sa quanto dovuto alle questioni geopolitiche che vedono protagoniste Russia, Ucraina, Bielorussia, e quindi alle pressioni migratorie, piuttosto che al processo di transizione ecologica. L’Ue finirà con fare con la Russia e Paesi limitrofi quello che sta facendo con la Turchia, ovvero pagare per tenere fuori dai propri confini i migranti?
Poi c’è la questione del Patto di Stabilità. La sospensione, avvenuta subito dopo lo scoppio della pandemia, ha permesso di stanziare le famose risorse del Recovery Fund europeo, e quindi allo sviluppo dei vari Pnrr nazionali, tra cui quello italiano che ha di fatto portato alla guida del Paese Mario Draghi.
Ora però è venuto il momento di riformare quel patto, di ridiscuterlo, perché altrimenti è un liberi tutti. Certamente Emmanuel Macron sentirà la pressione addosso, anche alla luce di quanto è emerso dall’accordo sulla tassonomia verde, dove sempre a livello europeo si è deciso di includere energia nucleare (dove la Francia è molto interessata) e gas naturale (dove la Russia è molto interessata) nella classificazione di investimenti sostenibili e quindi finanziabili con risorse pubbliche.
Certo, come ha ricordato Hannes Koch, sulle pagine del Die Tageszeitung, la Commissione Ue può ribattere che la tassonomia non è un programma vincolante, ma solo una bussola per gli investitori, e che gli stati, le aziende e i fondi d’investimento sono liberi di seguirla o meno. Però intanto è innegabile che questo sia a tutti gli effetti un segnale che si dà al mercato.
E non a caso non sono mancate le prime prese di posizione di associazioni ambientaliste e personalità del mondo della politica, della cultura, dell’associazionismo che hanno scritto una lettera al Presidente del Consiglio Draghi per una diversa “transizione ecologica”. Tra questi l’attore Moni Ovadia, l’ex ministro Edo Ronchi, il sociologo Guido Viale, padre Alex Zanotelli.
Chiariamo subito che, un conto è affermare che per realizzare gli obiettivi climatici c’è bisogno di un periodo di transizione, altro è spacciare nucleare e gas per quello che non sono, cioè energie “verdi”, afferma Oreste Magni, attivista dell’Ecoistituto della Valle del Ticino.
Siamo di fronte a un tentativo, prosegue, di inserire nucleare e gas nei finanziamenti pubblici per permettere ai paesi che hanno centrali nucleari di utilizzare i fondi europei per alleggerire i costi proibitivi di tali fonti, e ad altri di fingere di non sapere che il metano, anche se produce meno CO2 del carbone, è inquinante anche per la dispersione derivante da estrazione e lavorazione.
E conclude: ma la speculazione si batte solo se nel tempo più rapido possibile viene realizzato un piano di investimenti nelle fonti rinnovabili, in coerenza con gli obiettivi europei per il 2030. L’Italia ha l’obiettivo di 70 Giga Watt di fonti alternative al 2030, ma al ritmo attuale, senza un deciso sostegno, temiamo non verrà raggiunto.
Franco Metta