Segnaliamo due recenti pronunce della Cassazione – una sentenza e una ordinanza – in materia di consulenti tecnici d'ufficio (CTU).
Nella sentenza n. 4439 pubblicata il 20 febbraio 2020, la seconda sezione civile della Corte di cassazione ha giudicato infondata una doglianza con la quale si lamentava violazione degli artt. 16, 17, 18 del r.d. 11 febbraio 1929, n. 274 nonché omessa valutazione di un punto decisivo della controversia, rilevando che solo ingegneri e architetti hanno la competenza a valutare opere che incidono sulla statica degli edifici, con la conseguenza che il parere espresso dal semplice geometra non potrebbe essere posto a fondamento di alcuna decisione. Secondo la ricorrente la Corte d'appello e, prima ancora, il Tribunale ben avrebbero potuto disporre una consulenza tecnica d'ufficio.
La Cassazione, respingendo la doglianza, ha ricordato che “Secondo il costante orientamento di questa Corte, dal quale non vi è motivo di discostarsi, le norme relative alla scelta del consulente tecnico d'ufficio hanno natura e finalità esclusivamente direttive, essendo la scelta riservata, anche per quanto riguarda la categoria professionale di appartenenza del consulente e la competenza del medesimo a svolgere le indagini richieste, all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito. Ne consegue che la decisione di affidare l'incarico ad un professionista (nella specie, geometra) iscritto ad un albo diverso da quello pertinente alla materia al quale si riferisce la consulenza (nella specie, ingegneri), ovvero non iscritto in alcun albo professionale, non è censurabile in sede di legittimità e non richiede specifica motivazione (Cass. 12 marzo 2010, n. 6050; per la riaffermazione del principio generale, v., di recente, Cass. 28 settembre 2015, n. 19173).
Alla luce di tali rilievi, la doglianza che investe la mancata nomina di un diverso consulente tecnico è priva di qualunque fondamento”.
Con l'ordinanza n.3464 pubblicata il 12 febbraio 2020, la seconda sezione civile della Corte di cassazione ha ribadito il principio secondo cui "In tema di liquidazione del compenso al consulente tecnico d'ufficio, in caso di perizia depositata dopo la scadenza del termine concesso dal giudice, è legittima, ove non sia possibile l'individuazione della parte di incarico svolta tempestivamente, la riduzione di un terzo dell'onorario ai sensi dell'art.52, ultima parte, del D.P.R. n.115 del 2002, dovendosi ritenere che l'esclusione del compenso per "il periodo successivo alla scadenza del termine", prevista dalla suddetta norma, osti al riconoscimento di vacazioni computabili oltre il numero massimo calcolabile per i giorni compresi nel termine fissato, ma non consenta di acquisire la prestazione senza remunerazione, determinandosi, diversamente, una sanzione diversa per due situazioni identiche, quali la riduzione di solo un terzo per gli onorari a tariffa variabile e la cancellazione del compenso per gli onorari a tempo di prestazioni comunque validamente effettuate dopo la scadenza, che abbiano portato non alla revoca dell'incarico ma all'acquisizione della relazione" (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n.18331 del 18/09/2015, Rv. 636792; Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n.22158 del 12/09/2018, Rv.650943).
“Ne deriva”, conclude la Corte di cassazione, “che la riduzione di 1/3 opera soltanto nell'ipotesi di onorario determinato secondo tariffa, mentre sia nel caso di quantificazione a tempo che in ipotesi di calcolo a vacazione può soltanto operarsi lo scomputo delle prestazioni eseguite successivamente alla scadenza, laddove il consulente tecnico abbia depositato la propria relazione peritale senza rispettare il termine stabilito dal giudice”.
In allegato la sentenza e l'ordinanza