“Variante illegittima, gravi e ingiustificabili ritardi nei lavori, violazioni della normativa anche nell’estromissione del socio esecutore”. Così l’Autorità Nazionale Anticorruzione è intervenuta su un’opera incompiuta, la riqualificazione degli Ex Mercati generali di una grande metropoli italiana. Dall’istruttoria compiuta da Anac è emersa l’illegittimità della seconda variante adottata, gravi e ingiustificabili ritardi nei lavori, violazioni della normativa anche nell’estromissione del socio esecutore. La Concessione, infatti, fu sottoscritta dal Comune di R. nel novembre 2006 con obbligo di concludere i lavori entro dicembre 2015. Ad oggi risulta realizzato solo il 25,7% dell’opera. Al completamento del 30% dei lavori scattava un canone annuo al Comune di 165.000 euro, mai versati.
Il corso dell’opera incompiuta parte dal 2003, quando il Comune in questione pubblica la documentazione di gara per la concessione. Il 14 novembre 2006 è stata sottoscritta la concessione affidata ad un raggruppamento temporaneo di imprese. Successivamente, è stata costituita una società di progetto, subentrata al Raggruppamento aggiudicatario. Il valore complessivo delle opere da realizzare, originariamente, era pari a 142 milioni e mezzo di euro, più Iva.
Data la perdurante gravità della situazione e i ritardi nella consegna dei lavori, il 17 gennaio 2022 Anac ha avviato un procedimento di vigilanza, con richiesta di documentazione alle parti.
Le criticità emerse dall'istruttoria
Dall’inchiesta è emerso:
1) Il grave ritardo nella esecuzione dell’opera, da completare entro dicembre 2015, invece, ad oggi, realizzata solo nella misura del 25,7%.
Tali ritardi non appaiono giustificabili con la situazione pandemica o con le complessità burocratiche connesse alla seconda variante, in gran parte successive ai tempi di esecuzione previsti.
2) La perdita dei requisiti speciali (SOA) e la sostanziale estromissione del socio operativo, in violazione dell’articolo 20 della convenzione e dell’obbligo di continuità nel possesso dei requisiti di qualificazione dell’esecutore.
3) L’adozione di una serie di atti contrattuali (il preliminare di cessione di quote sociali e il contratto di subconcessione) volti a modificare la composizione della società di progetto, di fatto, trasferendo a terzi la società di progetto e le fasi di progettazione e realizzazione dell’opera, in violazione della legge 109/94, del decreto legislativo N. 163/2006, nonché degli articoli 8 e 20 della convezione.
Tali atti non hanno comunque mai prodotto effetti giuridici, avendo dato luogo ad un contenzioso tra le parti private – con presunti reciproci inadempimenti – provocando ulteriori ritardi.
4) La illegittimità della seconda variante, che non risponde a nessuna esigenza del concedente e che non è stata ricondotta a nessuna delle tassative ipotesi previste dalla normativa di riferimento. La variante, infine, seppur approvata dall’amministrazione concedente nel marzo 2017, ad oggi, non è stata contrattualizzata e ha dato luogo ad una serie di contenziosi, anche di natura penale.
La variante è stata richiesta dal concessionario (in data 18.9.2013), cioè il Raggruppamento di imprese, al fine di adeguare l’opera alle mutate esigenze del mercato mutate, per garantire il recupero dell’investimento e ha comportato l’ampliamento delle aree date in concessione, rispetto a quelle destinate ad uso pubblico: in particolare l’ampliamento delle aree commerciali e di parcheggi, nonché l’introduzione di aree turistico ricettive. Ciò ha elevato il valore del contratto di oltre il 60%, rispetto a quello iniziale: l’importo della concessione, infatti, in seguito alla seconda variante, sarebbe elevato a 233.114.687 euro, rispetto all’originario importo di 142.543.230 euro.
La concessione e l'interesse pubblico dell'opera
In un contratto di concessione di opere pubbliche, il rischio del recupero dell’investimento è valutato in sede di offerta ed è assunto dal concessionario sulla scorta delle condizioni (es.: opera, mercato, modalità di gestione) poste a base di gara. Pertanto, il mutamento delle condizioni di mercato, soprattutto tenuto conto della durata mediamente lunga di una concessione, è elemento fisiologico del rapporto che non giustifica ex se una modifica della concessione. Nel caso di specie, dunque, le parti non hanno indicato la fattispecie di riferimento, tra quelle previste dalla norma, giustificante l’adozione della variante, né tale fattispecie è emersa dagli atti esaminati. Al riguardo, va ricordato che la richiesta di variante è stata formulata dal concessionario nel 2013, quando i lavori avevano subito già un gravissimo ritardo (come detto, i lavori dovevano completarsi nel dicembre 2015): di talché le mutate esigenze del mercato appaiono comunque in larga parte imputabili ai ritardi accumulati dal concessionario.
Quanto all’interesse pubblico (che deve giustificare l’adozione di una variante), Anac osserva che non va confuso l’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera (rimasta immutato nel tempo) con l’interesse pubblico alla realizzazione e al godimento di una opera diversa, rispetto a quella originariamente posta a base di gara: solo quest’ultima eventualmente giustificherebbe l’adozione di una variante.
Le conclusioni
Le motivazioni a base della variante appaiono plasticamente tese a soddisfare esigenze del concessionario, consistenti nel recupero dell’investimento mediante la successiva gestione dell’opera. Tuttavia, tali mutate esigenze si riferiscono ad una diversa valutazione delle condizioni di mercato, che avrebbero consentito al concessionario il recupero dell’investimento (che è rischio assunto dal concessionario).
Pertanto risulta inammissibile e illegittima una variante che modifichi in modo sostanziale l’opera originaria, dovendo in tal caso procedersi ad un nuovo affidamento.
Secondo il Comune di R. non ci sarebbero i presupposti dell’autotutela annullatoria o revocatoria (non sussistendo una diversa valutazione dell’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera). Pertanto, per l’Amministrazione comunale, l’eventuale risoluzione contrattuale darebbe luogo a un contenzioso rilevante.
I lavori sono infatti fermi da oltre cinque anni, dal 2016, e ciò – scrive Anac - sembra solo compromettere il primario interesse pubblico alla realizzazione dell’opera.
Nemmeno la progettazione esecutiva della seconda variante (approvata con determina dirigenziale) è stata poi contrattualizzata, rendendo ciò oggettivamente grave e ingiustificabile da parte del Comune di R.
Per questo Anac, con la delibera n. 431 del 14 settembre 2022 approvata dal Consiglio lo scorso 14 settembre, ha chiesto al Comune di Roma di comunicare all’Autorità cosa intende fare al riguardo entro 45 giorni dalla comunicazione della delibera, ufficializzata lo scorso 22 settembre 2022.