“L’uso di specie vegetali autoctone in città permetterebbe di ridurre i costi di gestione, di valorizzare al meglio il paesaggio urbano e di ridare identità ai luoghi. In sintesi, di creare valore. Ma tutto ciò richiede una progettazione adeguata - sottolinea Patrizia Menegoni, ricercatrice dell’ENEA - a partire dalla scelta di utilizzare le specie della nostra flora, perché resistono meglio ai diversi climi del nostro Paese e si integrarsi con l’ambiente circostante”.
Su queste basi ENEA ha lanciato il progetto Anthosart - finanziato dal MIUR - in collaborazione con la Società Botanica Italiana e il Forum Plinianum. L’obiettivo principale è quello di collegare e di trasferire l’expertise scientifica di orti botanici e banche del germoplasma – vere e proprie casseforti che custodiscono il nostro patrimonio vegetale – al settore florovivaistico (moltiplicatori, vivaisti, garden center, progettisti) per la progettazione e la gestione a basso impatto ambientale del verde urbano e per la creazione di green innovative e sostenibili.
In Italia il florovivaismo è un comparto di rilievo che rappresenta il 5% della produzione agricola totale. In Europa è ai primi posti della classifica per superficie coltivata a piante e fiori, nonostante la concorrenza di Paesi come Danimarca e Olanda. “Ma serve più ricerca per innovare prodotti e processi e per rivedere scelte che ormai valutiamo come inopportune – sottolinea Patrizia Menegoni coordinatrice del progetto Anthosart per ENEA – Il nostro obiettivo è di contribuire in modo significativo alla sostenibilità economica e ambientale delle produzioni florovivaistiche, alla salvaguardia e alla valorizzazione del patrimonio genetico autoctono e alla promozione lungo tutta la filiera di specie idonee ai vari luoghi di impianto”.